Recensione "Café Society"
Café Society è la nuova pellicola, scritta e diretta da Woody Allen, che proprio in questi giorni sta invadendo i nostri cinema, nonché il primo film che il famoso regista ha deciso di girare in digitale. La pellicola è inoltre stata selezionata come film d'apertura (fuori concorso) per il Festival di Cannes 2016, tenutosi lo scorso maggio.
Ambientato negli anni '30, Café Society mostra allo spettatore Bobby Dorfman, anche se poi, in realtà, la sua intera famiglia diventerà parte del racconto. Bobby, di origine ebrea, lascia la bottega del padre a New York perché pensa di essere destinato ad altro, e sbarca a Beverly Hills, dove lo zio Phil, pezzo grosso in società, gestisce una famosissima agenzia artistica, collaborando con i più famosi divi hollywoodiani. E se nel cuore del giovane protagonista New York ha ancora un posto speciale, saranno proprio gli avvenimenti da lui vissuti a Beverly Hills che cambieranno e sconvolgeranno per sempre la sua esistenza e quella di chi gli sta attorno.
Café Society è la classica commedia alla Woody Allen, di quelle che fanno sorridere e ridere lo spettatore anche se sta mostrando un omicidio, dall'ironia astuta ma mai eccessivamente sofisticata, che mostra spetti umani e a volte un po' imperfetti della quotidianità, che sono parte della realtà di ognuno di noi (che non è mai perfettamente scintillante come avviene nei film), ma che allo stesso tempo mantengono la patina di finzione cinematografica. Una commedia che scatena il riso, quindi, ma anche una commedia che, pure questa volta, in fondo lascia un po' di amaro in bocca.
Anche tra i temi ne tornano di quelli cari al regista, come il protagonista, un (falso) perdente, l'amore, l'ironia della vita... e davvero vogliamo sorvolare sul fatto che ancora una volta abbiamo dei personaggi ebrei? Eppure Café Society (il cui titolo viene spiegato all'interno della pellicola, ma di cui non svelerò niente per il continuo timore di fare spoiler) si dimostra originale, brillante, fresco. Porta ben impresso su di sé il marchio del suo autore, seppure emerge come un prodotto nuovo e mai ripetitivo.
Ho apprezzato molto anche lo sviluppo delle ambientazioni, le bellissime sceneggiature, l'attenzione ai vestiti e agli ambienti, e il colore che pervade tutto il film. Anche i personaggi meritano che venga loro assegnato il giusto spazio. Vari, caratterizzati, è impossibile non affezionarcisi, o per lo meno immedesimarcisi e capirli, comprenderli, e lasciare che le loro scelte, azioni, e le conseguenze che da essere derivino non arricchiscano almeno un poco il pubblico.
Infine, un elogio va anche agli attori, bravissimi, tra cui spiccano nomi anche più che noti quali Jesse Eisenberg, Steve Carell, Blake Lively, Kristen Stewart (che non vedevo dai tempi di Twilight e che mi ha stupito dimostrando di saper effettivamente recitare, e neanche male), e altri.
Assegno al film quattro specchi e mezzo, perché non mi sento abbastanza ferrata nel campo cinematografico per darne cinque, e Café Society merita di ricevere il massimo del punteggio dato, però, con coscienza.
Mi sono già dilungata abbastanza su questa pellicola e il web pullula di recensioni dell'ultima opera di Woody Allen. Per ciò credo sia meglio chiuderla qui, che di parole ne sono già state spese a sufficienza, e correre al cinema per immergersi in e vivere questa storia, cogliendo la possibilità di gustarla e farla propria in prima persona. Male che va, avrete visto un buon film.
Buona visione!
Café Society è la classica commedia alla Woody Allen, di quelle che fanno sorridere e ridere lo spettatore anche se sta mostrando un omicidio, dall'ironia astuta ma mai eccessivamente sofisticata, che mostra spetti umani e a volte un po' imperfetti della quotidianità, che sono parte della realtà di ognuno di noi (che non è mai perfettamente scintillante come avviene nei film), ma che allo stesso tempo mantengono la patina di finzione cinematografica. Una commedia che scatena il riso, quindi, ma anche una commedia che, pure questa volta, in fondo lascia un po' di amaro in bocca.
Anche tra i temi ne tornano di quelli cari al regista, come il protagonista, un (falso) perdente, l'amore, l'ironia della vita... e davvero vogliamo sorvolare sul fatto che ancora una volta abbiamo dei personaggi ebrei? Eppure Café Society (il cui titolo viene spiegato all'interno della pellicola, ma di cui non svelerò niente per il continuo timore di fare spoiler) si dimostra originale, brillante, fresco. Porta ben impresso su di sé il marchio del suo autore, seppure emerge come un prodotto nuovo e mai ripetitivo.
Ho apprezzato molto anche lo sviluppo delle ambientazioni, le bellissime sceneggiature, l'attenzione ai vestiti e agli ambienti, e il colore che pervade tutto il film. Anche i personaggi meritano che venga loro assegnato il giusto spazio. Vari, caratterizzati, è impossibile non affezionarcisi, o per lo meno immedesimarcisi e capirli, comprenderli, e lasciare che le loro scelte, azioni, e le conseguenze che da essere derivino non arricchiscano almeno un poco il pubblico.
Infine, un elogio va anche agli attori, bravissimi, tra cui spiccano nomi anche più che noti quali Jesse Eisenberg, Steve Carell, Blake Lively, Kristen Stewart (che non vedevo dai tempi di Twilight e che mi ha stupito dimostrando di saper effettivamente recitare, e neanche male), e altri.
Assegno al film quattro specchi e mezzo, perché non mi sento abbastanza ferrata nel campo cinematografico per darne cinque, e Café Society merita di ricevere il massimo del punteggio dato, però, con coscienza.
Mi sono già dilungata abbastanza su questa pellicola e il web pullula di recensioni dell'ultima opera di Woody Allen. Per ciò credo sia meglio chiuderla qui, che di parole ne sono già state spese a sufficienza, e correre al cinema per immergersi in e vivere questa storia, cogliendo la possibilità di gustarla e farla propria in prima persona. Male che va, avrete visto un buon film.
Buona visione!
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