Recensione: Ready Player One di Ernest Cline

È una fredda mattina di gennaio del 2045 quando la notizia destinata a sconvolgere la vita del giovane Wade rimbalza sugli schermi di tutto il mondo: il creatore di videogiochi più prolifico e geniale di sempre, James Halliday, è morto nella notte senza lasciare eredi. 
Che ne sarà adesso di OASIS, il formidabile contenitore di universi virtuali da lui ideato? 
E dei milioni di persone che, ogni giorno, scelgono di trascorrere la propria esistenza nei suoi strabilianti meandri, piuttosto che nella realtà di un pianeta devastato dalle guerre, dalle carestie e dall'ingiustizia sociale? 
La risposta è contenuta in un video che Halliday stesso ha diffuso poco prima di morire: una caccia al tesoro globale, una sfida virtuale ispirata ai mitici videogiochi della sua (e della nostra) adolescenza. Chiunque riuscirà a scoprire per primo la serie di indizi disseminati da Halliday, decifrandone il complesso viluppo di citazioni e rimandi, riceverà in premio la sua immensa fortuna e il controllo di OASIS. 
Per Wade, nerd fino al midollo e appassionato di retrogaming, è l'occasione di riscattare una vita ai margini. Ma la I.O.I., multinazionale tra le più potenti e spregiudicate, non ha alcuna intenzione di restare a guardare, e, pur di mettere le mani su OASIS, si prepara a giocare una partita che più sporca non si può.

Mi sentivo come un bambino catapultato nella sala giochi più grande del mondo senza neanche un gettone in tasca, costretto a guardare gli altri bambini giocare.


Partiamo dal perchè questo libro è un capolavoro:

- Sembra che ogni parola che vi sia scritta faccia parte di un magnete;  è impossibile mettere giù questo libro già dalle prime righe, figuriamoci alla fine del primo capitolo, quando ormai si è innamorati persi.

- I personaggi. Wade amerebbe alla follia il Lucca Comics (così come Ernest Cline, probabilmente). é uno di quei ragazzi che sono sempre esistiti, ma che ancora oggi faticano a trovare un loro posto nella società. Darebbero qualsiasi cosa per poter emozionare il prossimo con le proprie passioni, ma finiscono per isolarsi in se stessi... o in una realtà virtuale. 

Wade è un bravissimo ragazzo, sia a livello caratteriale che coi videogiochi. Ha un vero e proprio dono per questi, che scopre via via crescendo, in un mondo alla deriva, di cui pochi ormai si occupano. 
Il libro è tutto narrato dal suo punto di vista, ma incontriamo molti altri personaggi, che avranno un ruolo fondamentale nella Caccia. Tra loro spiccano Aech, migliore amico del protagonista, Shoto e  Art3mis ragazza per la quale Wade ha da sempre una cotta, ma c'è un piccolo problemino...sarà davvero come il suo avatar o avrà "una cotta per un tizio di 130 chili che si chiama Chuck e vive nel seminterrato di sua madre alla periferia di Detroit"

- Crea un vero e proprio culto. Halliday stesso, infatti, diventa un canone secondo cui giudicare qualcosa. Un qualcosa di Hallidayano, che si riferisca un film, a un romanzo o una canzone, significa che caratterizza enormemente la generazione di cui ci troviamo a leggere.


- Seppur sia un libro di fantascienza siamo catapultati negli anni '80. Questo libro è satura di quella cultura, che da subito incontriamo, in quanto parte della adolescenza di Halliday e quindi vera e propria materia di studio per i Gunter (coloro che partecipano alla Caccia) in quanto sanno, che senza tale conoscenza non potranno mai trovare il premio. Peccato non citi Ender's Game di Orson Scott Card, per certi tratti me l'ha ricordato...

Era l'alba di una nuova era, un'era in cui il genere umano avrebbe trascorso la maggior parte del tempo libero all'interno di un videogioco.


Perchè questo libro, invece, non sarà, probabilmente, mai definito un grande classico (seppur lo meriterebbe) alla pari di 1984:

- Perchè la fantascienza di cui parla non è davvero tale. Per esserlo Ernest Cline, avrebbe dovuto scrivere tale libro, almeno venti, se non trenta anni fa. La realtà di cui scrive, mi auguro di no, potrebbe essere la nostra a breve, soprattutto per la visione tecnologica che offre. 

- Non inventa una nuova tecnologia. Non vi è nulla di relativamente nuovo, OASIS è uno scenario a cui arriveremo presto anche noi, ma il mezzo, o meglio la piattaforma che utilizza è già stata in parte inventata. Inizialmente, mentre leggevo, credevo mi sarei ritrovata in una sorta di SAO (Sword Art Online) americano. A partire dal nome OASIS, che comunque lo racchiude, a il premio in sè, un "uovo" lo stesso che guarda caso trova pure Kirito... ma al contrario, in SAO, abbiamo l'invenzione di una nuova tecnologia, il Nerve Gear. Oggi lo troviamo sul mercato come Gear Virtual Reality, più comunemente Oculus.

 [OASIS] Un luogo di delizie in cui sottrarsi ai problemi del mondo, mentre la civiltà collassava lentamente su se stessa, fondamentalmente perchè era stata abbandonata.


In conclusione, questo è un libro bellissimo, che si legge con una facilità disarmante e che (ce ne fossero di più!) è autoconclusivo. Il finale è aperto per certi versi, ma facilmente ipotizzabile per altri.

A chiunque ami la fantascienza, che vuole riscoprire gli anni '80 e l'amore per i videogiochi.
Il libro è in tiratura limitata, ogni copia è numerata.


Lost Inside My Universe


"<< il regista di Ladyhawke è Richard Donner, cazzo! I Goonies? Superman? Mi stai forse dicendo che uno come lui è penoso? >> 

<< Il discorso non cambierebbe neanche se l'avesse diretto Spielberg [...] >>"

Ispirato al libro, uscirà a breve l'omonimo film diretto da

Spielberg, il trailer QUI.

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