Recensione: Wish

Salve, specchietti!

Dopo l’abbuffata natalizia ritorniamo alle nostre vecchie abitudini. Nei prossimi giorni vi farò compagnia con un bel po’ di recensioni tra prodotti vecchi e nuovi.

Ma andiamo con ordine e partiamo dalla nostra amata Disney che a fine 2023 ci ha presentato il suo ultimo classico. Sto parlando, ovviamente, di Wish.

Wish è il nuovo film Walt Disney che accoglie il pubblico a Rosas, una terra fantastica situata al largo della penisola iberica dove la brillante sognatrice Asha esprime un desiderio così potente che viene accolto da una forza cosmica, una piccola sfera di sconfinata energia chiamata Star. Insieme, Asha e Star affrontano un nemico formidabile – il sovrano di Rosas, Re Magnifico – per salvare la sua comunità e dimostrare che quando la volontà di un umano coraggio si unisce alla magia delle stelle, possono accadere cose meravigliose.

Sono anni, ormai, che sentiamo parlare di Wish. Il 62° film dei Walt Disney Animation Studios fu annunciato, infatti, già durante la pandemia, prima ancora che si cominciasse a parlare di Strange World, e da allora la campagna di marketing si è mossa per preparare la strada al classico per festeggiare i 100 anni dello studio di animazione più antico al mondo.

Una campagna marketing che ha aumentato le aspettative a dismisura. Wish doveva essere il classico che non solo celebrava un compleanno tanto importante, ma che avrebbe anche riportato ai suoi antichi fasti la casa di Topolino. Un nuovo Rinascimento, un’occhiata al nuovo senza dimenticare il vecchio.

Ecco, forse ci aspettavamo davvero troppo da un film che è ben lontano dall’essere un capolavoro, certo, ma al netto di alcuni difetti, non è poi neanche troppo male.

Cominciamo con il dire che si sente la mancanza di Once Upon a Studios (di cui trovate la mia recensione qui). Il cortometraggio, infatti, avrebbe dovuto accompagnare il film al cinema e questo avrebbe non solo dato maggior risalto a quella meravigliosa dichiarazione d’amore alla Disney e ai suoi 100 anni di storia, ma avrebbe anche avuto un ruolo simbolico, grazie a quella sequenza in cui Biancaneve, protagonista del primo classico, tendeva la mano ad Asha, protagonista di Wish. Alla casa di Topolino, però, hanno cambiato idea e il cortometraggio è stato pubblicato direttamente su Disneyplus il giorno dei 100 anni dalla fondazione (adesso lo trovate anche su Youtube in versione integrale).

La storia di Wish ruota attorno al concetto di “sogno”, argomento caro a tanti personaggi di marchio Disney. In fondo, anche lo stesso Walt amava dire “se puoi sognarlo puoi farlo”. Il film, però, mette in luce anche il lato negativo del sognare. I sogni sono una parte del nostro cuore. Se rinunciamo al nostro sogno rischiamo di essere tristi o, azzardando un termine ancora più forte, addirittura depressi. Come ben rappresentato da Simon che a soli 18 anni ha perso tutta l’energia vitale della sua giovinezza. I sogni, ci insegna Wish, si possono anche infrangere, provocandoci un dolore indicibile.

Wish è soprattutto un omaggio al passato e da questo punto di vista ha fatto, a mio avviso, un lavoro ineccepibile. L’intera pellicola è colma di riferimenti e citazioni ai classici che l’hanno preceduta. A partire dai movimenti di Asha (che personalmente mi hanno ricordato un misto tra Anna e Rapunzel), passando la sua migliore amica (fisicamente identica a Biancaneve) alla capra Valentino (che non solo richiama i vari amici animali che si sono succeduti nel corso degli anni al fianco delle principesse, ma è un chiaro riferimento alla capra di Esmeralda) a tanti, tantissimi altri esempi, alcuni palesi (sentiamo dei nomi o delle frasi molto conosciute), altri più difficili da individuare.

La stessa tecnica di animazione è un misto di vecchio e nuovo. I fondali sono in tecnica classica, sembrano uscire direttamente dai primi prodotti di casa Disney, con i fondali fatti a mano e spesso riciclati nel corso degli anni, mentre i personaggi sono animati in 3D, come ci hanno ormai abituato i prodotti più recenti (pensiamo, ad esempio, a Frozen, talmente dettagliato nell’espressività dei suoi personaggi da sembrare quasi un film).

Mi è piaciuta molto la protagonista, Asha. Ben lontana dall’essere una ragazza perfetta, a volte goffa e insicura come Anna, a volte determinata come Pocahontas, dedita alla famiglia come Mulan, legata agli amici come Raya, ben lontana dall’avere bisogno di trovare l’amore come Vaiana. Un mix del passato, insomma, ma che mantiene comunque una sua personalità unica.

Stessa cosa, purtroppo, non si può dire di Re Magnifico, a mio avviso il più grande difetto del film. Si legge un tentativo di creare un cattivo come ai vecchi tempi e in Magnifico possiamo rivedere un po’ gli atteggiamenti di Ade o Jafar, ma purtroppo non riesce a convincere appieno. È un antieroe più che un vero e proprio villain, più ridicolo che fiero. Inoltre, non c’è nessun colpo di scena. Magnifico viene presentato a inizio film come un re benevolo, ma sappiamo già dai trailer (oltre che essere facilmente intuibile dai primi minuti della pellicola) che non è affatto quello che sembra e che la sua bontà è in realtà spinta da un desiderio egoistico.

Ha tutti i torti? No. È uno di quei cattivi per cui, se ti metti dal loro punto di vista, riesci anche a trovare delle ragioni nei loro gesti e nelle loro parole. Non vuole il potere fine a se stesso, vuole solo evitare che si ripeta una situazione molto spiacevole del suo passato. È più Thanos che Scar. Anche durante la sua canzone non fa altro che chiedere un grazie per tutto ciò che fa ogni giorno per Rosas. In fondo, lui pensa solo di proteggere il suo popolo, quasi non si rende conto di farlo nel modo sbagliato.

Anche sul doppiaggio italiano troviamo questa contrapposizione tra Asha e Re Magnifico. Se Gaia, che presta la sua voce alla protagonista, è riuscita a convincermi già dai primi minuti della pellicola, lo stesso, purtroppo, non posso dire per Michele Riondino. L’ho sentito molto scollato, poco aderente al personaggio. Molto meglio, invece, Marco Marca che dà la voce al re nella parte cantata (non si poteva lasciare a lui il personaggio a 360° come successo con il Gaston live-action o dobbiamo sempre infilare a forza un talent anche se non è in grado di doppiare? Sono un filo polemica? Sì, me ne rendo conto, ma è un argomento che mi sta a cuore). Per concludere questo giro, Amadeus come Valentino è tanto ridicolo da risultare, paradossalmente credibile. Valentino è una capra (in senso letterale, non è un insulto), è una caricatura. Un doppiaggio non eccezionale non fa altro che esaltarne l’aspetto buffo (sì, tecnicamente non è il massimo, ma proprio per la natura del personaggio possiamo farcelo andare bene).

Wish, insomma, è un film con alti e bassi, che hai i suoi bei pregi, ma non nasconde i difetti. Un film che sa omaggiare il passato, ma quasi ha paura di farlo in modo completo, forse per il finto perbenismo di una società moderna dove un padre che muore davanti agli occhi del figlio nel tentativo di salvarlo (sì, Mufasa, parlo con te) sarebbe troppo traumatizzante per i bambini, quindi anche il cattivo non riesce a esserlo fino in fondo e non merita una punizione tanto crudele come la morte. Un film carino, ma a cui manda qualcosa per essere veramente bello. Un film quasi frenato, che ha quasi timore a osare troppo, andando contro lo stesso messaggio che vuole lanciare.

Per tutti questi motivi assegno a Wish i miei quattro specchi.

Alla prossima,

-IronPrincess



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