Recensione “Se tu vai via, porti il mio cuore con te” by Silvia Gianatti
Trama: Manca solo un mese alla nascita del suo primo figlio, quando Valeria sente pronunciare dai medici le parole che nessuna madre vorrebbe mai sentirsi dire: ''Non c'è battito.'' Anche se non ha mai visto la luce, al bambino che per otto mesi è cresciuto nella sua pancia Valeria ha quotidianamente rivolto parole, pensieri, racconti, sogni... Come può accettarne la morte? Per un genitore la perdita di un figlio è una tragica sovversione del ciclo naturale della vita, un'ingiustizia inaccettabile, una sofferenza atroce che congela ogni cosa e da cui sembra impossibile poter riemergere. Lacerata dal dolore e dalla rabbia, Valeria si chiude in sé stessa, finché un giorno non prende in mano carta e penna e inizia a scrivere. E così, pagina dopo pagina, ristabilisce, quasi senza rendersene conto, il legame violentemente interrotto con il suo bambino, e con se stessa. La vita riprende il suo corso, il sole ricomincia lentamente a illuminare le giornate di Valeria, il mondo recupera colore e calore. E anche se è un buco nero in fondo al cuore, avviene che un giorno il dolore fa spazio ad altre felicità. Bisogna solo avere la pazienza di saper aspettare, il coraggio di farsi aiutare, la speranza che a poco a poco si ritrovi un senso a tutto. Un libro toccante e delicato su un tema difficile: la morte perinatale, un fenomeno diffusissimo ma di cui si parla ancora troppo poco. Ma ''Se tu vai via, porti il mio cuore con te'' è anche e soprattutto un libro sulla perdita e sul superamento del dolore, perché alle lacrime e alla rabbia seguono prima o poi la pace e la forza di ricominciare.
Care
lettrici e cari lettori,
eccomi
qui, anche questa settimana, pronta per parlarvi di un libro nuovo.
Un libro che mi ha tenuto sveglia tutta la notte, un libro che mi ha
scavato nel profondo del cuore e che mi ha fatto versare molte
lacrime.
Sto
parlando di Se tu vai via, porti il mio cuore con te,
di Silvia Gianatti, edito da
Leggereditore
Valeria
ha una vita serena, dopo tanti sacrifici è riuscita a ottenere il
lavoro che ha sempre sognato di fare, al suo fianco ha un uomo
fantastico che la ama e la rispetta. Dopo qualche anno di convivenza,
decidono di avere un figlio, per coronare il loro sogno d’amore.
La
gravidanza sembra procedere per il meglio, le ecografie danno mostra
di un bambino o bambina – Valeria e Marco non vogliono saperlo-
sano.
Valeria
e Marco, però, non avranno mai l’opportunità di abbracciare il
loro bimbo.
Un
dolore così forte da togliere persino la voglia di gridare e di
respirare. Valeria si sente persa, incompresa da tutti, è andata in
mille pezzi e non sa se e come riuscirà a raccoglierli.
«Scrivi»,
le viene suggerito dalla terapeuta, «ricomincia
da ciò che sai fare meglio.»
E
così, dalle prime pagine del romanzo,
si viene catapultati in questa vera
e propria lettera aperta
a un bambino mai nato. Diventiamo partecipi del dolore di Valeria e
dei suoi cari, veniamo a conoscenza dei suoi ricordi di giovinezza,
dell’inizio della sua storia d’amore, della forza che trova
Valeria nel riconoscere di aver bisogno d’aiuto per rialzarsi.
Uno
stile essenziale, a volte quasi crudo, allo stesso tempo avvincente e
coinvolgente, che ti
cattura e non ti abbandona più fino all’epilogo.
Un messaggio forte a
tutte quelle persone che finiscono nel baratro della sofferenza e che
si sentono come se stessero per affogare, viene data una luce di
speranza: non si è mai soli ed è possibile rinascere, continuare a
vivere senza dimenticare né sminuire, ma con la consapevolezza che
si può ricominciare.
Come
vi ho accennato all’inizio, questo romanzo mi è entrato sotto
pelle, mi ha strappato tante lacrime e mi ha scombussolato tutta la
mia sfera emotiva, ma ne ho apprezzato ogni singola parola.
È
vero, quando accadono cose come questa, non esistono frasi o discorsi
che possano, anche solo minimamente, alleviare un dolore così
grande, ma esistono gli affetti, le persone care, quelle che non ci
abbandoneranno mai, pronte a prendersi anche le nostre sfuriate, ci
sono persone che hanno avuto, purtroppo, un’esperienza simile alla
nostra e ci possono mostrare come loro sono riusciti ad alzarsi, ci
sono gli esperti.
Il
sole è risorto. Io non lo so. Ho solo smesso di stare laggiù.
A
poco a poco. Piano piano. Quanto nero può entrare nella tua testa.
Quante
lacrime ti possono uscire dagli occhi.
I
minuti. Le ore. I giorni.
Dicono
che il tempo curi tutte le ferite e i dolori.
Ne
avevo paura. Una paura fottuta.
Perché
non si può sperare che passi il dolore,
quando
è l’unica cosa che ti tiene attaccata al ricordo presente.
Non
volevo stare meglio. Avevo bisogno di stare meglio.
Questo
romanzo mi ha ricordato, come qualcuno mi ha detto giusto qualche
anno fa, che l’unico modo per superare il dolore è attraversarlo.
Ci
ho messo un po' prima di scrivere questa recensione, prima
di mettere nero su bianco tutte le sensazioni che ho provato.
Spero
di avervi incuriosito, come al solito vi auguro buona lettura,
a
presto,
la
vostra Mil Palabras
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