Recensione film: Mary Shelley - Un amore immortale
Ad ottobre siamo un pò tutti attratti dalle storie horror, perché non scoprire allora la storia di chi ha gettato le basi del genere?
Il film Mary Shelley racconta una manciata di anni della scrittrice, dai sedici ai venti più o meno, durate i quali l'omonima protagonista attraversa diverse problematiche e si ritrova a scrivere la sua opera più famosa.
Non mi aspettavo nulla di allegro e gioioso, ma neppure le due ore di sconforto nel vedere Elle Fanning che seppur forte e determinata, affronta morte e tradimenti come fossero il pane quotidiano di ogni adolescente.C'è da dire che non conoscevo benissimo la storia della scrittrice, avevo giusto studiato una volta in letteratura qualche riga della sua biografia e qualche rimasuglio avevo, ma mai avrei immaginato che Mary Shelley avesse sofferto tanto. Ma iniziamo con ordine.
La storia inizia con una Mary Shelley sofferente (sarà la mia parola preferita per questa recensione, mi sa...) dell'ambiente in cui si trova. Abita padre, sorella, fratello e matrigna. Quest'ultima la tratta decisamente male, ficcanasando quanto può nella vita della protagonista e riprendendola ogni qualvolta la trovi a scrivere o leggere libri di fantasmi. Mary però, la scrittura l'ha nel sangue. Tra suo padre, William Godwin e Mary Wollstonecraft, c'è poco da fare.
Primo punto che poco ho apprezzato, dopo aver spiacevolmente preso nota che la signora Wollstonecraft era morta prematuramente, è stato il modo in cui hanno trattato la sua figura. Vi si accenna due volte, non tanto soffermandosi sul fatto che sia stata una pioniera del femminismo, quanto sottolineando invece che sia un pessimo esempio da seguire.
Dalle sue convinzioni, Mary Shelley, sarebbe stata secondo la matrigna plagiata. Così si spiega perché la figliastra, una volta appreso che Percy Shelley è sposato e con una figlia, decida comunque di scappare con lui trascinandosi dietro la sorella, Claire, e dando scandalo.
Inutile dire che la gioia della fuga dura giusto il tempo di un fiammifero di pessima qualità, dato che il film si pone cupo. Mary professa di amare Percy e viceversa, credendo nell'amore libero, ma seppur
forte e fiera delle sue convinzioni a solo sedici anni ed è divenuta un'amante e la situazione si inclina maggiormente quando viene a sapere che pure Claire ha una relazione con Percy...yuppie.
Il secondo punto che poco ho apprezzato è stato come Mary conviva con questa strana relazione che si instaura trai tre. Non ci sono molte scene a sottolinearlo, solo gelide occhiate da parte di Mary a Claire. Va bene professare l'amore libero, ma tacere e soffrire in un angolo non mi sembra una buona soluzione. Fatto sta che Mary a Percy poco o nulla fa presente, se non incavolarsi con lui quando questo le presenta un amico scrittore col solo scopo di far instaurare trai due una relazione. Ma che accidenti, Percy! Mary ti ha detto che ti ama in mille maniere, e ama solo te, eppure il giovane ha una strana concezione dell'amore.
Viene messo tutto da parte quando Mary si scopre incinta. é la volta di Claire, finalmente, a venir relegata in un angolo alla nascita della figlia e tutto sembra andare per il verso giusto, ma tempo due scene e a una dimostrazione di Galvanismo che da la prima ispirazione per Frankenstein, ecco spuntare un altro problema, Lord Byron.
Claire che ci viene sempre più rappresentata come una ragazza superficiale e in cerca di attenzione, è ammaliata da questo o meglio intrigata dalla sua fama, finendo per auto - invitarsi assieme alla coppia Shelley, alla tenuta dell'uomo.
Bene, ero già lì da più di un'ora ormai,ad aspettare la seduta spiritica che avrebbe visto la nascita della grande opera, e invece non vi è null'altro che nuvole di oppiacei, fiumi di alcool e la morte che aleggia nell'aria. Non è stato per nulla come me l'aspettavo. La seduta si articolata in tre battute di Byron che sono qualcosa del tipo: " facciamo una gara, la più bella storia di fantasmi vince." Ma qualcuno ha raccontato qualcosa? No.
Grazie al cielo alla scoperta di Claire incinta di Byron e al rifiuto di questo di considerare la ragazza anche solo sua amante, i tre (i 2 Shelley e Claire) lasciano la magione. Tra sconforto che dilaga e delusioni, Mary si mette grazie al cielo a scrivere quel benedetto libro che l'ha resa nota.
Credo sia stata una delle poche che ho davvero apprezzato. La disperazione che alimentava la scrittura, unita alla necessità di far capire il senso di abbandono che provava Mary in quel momento, subissata da tragici eventi a una così giovane età. Anche le scene successive, seppur sempre cariche di disperazione, che l'hanno vista in cerca di un editore sono state interessanti.
Vedere come gli uomini scartassero a priori la sua opera, dichiarandosi indisposti dinanzi ad una autrice donna e non al soggetto, fa capire il ragionamento dell'epoca, che come Mary sottolinea, la vede abbastanza grande per perdere un figlio, ma non per pubblicare un libro.
Il racconto vede la luce nell'anonimato, con la furente rabbia di Mary, finalmente! Va bene essere fredda ma incavolarsi fa altrettanto bene, soprattutto verso Percy, che in questo caso deve scriverne la prefazione perché sia pubblicato, lasciando quindi pensare che la storia sia una sua idea.
Per fortuna il padre di Mary sistema la cosa (il film fa spiacevolmente notare cosa accade a un altro partecipante che aveva partecipato alla seduta spiritica e che vede la sua storia venir pubblicata, ma attribuita a Byron... vi dice nulla il nome John Polidori?) , mentre Percy chiarisce che è la ragazza ad aver scritto il libro, facendo notare quanto sia maturato nell'arco del film e facendomelo odiare un pò
meno...
Inutile dirvelo, ma il film non si chiude in maniera positiva, anzi.
Sapevo della morte prematura di Percy e credevo che il film ne avrebbe parlato, dato che Mary decide di non sposarsi nuovamente, ma fa sì di raggiungere uno stato economico che le permetta di essere indipendente da qualsiasi uomo, fatto decisamente rilevante nel 1800, ma il film lo riporta letteralmente in una riga, rivelando sbrigativamente.
La pellicola non spiega quasi nulla, inoltre, del libro scritto da Mary, concentrandosi solo sulle tragedie che vedono protagonista lei e i suoi cari, facendo sembrare la morte un membro della famiglia stessa, tanto questa è presente.
Una cosa strana che ho notato sono la carenza di scene, delle volte. Nel senso che queste vengono
quasi mostrate identiche in una situazione come in un'altra, quasi il montaggio fosse stato frettoloso o non si fosse riusciti a girare tutto il film. Forse si tratta solo di una mia idea, ma per esempio vi è una scena di intimità tra Mary e Percy che viene riproposta due volte, non come un flashback, ma come due situazioni differenti.
Fatto sta che no, non posso neppure dire che vi era una fotografia che riparasse alla mia frustrazione dopo aver concluso il film, né di essermi rifatta gli occhi grazie ai costumi dato che non erano nulla di elaborato.
Non è un film che ho amato e non sono riuscita ad apprezzarlo per tutti i motivi esposti.
Trailer italiano: QUI
Il film Mary Shelley racconta una manciata di anni della scrittrice, dai sedici ai venti più o meno, durate i quali l'omonima protagonista attraversa diverse problematiche e si ritrova a scrivere la sua opera più famosa.
Non mi aspettavo nulla di allegro e gioioso, ma neppure le due ore di sconforto nel vedere Elle Fanning che seppur forte e determinata, affronta morte e tradimenti come fossero il pane quotidiano di ogni adolescente.C'è da dire che non conoscevo benissimo la storia della scrittrice, avevo giusto studiato una volta in letteratura qualche riga della sua biografia e qualche rimasuglio avevo, ma mai avrei immaginato che Mary Shelley avesse sofferto tanto. Ma iniziamo con ordine.
La storia inizia con una Mary Shelley sofferente (sarà la mia parola preferita per questa recensione, mi sa...) dell'ambiente in cui si trova. Abita padre, sorella, fratello e matrigna. Quest'ultima la tratta decisamente male, ficcanasando quanto può nella vita della protagonista e riprendendola ogni qualvolta la trovi a scrivere o leggere libri di fantasmi. Mary però, la scrittura l'ha nel sangue. Tra suo padre, William Godwin e Mary Wollstonecraft, c'è poco da fare.
Primo punto che poco ho apprezzato, dopo aver spiacevolmente preso nota che la signora Wollstonecraft era morta prematuramente, è stato il modo in cui hanno trattato la sua figura. Vi si accenna due volte, non tanto soffermandosi sul fatto che sia stata una pioniera del femminismo, quanto sottolineando invece che sia un pessimo esempio da seguire.
Dalle sue convinzioni, Mary Shelley, sarebbe stata secondo la matrigna plagiata. Così si spiega perché la figliastra, una volta appreso che Percy Shelley è sposato e con una figlia, decida comunque di scappare con lui trascinandosi dietro la sorella, Claire, e dando scandalo.
Inutile dire che la gioia della fuga dura giusto il tempo di un fiammifero di pessima qualità, dato che il film si pone cupo. Mary professa di amare Percy e viceversa, credendo nell'amore libero, ma seppur
forte e fiera delle sue convinzioni a solo sedici anni ed è divenuta un'amante e la situazione si inclina maggiormente quando viene a sapere che pure Claire ha una relazione con Percy...yuppie.
Il secondo punto che poco ho apprezzato è stato come Mary conviva con questa strana relazione che si instaura trai tre. Non ci sono molte scene a sottolinearlo, solo gelide occhiate da parte di Mary a Claire. Va bene professare l'amore libero, ma tacere e soffrire in un angolo non mi sembra una buona soluzione. Fatto sta che Mary a Percy poco o nulla fa presente, se non incavolarsi con lui quando questo le presenta un amico scrittore col solo scopo di far instaurare trai due una relazione. Ma che accidenti, Percy! Mary ti ha detto che ti ama in mille maniere, e ama solo te, eppure il giovane ha una strana concezione dell'amore.
Viene messo tutto da parte quando Mary si scopre incinta. é la volta di Claire, finalmente, a venir relegata in un angolo alla nascita della figlia e tutto sembra andare per il verso giusto, ma tempo due scene e a una dimostrazione di Galvanismo che da la prima ispirazione per Frankenstein, ecco spuntare un altro problema, Lord Byron.
Claire che ci viene sempre più rappresentata come una ragazza superficiale e in cerca di attenzione, è ammaliata da questo o meglio intrigata dalla sua fama, finendo per auto - invitarsi assieme alla coppia Shelley, alla tenuta dell'uomo.
Bene, ero già lì da più di un'ora ormai,ad aspettare la seduta spiritica che avrebbe visto la nascita della grande opera, e invece non vi è null'altro che nuvole di oppiacei, fiumi di alcool e la morte che aleggia nell'aria. Non è stato per nulla come me l'aspettavo. La seduta si articolata in tre battute di Byron che sono qualcosa del tipo: " facciamo una gara, la più bella storia di fantasmi vince." Ma qualcuno ha raccontato qualcosa? No.
Grazie al cielo alla scoperta di Claire incinta di Byron e al rifiuto di questo di considerare la ragazza anche solo sua amante, i tre (i 2 Shelley e Claire) lasciano la magione. Tra sconforto che dilaga e delusioni, Mary si mette grazie al cielo a scrivere quel benedetto libro che l'ha resa nota.
Credo sia stata una delle poche che ho davvero apprezzato. La disperazione che alimentava la scrittura, unita alla necessità di far capire il senso di abbandono che provava Mary in quel momento, subissata da tragici eventi a una così giovane età. Anche le scene successive, seppur sempre cariche di disperazione, che l'hanno vista in cerca di un editore sono state interessanti.
Vedere come gli uomini scartassero a priori la sua opera, dichiarandosi indisposti dinanzi ad una autrice donna e non al soggetto, fa capire il ragionamento dell'epoca, che come Mary sottolinea, la vede abbastanza grande per perdere un figlio, ma non per pubblicare un libro.
Il racconto vede la luce nell'anonimato, con la furente rabbia di Mary, finalmente! Va bene essere fredda ma incavolarsi fa altrettanto bene, soprattutto verso Percy, che in questo caso deve scriverne la prefazione perché sia pubblicato, lasciando quindi pensare che la storia sia una sua idea.
Per fortuna il padre di Mary sistema la cosa (il film fa spiacevolmente notare cosa accade a un altro partecipante che aveva partecipato alla seduta spiritica e che vede la sua storia venir pubblicata, ma attribuita a Byron... vi dice nulla il nome John Polidori?) , mentre Percy chiarisce che è la ragazza ad aver scritto il libro, facendo notare quanto sia maturato nell'arco del film e facendomelo odiare un pò
meno...
Inutile dirvelo, ma il film non si chiude in maniera positiva, anzi.
Sapevo della morte prematura di Percy e credevo che il film ne avrebbe parlato, dato che Mary decide di non sposarsi nuovamente, ma fa sì di raggiungere uno stato economico che le permetta di essere indipendente da qualsiasi uomo, fatto decisamente rilevante nel 1800, ma il film lo riporta letteralmente in una riga, rivelando sbrigativamente.
La pellicola non spiega quasi nulla, inoltre, del libro scritto da Mary, concentrandosi solo sulle tragedie che vedono protagonista lei e i suoi cari, facendo sembrare la morte un membro della famiglia stessa, tanto questa è presente.
Una cosa strana che ho notato sono la carenza di scene, delle volte. Nel senso che queste vengono
quasi mostrate identiche in una situazione come in un'altra, quasi il montaggio fosse stato frettoloso o non si fosse riusciti a girare tutto il film. Forse si tratta solo di una mia idea, ma per esempio vi è una scena di intimità tra Mary e Percy che viene riproposta due volte, non come un flashback, ma come due situazioni differenti.
Fatto sta che no, non posso neppure dire che vi era una fotografia che riparasse alla mia frustrazione dopo aver concluso il film, né di essermi rifatta gli occhi grazie ai costumi dato che non erano nulla di elaborato.
Non è un film che ho amato e non sono riuscita ad apprezzarlo per tutti i motivi esposti.
Trailer italiano: QUI
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