Vorrei sapere quando ti ho perso -Joyce Lussu
Vorrei sapere quando ti ho perso- Joyce Lussu
Vorrei sapere quando
ti ho perso
in
quale data in che momento
forse
quel martedì ch’ero triste
o
un mese prima d’averti visto
forse
quella domenica pomeriggio
ch’ero
allegra e parlavo troppo di me
forse
in una data remota
inesplicabile
e ignota
come
il tre marzo del millenovecentotré
Vorrei
sapere dove ti ho perso
in
che punto preciso della città
forse
davanti ad un semaforo
forse
in un bar o in una stanza
forse
dentro ad un sorriso
forse
lungo una lacrima
che
colava giù per una guancia
forse
tra le aureole gialle dei lampadari
sospese
nella nebbia dei viali.
Vorrei
sapere perché ti ho perso
il
motivo la necessità dell’errore
forse
perché non c’è tempo
o
perché c’è stato l’inverno
e
adesso viene la primavera
ma
con tanto poco sole
tra
i muri d’acciaio e cemento
che
tremano per il rumore
delle
macchine, delle fabbriche, degli ascensori.
Ma
non voglio sapere che ti ho perso
che
ti ho perso e dove e quando e perché.
Ed è con
questi versi semplici e carichi di malinconia della grande poetessa, scrittrice
e partigiana Joyce Lussu che voglio cominciare questa sezione dedicata alla
poesia del nostro blog.
Personalmente
sono un’amante della poesia, e i versi che adoro sono quelli che attraverso la
loro incisività, semplicità, e intensità riescono a lasciare un segno, a
muovere qualcosa dentro me.
Sono venuta
a conoscenza di questa poesia ormai alcuni anni fa, alle superiori, durante un’assemblea.
Era stata invitata un’attrice che aveva letto questi versi e ricordo che mi
avevano incantata.
La poesia
parla di un amore che finisce, è la voce di una donna, sommessa e malinconica, che
si chiede in quale momento, in quale luogo e perché, ha perso chi amava. L’incisività dei versi a
mio parere deriva dalle immagini comuni alle quali si affiancano domande che
rimangono vuote di risposte. Forse perché risposte non ce ne sono, perché l’amore
finisce. E basta. Fugge via piano, silenzioso, lasciando solo il vuoto delle
risposte che mancano.
Ma il senso
del tutto si trova alla fine, nella mancata rassegnazione di quegli ultimi
versi espressa efficacemente da un’inaspettata affermativa e dal polisindeto
che rallenta l’andamento del verso, quasi come se non si volesse arrivare alla
fine della poesia, cosa che mi piace associare alla volontà di prolungare, al più
che si può, l’illusione dell’amore.
-Iris-
Commenti
Posta un commento