Recensione di ‘Il pornografo di Vienna’ di Lewis Crofts
La settimana scorsa, dopo una giornata costellata di sfortune varie, ritardi e conseguenti scatti da centometrista per prendere al volo l’autobus – si, tipo Fantozzi! –, sudore indesiderato (soprattutto alle otto del mattino, mezz’ora dopo essermi lavata) e incontri/scontri fortuiti ancora più indesiderati che - mannaggia alla sveglia e a chi ha inventato il modo per spegnerle così facilmente – svegliandosi dieci minuti prima certe cose si evitavano… ebbene, dopo una giornata simile avevo solo voglia di chiudermi in casa e isolarmi in un eremitaggio a recitare un salutare mantra di insulti e improperi. MA! Cosa vedono i miei occhi appena passato Ponte di Mezzo: il mercatino del libro usato, occhi a cuoricione, gioia infinita, la vita è bellissima. È proprio qui che, su una bancarella ancora in allestimento, sono stata attratta da questo libro con la copertina bordeaux e un autoritratto di Egon Schiele: esordio letterario di Lewis Crofts, Il pornografo di Vienna è, infatti, la biografia romanzata del pittore austriaco.
Sono rimasta davvero colpita dalla rapidità con cui,
nel giro di poco più di due ore – come al solito nel finesettimana, ero sul
treno di ritorno -, ne ho letto quasi metà, io che di solito sono un bradipo
nella lettura. Potrebbe trattarsi pure di un qualche magico artificio, finchè
non lo scoprirò con sicurezza, comunque, non posso che credere che il merito
stia tanto nell’affascinante sensibilità di Schiele quanto nello stile di
questo scrittore di cui – ahimè – ho ignorato l’esistenza finora; e le due cose
vanno a braccetto, non sono certo separate. Crofts riesce con estrema cura a
suggerire il punto di vista del pittore, non tanto nei dialoghi (a dire il vero
un po’ piatti) né nei suoi atteggiamenti, bensì in quelle pennellate
descrittive qua e là che – insomma, è geniale – devono essere dei suggerimenti
su cosa veramente attraeva Egon quando guardava il mondo attorno a sé: i
capelli di una ragazza che ricadono sulle spalle in un certo modo, il petto
ansante e sottilmente sensuale di una bambina che riposa, lo squallore di un
vecchio conte che si apparta con una prostituta nei bassifondi di Vienna. Tutti
elementi che ritornano nella sua opera artistica e di cui Crofts riesce a
delineare una storiografia dettagliata, seppur mai noiosa, senza fallire nel
dare anche un quadro complessivo su come doveva apparire la capitale austriaca
nei decadenti anni di fine ‘800.
Una pecca che ho incontrato è la divisione in
sequenze, talvolta troppo difficile da seguire saltando da un ambiente/tempo
all’altro senza indicazioni guida; da qui, forse, anche l’inconcepibile
cambiamento del pittore, da anticonformista avverso alla società borghese a,
dopo la guerra, uomo socialmente integrato e inspiegabilmente docile a quelle
stesse norme filistee denunciate fino a qualche tempo prima: un mutamento che
meritava di essere studiato maggiormente e a scapito della cui trattazione,
invece, si è preferito tenere un ritmo rapido e incalzante nella narrazione.
Poco importa, il libro mi è piaciuto dall’inizio
alla fine e per essere un esordio non è niente male, viva Crofts e i mercatini
dell’usato!
- Papavero Blu
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