Recensione “L’animologo” by Antonia De Francesco
Trama:
Alle volte si brancola nel buio alla ricerca di un
interruttore, altre si annega in punti di non ritorno. Può capitare
a chiunque. Sono quei momenti in cui si ha la netta sensazione di non
avere più un ruolo nella propria storia, pensando che la trama sia
stata sovvertita da una mano che impugna un calamaio esclusivamente
nostro. Quei momenti in cui pensi: non doveva andare così! È
ciò che accade a Giorgio che, in una tempesta di domande senza
alcuna risposta, davanti a un attimo spezzato, un cordone ombelicale
reciso, in preda alla paura sente il desiderio di uscire fuori, per
sempre, dalle righe del suo quaderno e ci prova. Il punto è
che nessuno può cancellarsi o essere cancellato lasciando dei
puntini sospensivi. Non è giusto. Per fortuna, nonostante l’essere
diventati i più criptici dei messaggi, la vita è disseminata di
persone che possono e scelgono di decifrarci: gli animologi. Si fanno
avanti da uno dei tanti punti del foglio e cominciano, pian piano, a
guidare la mano in un esercito di punteggiatura e diluvi di parole,
permettendoci di guarire.
Accanto a Giorgio arriva Levante: gli fa dono, nel silenzio, delle sue parole imbustate, vecchie di anni bellici, intrise di lacrime, speranza, ma costantemente d’amore. Il divario generazionale è però intangibile, vicini come sono empaticamente nello sterile spazio di una bianca corsia, in cui viaggia un ritorno a casa dall’essenziale, come insegnano quei casi di miseria in cui a colmare i morsi della fame ci pensa un semplice pugno d’erba bollita. Una sorta di pozione magica che andrebbe data in pasto a chiunque smarrisca il senso di sé e della propria vita. Giorgio, curato dalle lettere di Levante, lo comprende e non ferma il potere salvifico di quelle parole, diventando a sua volta un animologo.
Romanzo forte e intenso, melanconicamente sorprendente.
Accanto a Giorgio arriva Levante: gli fa dono, nel silenzio, delle sue parole imbustate, vecchie di anni bellici, intrise di lacrime, speranza, ma costantemente d’amore. Il divario generazionale è però intangibile, vicini come sono empaticamente nello sterile spazio di una bianca corsia, in cui viaggia un ritorno a casa dall’essenziale, come insegnano quei casi di miseria in cui a colmare i morsi della fame ci pensa un semplice pugno d’erba bollita. Una sorta di pozione magica che andrebbe data in pasto a chiunque smarrisca il senso di sé e della propria vita. Giorgio, curato dalle lettere di Levante, lo comprende e non ferma il potere salvifico di quelle parole, diventando a sua volta un animologo.
Romanzo forte e intenso, melanconicamente sorprendente.
“Se
leggerai, scoprirai cosa mi è realmente accaduto.
Capirai
grazie a chi sono qui, accanto a te, con te, per te,
ma
soprattutto in me. Se leggerai capirai il mutismo col
primo medico, le mani addosso al secondo, e la discussione
col
terzo. Vuoi tu prendermi come figlio?” chiese Giorgio
beffeggiando
la frase della celebrazione nuziale. “Sì”
rispose
il padre […]
Care lettrici e cari lettori,
oggi vorrei sottoporre alla vostra gentile attenzione, “L’animologo”,
scritto da Antonia De Francesco ed editato da Giovane Holden. Un
romanzo che mi è entrato sotto pelle, che mi ha fatto riflettere, mi
ha commosso ed emozionato tantissimo.
Ci sono momenti, nella vita di tutti, credo, in cui la sofferenza per
un avvenimento, qualsiasi esso sia, ci offusca completamente i sensi,
ci toglie il fiato, ci immobilizza e noi ci sentiamo come se stessimo
in trappola, incapaci di qualsiasi azione, con la mente annebbiata e
senza alcun futuro davanti.
È così che si sente Giorgio, il giovane protagonista di questo
romanzo che ha perso la mamma e la lacerazione e il dolore della
perdita sono tali da pensare di non riuscire a sopravvivere senza le
sue cure, i suoi consigli. Si sente solo Giorgio, con lui, ogni
giorno ci sono solamente il suo dolore e la sua immobilità.
Ognuno
di noi dovrebbe essere il primo medico per se
stesso.
Psiche, non significa mente, psiche è anima e non
c’è
una persona che curi l’anima? Sì, d’accordo ci sono i
preti,
ma ci vorrebbe un medico laico, un animologo…
come
Levante.
Proprio quando tutto sembra perduto, accanto a Giorgio, arriva
Levante, e attraverso il suo silenzio e soprattutto le lettere,
Giorgio inizierà un percorso di elaborazione del lutto, di
rinascita, di ricostruzione di se stesso e soprattutto di ritorno
alla vita.
Attraverso quel percorso epistolare che Levante scambia con la sua
famiglia durante il periodo della guerra, Giorgio trova il canale
per uscire da quella immobilità, per ricominciare a respirare e
ritornare a vivere.
Non
voglio vivere come ho fatto finora. Non sono pazzo.
No.
No. Per nulla. Sono certo di fare l’unica cosa sensata.
Perché
sto riprendendo il comando, sto risentendo
vivo
il mio corpo.
Ci
sono. Soffro, sorrido e ci sono. Sono vivo. Tiro,
tiro.
Nel buio dei miei occhi ci sono mille nastri colorati.
Aleggiano,
si muovono. Ondeggiano nelle mie palpebre.
“Bastaaaaaa!”
Giorgio copia via, via ogni lettera regalatagli da Levante su un
quaderno, commentandola, aggiungendo le sue sensazioni e i suoi stati
d’animo. Mettendo su carta la sua sofferenza e suoi pensieri, si
costruisce un varco verso la salvezza.
Noi, dunque, siamo muti testimoni in questo scambio intimo che
avviene una notte tra Giorgio e suo padre, che decide di acconsentire
a leggere il manoscritto del figlio per capire cosa effettivamente
abbia passato e provato in tutto questo tempo.
La lettura del manoscritto, diventa la chiave della ricostruzione del
rapporto padre-figlio che finalmente si mettono a nudo l’uno
davanti all’altro, abbattendo i muri dell’incomunicabilità e
trovando una nuova strada per provare a ricominciare a vivere
insieme.
Un romanzo che ha toccato le corde più sensibili del mio cuore. Mi
sono emozionata tantissimo e a volte mi sono sentita quasi “di
troppo” leggendo confessioni e ricordi così profondi e intimi.
senz’altro uno dei romanzi più belli letti finora. Con un pizzico
di commozione, non posso che dare a quest’opera cinque specchi.
Vi auguro buona lettura,
a presto
Mil Palabras
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