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Recensione: Platinum End di Takeshi Obata e Tsugumi Oba

Con l’arrivo del terzo film di Death Note, il romanzo di PCP (il manga che Muto Ashirogi pubblica in Bakuman) e il prequel di Bakuman di due capitoli (Bakuman. age 13- 14) arriva anche la nuova opera di Takeshi Obata e Tsugumi Oba, Platinum End.

Questa recensione riguarderà i primi 5 capitoli.
La storia segue le vicende di  Mirai Kakehashi. Lo incontriamo mentre è intento a raggiungere il tetto di un edificio, per tentare il suicidio.
Esatto si parte subito con un picco di allegria.
Ovviamente, le cose per Mirai non vanno nel verso giusto. Dopo essersi buttato, un angelo lo salva.
Nasse, questo è il suo nome, è la versione angelica di Ryuk.
Ci sono, infatti, un sacco di punti in comune con lo shinigami, In primis il patto che Nasse si presta a porre, con tutte le clausole e le specifiche al seguito. Mirai da questa riceverà delle ali e due tipi di frecce.
Con le ali potrà volare ovunque a velocità pazzesche, superando persino le frecce. Queste si dividono, invece, in rosse e bianche. 
Le rosse fanno innamorare chiunque venga colpito per trenta tre giorni, portando anche alla morte se richiesto, dato che è un amore così forte che porta ad eseguire qualsiasi ordine venga imposto. 
Le bianche uccidono.
Un secondo punto molto simile che Nasse e Ryuk hanno è che entrambi possono essere visti solo da chi possiede un altro angelo o un altro shinigami.
Nasse, inoltre, si ritrova a volare nei pressi di Mirai, proprio come succedeva a Light.
Nasse e Mirai /Light e Ryuk
Quest'ultimo però lo rimpiango moltissimo come protagonista, per quanto sembri essere presente, caratterialmente, sotto mentite spoglie, in quel che per ora appare come il cattivo della situazione, Metropoliman.
Mirai, al momento, sembra tutto l'esatto opposto di Light. 
Una volta scoperte le ali non esita a provarle, ma dopo quel che succede con gli zii è alquanto restio ad usufruire delle frecce. Per tanto si deprime e successivamente viene colpito da una freccia rossa, dalla ragazza di cui è innamorato.
È un ragazzo dal triste quanto clichè passato, che è spinto a vivere solo dalla frase della madre, che ci viene ripetuta una ventina di volte:
"Nasciamo tutti alla ricerca della felicità, viviamo per averne una maggior quantità"
Nasse dovrà quindi aiutare Mirai ad archiviare la "normale felicità". Metter quindi su famiglia, avere un lavoro, riuscire ad inserirsi nella società etc.
Ma da qualche parte lo Shounen deve pur iniziare...
C'è una competizione, lanciata da Dio stesso. Tredici angeli e i loro tredici candidati dovranno affrontarsi per 999 giorni (Oba torna con la sua mania per i numeri) così che venga a decretarsi il nuovo Dio.
Gli angeli non sono però tutti "uguali". Sono divisi in tre categorie e non tutti i candidati umani dispongono, quindi, sia di frecce che di ali. L'unica fortuna del protagonista è il fatto di ricevere Nasse, angelo speciale, e riuscire quindi a usufruire di entrambe, lavorando poi a stretto contatto con la ragazza di cui è innamorato, per riuscire a sconfiggere gli altri candidati.




Passiamo al disegno.
Lo stile di Obata è inconfondibile. In questo caso è un mix tra Death Note, per quanto riguarda il realismo e Bakuman, per gli occhi e certi tratti espressivi.
Mirai esteticamente è molto simile a Light, soprattutto per i capelli, ma ha uno sguardo più dolce, fanciullesco, che a tratti pare quello di Mashiro.
Miho Azuki è di nuovo invece presente, la ragazza di Mirai, Saki, è la sua fotocopia, solo coi capelli corti, mentre caratterialmente al momento non mi fa impazzire...
Gli occhi di Nasse sono rossi proprio come quelli di Ryuk, e per quanto questa sia un angelo famosa per la sua "innocenza e purezza" non esita neppure un istante a consigliare più volte a Mirai di uccidere, tanto che questo si ritrova a chiederle se davvero sia chi afferma di essere.
Ci sono tavole che tolgono il fiato. I momenti in cui Mirai si appresta a volare sono incredibili, la cura per i dettagli è ancora una volta minimale e le fattezze angeliche sembrano, per certi aspetti, usciti da uno shojo in alcuni momenti.
Il tratto di Obata pare essersi, comunque, molto adattato ai manga di questo ultimo periodo. Dai retini alle linee più morbidi o i momenti più riverenti, pare quasi voglia allontanarsi dallo stile di Death Note (soprattutto per le scelte di chiaro scuri) e avvicinarsi maggiormente a quello di Bakuman.
Se, infatti, si vanno a leggere i prequel di questo, Bakuman. age 13- 14, lo stile di disegno pare identico, o comunque si riesce benissimo a 
ricollocare Mashiro e Takagi nello stesso universo di Mirai.

Cosa manca al momento...
Un personaggio originale o qualche caratteristica del protagonista che lo facciano risaltare maggiormente.
In Bakuman ogni personaggio sprizzava originalità, come dimenticarsi ad esempio di Eiji Niizuma?
Lo stesso vale per Death Note. I protagonisti erano talmente strutturati psicologicamente che avevano una loro connotazione.

Allo stesso modo non mi fanno impazzire i combattimenti. Sono molto semplici, per ora, anche se ci viene lasciato capire che andranno poi ad essere soprattutto gestiti da astuzia e furbizia. Non sono comunque ancora strutturati in modo da essere alla pari dei ragionamenti articolati, che paiono esservici dietro.

Lost Inside My Universe.

Questa recensione non presenta un giudizio, in quanto sarebbe ancora troppo prematuro esprimersi a riguardo. 
Va quindi ad inserirsi nella rubrica Pilot, come opera da continuare a seguire.







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