Recensione "Un'anima che vibra" by Loredana Frescura e Marco Tomatis
Un'anima che vibra, romanzo a quattro mani di Loredana Frescura e Marco Tomatis, è uno di quei libri che non solo catturano il lettore e lo immergono nel proprio cima, ma ha ricevuto davvero tante recensioni positive. Ecco perché mi spiace essere la tipica voce fuori dal coro.
No, non che il romanzo sia brutto o da non leggere, per carità: semplicemente mi ha lasciato con (più di) un grosso ma.
Domenica, detta Mimì, diciassette anni, vive con la mamma Caterina e la zia Diletta a Roma. Da un giorno all'altro la sua famiglia si trasferisce in un piccolo paese, Piandiperi, dove la fabbrica presso cui Caterina lavora come operaia ha aperto un nuovo stabilimento. Per Mimì si tratta di un cataclisma che stravolge la sua esistenza tranquilla e rassicurante. Ma proprio in quel paese "sbagliato dalla A alla Z", dove a dispetto del nome non c'è l'ombra di un pero e un ragazzo dalla pelle d'ambra può chiamarsi Gaetano e sfrecciare a bordo di un carretto, Mimì, che si sente "sbagliata dall'uno all'infinito", finirà per trovare se stessa. Soprattutto guarderà con occhi nuovi sua madre e scoprirà che non è affatto la donna rinunciataria e fredda che ha sempre creduto, Dietro un'apparenza remissiva e dismessa, Caterina nasconde una forza e una vitalità che Mimì non avrebbe mai immaginato e che sono quanto di più importante una figlia possa imparare dalla madre.
La prima cosa che mi ha lasciata perplessa è stata la copertina. E il modo di porsi del libro. E il suo stile di scrittura molto ragionato, emotivo, fatto di sensazioni e metafore; non così immediato ma su cui soffermarsi un po'. Non che uno di questi aspetti fosse errato o altro, anzi, singolarmente vanno più che bene. È il loro accostamento che mi lascia un po' perplessa e che mi confonde un po'. È come se il romanzo desse un'immagine di sé, per poi rivelarsi altro. Mi sono più volte trovata a chiedermi, sotto sotto, a chi si stesse effettivamente rivolgendo. Mi è sembrato, e non solo su questo, un po' ambiguo. Il che è stato accentuato anche dai suoi contenuti.
Che Un'anima che vibra voglia parlare di crescita è evidente. La protagonista, Domenica, è un'adolescente che in pochissimo tempo (quasi un po' troppo accelerato, in alcuni punti) cresce, inizia a conoscere la vita, si innamora, scopre una nuova se stessa, riscopre sua madre e un intero nuovo mondo... Ma non è solo questo.
In sole 238 pagine, il romanzo si ripropone di parlare di tantissimi altri temi: la famiglia, l'abbandono, le responsabilità, le scelte, il perdono, la violenza, la guerra, la giustizia, l'immigrazione, la morte, l'amore, le rinunce e le conquiste della vita, il cambiamento, la prepotenza, le relazioni, la città, la campagna, la sessualità, eccetera eccetera. È sicuramente bello l'intento di far ragionare su tante tematiche (molte delle quali delicate e complicate); ma a volte si ha la sensazione che sia un po' troppo, che il calderone sia eccessivamente affollato, e che per non far accavallare il tutto e non appesantire troppo si debba dedicare un po' meno spazio e tempo ai vari ingredienti.
Il risultato finale è ben equilibrato, bisogna dirlo, eppure spesso si ha la sensazione di restare un po' a bocca asciutta, di arrivare vicino al punto focale, all'approfondimento completo, ma di non raggiungerlo mai propriamente. E questo mi lascia ancora un po' il senso di ambiguità: mi fa chiedere cosa voglia realmente comunicare il romanzo, e semplicemente non so se sia meglio parlare di meno cose ma dedicando loro più tempo e spazio, o se la scelta vincente sia spingere a ragionare su più temi possibili, lasciando tante altre porte aperte.
Personalmente, però, ho avuto come la sensazione che su alcune cose si corresse troppo (come la stora d'amore, ad esempio, che acquista un'importanza così grande in sole poche settimane), e ancora non sono realmente sicura della necessità di alcune scelte di trama (come la bomba finale, che spezza sicuramente il cuore del lettore, ma davvero era necessaria?). Altro aspetto che mi lascia perplessa, oltre ad alcuni comportamenti della protagonista (che su molte cose non rientra decisamente tra le mie simpatie), è il modo di rivolgersi ai giovani di questo libro. Non so ben descriverlo, ma mi lascia con un grande ma... Sarà perché non rientro quasi più in questa fascia di pubblico?
Invece ho trovato molto bello il modo di trattare il rapporto madre-figlia, il modo in cui non solo Domenica si riavvicina pian piano alla sua mamma, ma il fatto che impari, altrettanto lentamente, a conoscerla, a cercare di capirla, a rivalutarla. È proprio vero: arriva per tutti il momento in cui realizziamo che nostra madre non è solo la nostra mamma, ma una persona vera e propria, con la propria personalità, difficoltà, gioie, dolori... con una vita solo sua e fatta di mille sfaccettature. E mi piace che si sia deciso di parlarne.
Un'anima che vibra è un libro che mi ha lasciato molto perplessa e con tante domande. Ma è quel tipo di dubbio che porta a crescere, a cambiare un po' anche il proprio modo di guardare: quell'interrogarsi costruttivo. E anche se non rientra tra i miei romanzi preferiti in assoluto o tra quelli in cui ho lasciato il cuore, non posso dire che non mi abbia dato qualcosa. Forse è solo una sfida: la sfida del scontrarsi con qualcosa di nuovo e diverso, e del lasciarsi cambiare. E forse la partita non è ancora finita e sono ancora in gioco. Forse lo sarò ancora per un bel po'; ma il punto è: siete disposti anche voi ad accettare la sfida?
Buona lettura!
No, non che il romanzo sia brutto o da non leggere, per carità: semplicemente mi ha lasciato con (più di) un grosso ma.
Domenica, detta Mimì, diciassette anni, vive con la mamma Caterina e la zia Diletta a Roma. Da un giorno all'altro la sua famiglia si trasferisce in un piccolo paese, Piandiperi, dove la fabbrica presso cui Caterina lavora come operaia ha aperto un nuovo stabilimento. Per Mimì si tratta di un cataclisma che stravolge la sua esistenza tranquilla e rassicurante. Ma proprio in quel paese "sbagliato dalla A alla Z", dove a dispetto del nome non c'è l'ombra di un pero e un ragazzo dalla pelle d'ambra può chiamarsi Gaetano e sfrecciare a bordo di un carretto, Mimì, che si sente "sbagliata dall'uno all'infinito", finirà per trovare se stessa. Soprattutto guarderà con occhi nuovi sua madre e scoprirà che non è affatto la donna rinunciataria e fredda che ha sempre creduto, Dietro un'apparenza remissiva e dismessa, Caterina nasconde una forza e una vitalità che Mimì non avrebbe mai immaginato e che sono quanto di più importante una figlia possa imparare dalla madre.
La prima cosa che mi ha lasciata perplessa è stata la copertina. E il modo di porsi del libro. E il suo stile di scrittura molto ragionato, emotivo, fatto di sensazioni e metafore; non così immediato ma su cui soffermarsi un po'. Non che uno di questi aspetti fosse errato o altro, anzi, singolarmente vanno più che bene. È il loro accostamento che mi lascia un po' perplessa e che mi confonde un po'. È come se il romanzo desse un'immagine di sé, per poi rivelarsi altro. Mi sono più volte trovata a chiedermi, sotto sotto, a chi si stesse effettivamente rivolgendo. Mi è sembrato, e non solo su questo, un po' ambiguo. Il che è stato accentuato anche dai suoi contenuti.
Che Un'anima che vibra voglia parlare di crescita è evidente. La protagonista, Domenica, è un'adolescente che in pochissimo tempo (quasi un po' troppo accelerato, in alcuni punti) cresce, inizia a conoscere la vita, si innamora, scopre una nuova se stessa, riscopre sua madre e un intero nuovo mondo... Ma non è solo questo.
In sole 238 pagine, il romanzo si ripropone di parlare di tantissimi altri temi: la famiglia, l'abbandono, le responsabilità, le scelte, il perdono, la violenza, la guerra, la giustizia, l'immigrazione, la morte, l'amore, le rinunce e le conquiste della vita, il cambiamento, la prepotenza, le relazioni, la città, la campagna, la sessualità, eccetera eccetera. È sicuramente bello l'intento di far ragionare su tante tematiche (molte delle quali delicate e complicate); ma a volte si ha la sensazione che sia un po' troppo, che il calderone sia eccessivamente affollato, e che per non far accavallare il tutto e non appesantire troppo si debba dedicare un po' meno spazio e tempo ai vari ingredienti.
Il risultato finale è ben equilibrato, bisogna dirlo, eppure spesso si ha la sensazione di restare un po' a bocca asciutta, di arrivare vicino al punto focale, all'approfondimento completo, ma di non raggiungerlo mai propriamente. E questo mi lascia ancora un po' il senso di ambiguità: mi fa chiedere cosa voglia realmente comunicare il romanzo, e semplicemente non so se sia meglio parlare di meno cose ma dedicando loro più tempo e spazio, o se la scelta vincente sia spingere a ragionare su più temi possibili, lasciando tante altre porte aperte.
Personalmente, però, ho avuto come la sensazione che su alcune cose si corresse troppo (come la stora d'amore, ad esempio, che acquista un'importanza così grande in sole poche settimane), e ancora non sono realmente sicura della necessità di alcune scelte di trama (come la bomba finale, che spezza sicuramente il cuore del lettore, ma davvero era necessaria?). Altro aspetto che mi lascia perplessa, oltre ad alcuni comportamenti della protagonista (che su molte cose non rientra decisamente tra le mie simpatie), è il modo di rivolgersi ai giovani di questo libro. Non so ben descriverlo, ma mi lascia con un grande ma... Sarà perché non rientro quasi più in questa fascia di pubblico?
Invece ho trovato molto bello il modo di trattare il rapporto madre-figlia, il modo in cui non solo Domenica si riavvicina pian piano alla sua mamma, ma il fatto che impari, altrettanto lentamente, a conoscerla, a cercare di capirla, a rivalutarla. È proprio vero: arriva per tutti il momento in cui realizziamo che nostra madre non è solo la nostra mamma, ma una persona vera e propria, con la propria personalità, difficoltà, gioie, dolori... con una vita solo sua e fatta di mille sfaccettature. E mi piace che si sia deciso di parlarne.
Un'anima che vibra è un libro che mi ha lasciato molto perplessa e con tante domande. Ma è quel tipo di dubbio che porta a crescere, a cambiare un po' anche il proprio modo di guardare: quell'interrogarsi costruttivo. E anche se non rientra tra i miei romanzi preferiti in assoluto o tra quelli in cui ho lasciato il cuore, non posso dire che non mi abbia dato qualcosa. Forse è solo una sfida: la sfida del scontrarsi con qualcosa di nuovo e diverso, e del lasciarsi cambiare. E forse la partita non è ancora finita e sono ancora in gioco. Forse lo sarò ancora per un bel po'; ma il punto è: siete disposti anche voi ad accettare la sfida?
Buona lettura!
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