Recensione: “Love and gravity” by Samantha Sotto
Io adoro i
libri sui viaggi nel tempo e ne cerco sempre di nuovi, ma diciamocelo come
genere è abbastanza difficile da scrivere. Ci riescono in pochi, ma grazie ad
Outlander è ritornato un poco in voga.
Quindi, mi
trovavo alla disperata ricerca di qualche libro che andasse a genio con i miei
gusti: romantico, un pizzico di fantasy, storico e che mi facesse sognare ad
occhi aperti, ma non piangere… esigente, lo so.
Ed eccomi
quindi a leggere “Love and Gravity”, o meglio ad averlo finito dopo neppure un
giorno, uscendone disperata, dato che l’ultimo requisito – la mancanza di lacrime
– non è stato affatto soddisfatto.
Andrea, all’inizio,
ha solo sette anni e una ragazza prodigio, sa suonare in modo incredibile tanto
da avere già una borsa di studio per la Juliard. Un giorno però, mentre si sta
esercitando in camera sua, la parete di questa inizia a brillare, mostrandole
un ragazzo.
PAZZA. È un
aspetto che non molti libri di tale genere riportano, ma questo sì. Andrea
dapprima, essendo ancora piccola, verrà supportata. Un migliore amico immaginario
non è qualcosa di malvagio a quell’età, ma queste strane “visioni”, sempre
accompagnate dalla musica, la porteranno a lasciare il suo amato strumento –
immaginatevi di starvi esibendo dinanzi due mila persone. Ansia? Non poca,
aggiungetevi il vostro leggio che par prendere vita e vi riporta un ragazzo, in
una stanza che pare uscita dal ‘600… un po’ si esce di testa.
Alla nostra
Andrea ne succedono di cose tristi, ve lo dico subito. L’allontanamento dalla
musica, il divorzio dei suoi e il matrimonio del padre, la nuova matrigna etc.,
etc. Vi spoilererei tutto il libro in tal modo, dato che alla fine, come già detto,
sono finita in lacrime, ma vediamone la principale causa.
Andrea nella
sua vita di tutti i giorni ha un migliore amico, Nate. Il bel ragazzo, amico d’’infanzia,
con in comune la passione per la musica e che prova dei forti sentimenti per la
nostra protagonista. Perfetto, non trovate? Assolutamente no, in realtà. La
madre di Nate era, infatti, schizofrenica, quindi meglio non parlare con lui di
persone che escono da un muro…
Nate mi è piaciuto
sin dall’inizio, in realtà. È una presenza costante nella vita di Andrea e non
nasconde quello che prova per lei, ma il suo concorrente è il perché mi sono
ritrovata con questo romanzo in mano, quindi al diavolo Nate.
Benvenuto
Isaac. Ora facciamo qualche calcolo: “Isaac” + “’600” + dal titolo “gravity”.
Stiamo parlando proprio di lui, Isaac Newton.
Uomo che in
teoria non ha mai provato sentimenti simili all’amore, almeno così si dice, ma
che in questo romanzo non potrebbe essere più innamorato. E questo ci piace
moltissimo. Il problema è che per certi versi “Outlander” ci ha abituati bene.
In questo romanzo non abbiamo per la maggior parte del tempo, un vero e proprio
viaggio, ma solo queste finestre che sporadicamente si aprono, permettendo ai
due protagonisti di dialogare tra loro.
Tutto molto
semplice, potreste definirlo quasi scontato, se non fosse che in realtà questo
libro ci guida si da subito, in modo talmente tanto semplice verso uno sviluppo
decisamente intricato che non ce ne rendiamo conto.
Andrea e
Isaac sono una coppia bellissima, che mi hanno ricordato moltissimo Henry e
Clare (i protagonisti di un altro racconto/ film di questo filone “La moglie
dell’uomo che viaggiava nel tempo.”). Anche loro si struggono per qualcosa di
impossibile, un amore che vale la pena di vivere sino all’ultimo istante.
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