Recensione: The Program di Suzanne Young
The Program è un romanzo dispotico, Young Adult.
Narra le vicende di Sloane, una normale ragazza americana,
che si trova a dover seppellire ogni emozione in modo da non essere internata
nel Programma. Da qualche tempo, infatti, si sta diffondendo un’epidemia che
porta i ragazzi tra i tredici e i diciott’anni al suicidio. Il Programma è la
cura, l’asportazione di ogni ricordo ai pazienti, che permette a questi di
poter ricominciare a vivere una seconda vita, senza più depressione.
Il problema è che la situazione di Sloane è davvero
precaria, in quanto la maggior parte delle persone al suo fianco, a partire da
suo fratello, si sono suicidate.
Pochi, ma considerevoli fatti portano, così, Sloane a
entrare in crisi.
Non può farsi vedere piangere, o provare simili emozioni
neppure dinanzi ai suoi genitori. Non può elaborare il lutto di nessuno dei
suoi cari dinanzi alla società.
Lei sa che non può ormai più sfuggire al Programma, ma è
disposta a lottare per non perdere se stessa e i suoi ricordi.
Il mio pensiero:
Innanzitutto se siete anche solo un minimo depressi vi
consiglio di aspettare a leggere questo romanzo, in quanto sino al terzo arco
narrativo (il libro è diviso in tre parti) la storia non denota un briciolo di
speranza.
Sloane è una ragazza fragile, quanto forte. Cerca
inizialmente sostegno in James, il suo ragazzo, per affrontare la morte del
fratello Brady, ma successivamente è lei a diventare il suo pilastro.
Quando è poi internata nel Programma, non si perde del tutto
d’animo. Lotta anche solo per riuscire a mantenere un ricordo, in modo da
ricontrare James.
Le trame che tesse l’autrice nel secondo arco narrativo e
che si concludono nell’epilogo (davvero bello quest’ultimo) sono le più
interessanti, quanto angoscianti e irritanti. Sloane si ritrova con sempre meno
ricordi e capisce sempre meno quel che accade attorno a lei.
I personaggi che incontriamo sono ben strutturati e
probabilmente li rivedremo anche nel secondo volume.
Comunque, sino a qui la situazione non farà che peggiorare.
La protagonista, se prima attorniata da uno sciame di
depressione e solitudine, ora non sa più chi è e l’ambiente protetto che il
Programma proclama di offrire, non lo è poi quanto dovrebbe essere…
Per tanto alla fine della seconda parte io, per prima, mi
stavo deprimendo.
Durante il terzo arco narrativo le cose vanno un po’ meglio,
ma la speranza non si sa ancora cosa sia, finché Sloane non torna a scuola, ma
a quel punto non mancano troppe pagine alla fine.
Questo racconto mi ha in parte ricordare Schegge di me,
soprattutto per il finale.
La lettura è piacevole grazie allo stile narrativo
scorrevole, ma in alcuni punti è davvero depressivo e “incompleto” sotto certi
punti di vista.
“Incompleto” psicologicamente, per quanto riguarda non i
personaggi, ma la cura in sé. La protagonista salta più sedute con lo psicologo
e fin qui tutto "a posto", il problema è che questi dovrebbero consigliare un
modo per riuscire, per mezzo anche dei famigliari, a superare i traumi. Invece
no, pare che la soluzione più comoda si quella di fare internare tutti e di
rimuovere a loro i ricordi.
In secondo luogo, probabilmente, si tratta di una
macchinazione del governo che non è in grado di gestire neppur molto bene il
Programma.
Perché se Hunger Games ci ha insegnato qualcosa su come
governare in stile dispotico è questo:
“Seneca Crane: Speranza?
Presidente Snow: Speranza. È quella l'unica cosa più forte
della paura. Un po' di speranza è efficace, molta speranza è pericolosa: una
scintilla va bene, purché sia contenuta ...
Seneca Crane: Quindi?
Presidente Snow: Quindi... vedi di contenerla...”
La speranza in questo libro manca completamente, dal punto
di vista degli adolescenti; quindi sono portati a ribellarsi( come in ogni libro di questo genere >.>). Rimpongono tutta
la loro fiducia nel riuscire ad avere i propri ricordi, ma non sempre questo
avviene, come c’è mostrato nelle prime pagine.
Senza contare che Sloane arriva a nascondere, prima di
entrare nel Programma, qualche oggetto, per riuscire ad riavere in seguito
qualche ricordo. Premessa una volta Annullata una persona, della sua vita
precedente tutti gli oggetti legati a questa vengono fatti sparire.
Ma non poteva nascondere un diario al posto di una foto?!
No, troppo complicato e avrebbe senza dubbio reso tutto più semplice. Ma poteva
appuntarsi un appunto tipo:
Brady si è suicidato, sono fidanzata con James.
Tanto difficile scrivere la sequenza degli eventi?
Lasciamo stare… la storia mi è piaciuta, anche se credo che
dal punto di vista della psicologia ci sia qualche falla, perché
tutti sanno che l’adolescenza è un’età delicata e far tenere tutto dentro a una
persona che sia un adulto o bambino non porta mai a nulla di buono.
La storia d’amore tra James e Sloane è bella quanto
struggente, e anche quando pare passare in secondo piano l’autrice ci riporta
sempre a loro due.
Lost Inside My Universe
Commenti
Posta un commento