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Recensione "I Cavalieri della Tavola Zoppa" by Marie Phillips


«Nel grande salone di Camelot c'erano altre due tavole di cui i cantastorie e le ballate non raccontano granché, anzi non ne parlano proprio. Una era conosciuta come Tavola dei Compagni Erranti...
L'altra tavola, situata nell'angolo più esposto alle correnti d'aria e più lontano dai due caminetti, era rettangolare e aveva una gamba più corta delle altre, quindi per non farla dondolare bisognava sempre infilarci sotto un tovagliolo ripiegato...
Si chiamava Tavola dei Cavalieri Meno Importanti.»


Di trasposizioni del Ciclo Arturiano se ne sono fatte e lette a bizzeffe, soprattutto a opera di autori inglesi. Eppure c'è una ragione se si continua ad acquistarle e pubblicarle. Sarà perché le leggende su re Artù e i suoi cavalieri fanno sempre sognare il fanciullo che è dentro di noi, o sarà per la piacevole originalità che queste rivisitazioni spesso propongono, ci saranno sempre lettori pronti ad accoglierle e autori che crederanno nella loro potenzialità. Marie Phillips è una di questi. Già conosciuta per il suo primo romanzo (Per l'amor di un dio, un libro a sfondo ironico sulle antiche divinità greche, tradotto in più di 15 lingue e da cui è stato tratto un film), la scrittrice si dedica alle leggende arturiane senza rinunciare al suo humor.
La trama de I Cavalieri della Tavola Zoppa ha inizio da una domanda: what if ? Cosa succede se una damigella in difficoltà , corsa a Camelot in cerca d'aiuto, giunge in ritardo e trova un solo cavaliere, non più giovane e per di più caduto in disgrazia? E cosa accadrebbe a una dama in fuga da un matrimonio impostole, se incontrasse la Sostituta della Signora del Lago e venisse obbligata a ritrovare il fratello creduto morto? E se infine le due storie si mescolassero?
Le 326 pagine del romanzo scivolano leggere, scorrendo l'una dopo l'altra. La risposta ai quesiti sopra elencati e il risultato delle situazioni da essi presentati è un intreccio esilarante e ben costruito. Il libro, così, si rivela essere una piacevole lettura non troppo impegnativa, ma decisamente soddisfacente. Attenzione, però, a non confonderlo con la leggerezza fin troppo superficiale.
Ciò che si nasconde dietro le righe di quest'opera è una profonda consapevolezza. Marie Phillips sa perfettamente quello che fa, in ogni istante della sua scrittura, ed è proprio per questo che riesce a incastrare anche il minimo dettaglio, tirando le fila di tutti gli indizi da lei sparsi in precedenza.
Ho molto apprezzato anche la sua capacità di cambiare il punto di vista narrativo (che si riflette anche sulle scelte lessicali), in modo mai caotico e giustificato, scegliendo ogni volta quello più adatto al personaggio in azione. E parlando di personaggi, non è mai facile gestirne così tanti, dando a ognuno una storia, una moralità e libera capacità di scelta e d'azione; ma Marie Phillips, neanche a dirlo, ci riesce.
Molto apprezzata è anche l'interazione con il mondo arturiano. Può capitare che un particolare contesto venga utilizzato unicamente come sfondo, e non venga sfruttato nelle sue complete caratteristiche. Non è questo il caso, però. Sebbene, come accennato prima, i personaggi siano ben costruiti e agiscano sempre secondo la propria personalità e scelte individuali, la storia (o, meglio, l'intreccio di storie) acquista senso ed è possibile solo nel contesto del Ciclo Arturiano. Proprio da ciò è possibile saggiare la capacità della Phillips di muoversi in un ambiente non del tutto suo, e di mescolare ciò che già era con quel che lei inventa e aggiunge. Non solo mantiene il senso originario, riesce anche ad arricchirlo donandogli una sfumatura nuova.
Nel complesso, al romanzo assegno quattro specchi: nella sua semplicità si rivela un libro ben fatto e un piacevole sfoggio di geniale comicità.
Al giudizio finale allego la speranza dell'annuncio di un sequel. Mentirei se dicessi di non aspettare con velata impazienza la pubblicazione di un seguito.

Buona lettura!



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