Recensione di 'L' amore dura tre anni'
L'amore dura tre anni.
In un giorno così saturo di riflessioni importanti e silenzi di commemorazione ho deciso di recensire un film francese, una commedia romantica che parla d'amore e insegna quanto sia facile cadere nella retorica e nelle frasi fatte, farsi catturare dalle posizioni estreme e da quanto queste risultino insostenibili alla fine dei conti, o forse anche già nel mentre li facciamo, questi conti.
L'amore dura tre anni. Anche il titolo è finto, non dura tre anni, e non è nemmeno amore.
Stiamo ancora parlando del film, vero?
Marc Marronier (Gaspard Proust) è un critico letterario che, in seguito al divorzio, decide di scrivere un libro in cui confessa tutta la sua delusione verso l'amore; paradossalmente, ancora prima che il suo matrimonio finisca, si invaghisce di Alice, la moglie di un suo cugino, e continua a corteggiarla finchè lei non cede: i due intrecciano una relazione amorosa travolgente che verrà messa in difficoltà proprio dal libro misogino e ipocrita da cui Marc sta riscuotendo successo. Personaggi rocamboleschi senza un eccessivo spessore psicologico ma con una propria posizione nell'incessante dialogo sul 'Cos'è l'amore, si guarisce?', una buona dose di ironia mai banale e una leggerezza che rilassa, questi i pro e i contro (a seconda di come li si voglia vedere) che fanno del film di Frédéric Beigbeder (autore anche dell'omonimo romanzo) un'ottima prova. Aggiungiamoci anche una fotografia molto efficace e una colonna sonora che - come quasi sempre nel cinema francese - è essenziale ma perfetta. Non è pretenzioso, ma nemmeno scontato e, nonostante la prima parte sia molto più stimolante rispetto alla seconda dove, in qualche modo, si cede al clichè del 'per sempre felici e contenti', nel complesso risulta piacevole e divertente.
Insomma, un altro piccolo successo della Francia, un altro esempio della bellezza estetica della sua arte e della voglia di sdrammatizzare sulla vita pur di capirla.
Ed è pur vero che certe cose non si potranno mai comprendere davvero, che si parli della facilità con cui ci innamoriamo, del perchè non riusciamo a dire di no a certe persone o di una bomba piazzata in un teatro nel bel mezzo di un concerto, certe cose non si capiranno mai; a certe cose si può solo reagire, lasciandoci andare o prendendo una posizione forte ed egoistica, recitando preghiere e costruendo armi di pace. La poesia, l'arte, la creatività sono sempre stati i rifugi dell'uomo nei momenti di difficoltà, la massima espressione dell'amore per sè stessi, l'ammissione della propria umanità; 'gli artisti sono gli anticorpi della società' mi pare dicesse De Andrè ed è per questo che oggi - come ogni sabato - ho scritto una recensione, è per questo che ogni pittore dovrebbe continuare a dipingere e ogni attore a recitare, i registi francesi a fare film e tutti noi a guardarli perchè non deludono mai: facciamo arte, parliamo d'amore, non scoraggiamoci.
Dal basso delle mie potenzialità, questo è il mio modo di sfogare la mia rabbia e incapacità, la mia dichiarazione d'amore verso ciò che sono e che sarò sempre, la mia confessione di umanità e vicinanza alle tragedie altrui che sempre - senza retoriche - diventano mie e di tutti.
- Papavero blu
In un giorno così saturo di riflessioni importanti e silenzi di commemorazione ho deciso di recensire un film francese, una commedia romantica che parla d'amore e insegna quanto sia facile cadere nella retorica e nelle frasi fatte, farsi catturare dalle posizioni estreme e da quanto queste risultino insostenibili alla fine dei conti, o forse anche già nel mentre li facciamo, questi conti.
L'amore dura tre anni. Anche il titolo è finto, non dura tre anni, e non è nemmeno amore.
Stiamo ancora parlando del film, vero?
Marc Marronier (Gaspard Proust) è un critico letterario che, in seguito al divorzio, decide di scrivere un libro in cui confessa tutta la sua delusione verso l'amore; paradossalmente, ancora prima che il suo matrimonio finisca, si invaghisce di Alice, la moglie di un suo cugino, e continua a corteggiarla finchè lei non cede: i due intrecciano una relazione amorosa travolgente che verrà messa in difficoltà proprio dal libro misogino e ipocrita da cui Marc sta riscuotendo successo. Personaggi rocamboleschi senza un eccessivo spessore psicologico ma con una propria posizione nell'incessante dialogo sul 'Cos'è l'amore, si guarisce?', una buona dose di ironia mai banale e una leggerezza che rilassa, questi i pro e i contro (a seconda di come li si voglia vedere) che fanno del film di Frédéric Beigbeder (autore anche dell'omonimo romanzo) un'ottima prova. Aggiungiamoci anche una fotografia molto efficace e una colonna sonora che - come quasi sempre nel cinema francese - è essenziale ma perfetta. Non è pretenzioso, ma nemmeno scontato e, nonostante la prima parte sia molto più stimolante rispetto alla seconda dove, in qualche modo, si cede al clichè del 'per sempre felici e contenti', nel complesso risulta piacevole e divertente.
Insomma, un altro piccolo successo della Francia, un altro esempio della bellezza estetica della sua arte e della voglia di sdrammatizzare sulla vita pur di capirla.
Ed è pur vero che certe cose non si potranno mai comprendere davvero, che si parli della facilità con cui ci innamoriamo, del perchè non riusciamo a dire di no a certe persone o di una bomba piazzata in un teatro nel bel mezzo di un concerto, certe cose non si capiranno mai; a certe cose si può solo reagire, lasciandoci andare o prendendo una posizione forte ed egoistica, recitando preghiere e costruendo armi di pace. La poesia, l'arte, la creatività sono sempre stati i rifugi dell'uomo nei momenti di difficoltà, la massima espressione dell'amore per sè stessi, l'ammissione della propria umanità; 'gli artisti sono gli anticorpi della società' mi pare dicesse De Andrè ed è per questo che oggi - come ogni sabato - ho scritto una recensione, è per questo che ogni pittore dovrebbe continuare a dipingere e ogni attore a recitare, i registi francesi a fare film e tutti noi a guardarli perchè non deludono mai: facciamo arte, parliamo d'amore, non scoraggiamoci.
Dal basso delle mie potenzialità, questo è il mio modo di sfogare la mia rabbia e incapacità, la mia dichiarazione d'amore verso ciò che sono e che sarò sempre, la mia confessione di umanità e vicinanza alle tragedie altrui che sempre - senza retoriche - diventano mie e di tutti.
- Papavero blu
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