Recensione: Moon Knight
Salve, specchietti!
Oggi sono qui per parlarvi di Moon Knight,
l’ultima serie del Marvel Cinematic Universe arrivata su Disneyplus.
Sinossi:
Quando il mite impiegato di un negozio di souvenir Steven
Grant comincia a soffrire di blackout e ad avere ricordi di un’altra vita,
scopre di soffrire di un disturbo dissociativo dell’identità e di condividere
il proprio corpo con il mercenario Marc Spector. Mentre i nemici di Marc/Steven
convergono su di loro, i due devono indagare sulle loro identità complesse e
vengono catapultati in un terribile mistero tra i potenti dei dell’Egitto.
“Quello che stai per vedere ti fonderà il cervello.”
Penso che questa citazione sia il modo migliore per
riassumere la serie di Moon Knight. Se da una parte, infatti, ci troviamo
davanti al prodotto più scollegato dal Marvel Cinematic Universe di tutta la
Fase 4, dall’altra seguire le vicende del nostro protagonista e rimanere sani
di mente non sarà affatto semplice.
Ma chi è questo protagonista?
Si tratta di Steven Grant, un normalissimo impiegato in un
negozio di souvenir di Londra. Steven è sempre gentile con tutti, non si
arrabbia mai, neanche quando dovrebbe, è timido, è vegano e ha un pesce rosso
con una pinna sola. Inoltre, è appassionato di mitologia egizia.
No, forse il protagonista è Marc Spector, un mercenario
americano. Marc è burbero, sicuro di sé, non ha paura di sporcarsi le mani ed è
innamorato di Layla.
No, non sono uscita pazza. Semplicemente il nostro
protagonista soffre di un disturbo dissociativo dell’identità che lo porta ad
avere due personalità e due vite molto diverse tra loro.
Se a tutto ciò ci aggiungiamo il patto stretto con Khonshu,
il dio egizio della luna, le cose si complicano ancora di più. Perché
Marc/Steven può sfruttare i poteri del dio e assumere l’identità del supereroe
Moon Knight.
Vi siete già persi? Beh, se siete ancora tra noi, sappiate
che Marc e Steven potrebbero non essere le uniche identità all’interno di quel
corpo… Ma non corriamo troppo avanti.
Il nostro protagonista (comunque vogliate chiamarlo) è
interpretato da un favoloso Oscar Isaac. Nelle serie Marvel, più che nei film,
gli attori stanno dando grande prova delle loro abilità, e Oscar Isaac non è da
meno. Isaac riesce a interpretare le due personalità come se fossero due personaggi
completamente diversi. Tanto è sicuro di sé Marc, quanto è insicuro Steven.
Tanto è votato all’azione Marc, quanto è studioso e riflessivo Steven. Il
distacco è talmente netto che quasi ti dimentichi si tratti dello stesso
attore. Lo spettatore riesce a percepire quando si tratta di una dell’altra
personalità semplicemente dallo sguardo, dalla postura, dalla voce. Tali
differenze sono ancora più accentuate nella versione originale, con Oscar Isaac
che utilizza due accenti diversi (britannico per Steven e americano per Marc)
per le due diverse personalità.
Accanto a Marc/Steven, come abbiamo detto, troviamo il dio egizio Khonshu. Devo dire che mi sono piaciuti un po’ tutti gli dei presentati, nelle loro personalità molto “umane”, altezzosi e volubili e alcuni anche molto antipatici (sì, Osiride, sto parlando con te), ma i miei preferiti sono senza alcun dubbio Khonshu e Tawaret. Khonshu è come un bambino capriccioso che mal sopporta la presenza di Steven, l’“idiota”, come lo chiama lui. Anche Tawaret, la dea delle donne e dei bambini, è come una bambina, ma una bambina sovraeccitata, che si gasa facilmente per tutto quello che succede.
“Io sono il dio Khonshu, in cerca di un guerriero. Per essere le mie mani, i miei occhi, la mia vendetta. Per essere la mia ultima parola contro chi commette il male. Per incatenare la tua esistenza a me ed estirpare solo il peggio: coloro che lo meritano. Tu desideri la morte? O desideri la vita? [...] Dunque sorgi, sorgi e vivi ancora. Come mio pugno della vendetta. Come mio Moon Knight.”
Khonshu è un personaggio ben costruito non solo nella sua
personalità, ma anche visivamente. Ci viene mostrato poco alla volta, con un
effetto-vedo e non vedo che contribuisce a creare un ambiente cupo. Le sue
prime apparizioni, poi, sono quasi horror, specialmente la scena tra il
corridoio e l’ascensore.
Purtroppo, però non si possono tessere le stesse lodi per il
resto degli effetti visivi. Se c’è un campo in cui questa serie scarseggia,
infatti, è proprio la cgi. Tanto realistica nella raffigurazione delle divinità
(per quanto dagli aspetti poco antropomorfi) quanto orribile nelle cose più
banali. Si nota fin troppo quanto siano incollati certi sfondi o quanto certi
oggetti siano finti (un esempio per tutti i tronchi del primo episodio).
Ho invece apprezzato in modo particolare l’aspetto
psicologico della serie. Il quinto episodio, nello specifico, è a mio avviso
uno dei più belli e più profondi di tutte le serie Marvel. La malattia di
Marc/Steven viene trattata con dignità, il trauma che lo ha portato a
sviluppare la doppia personalità è ben contestualizzato e non si risparmia di
particolari, tanto da aver portato la serie ad avere un rating +16, il più alto
rating dato fino ad ora a un prodotto del Marvel Cinematic Universe.
La maggior parte della vicenda si svolge in Egitto o è in
qualche modo legata all’Antico Egitto. Dei, tombe di faraoni, piramidi, enigmi
da risolvere contribuiscono a creare un’ambiente che ricorda a tratti film come
La Mummia o la saga di Indiana Jones. Il rapporto tra Marc e
Steven, all’inizio molto burrascoso, diventa via via più collaborativo e sembra
di essere quasi in uno di quei videogiochi in cui cambi il personaggio con cui
stai giocando a seconda dell’azione da compiere: quando bisogna risolvere
qualche mistero usi Steven, quando bisogna combattere usi Marc.
Steven e Marc e… chi?
Perché una delle cose che non mi sono andate giù è il fatto che
per tutta la serie ti diano degli indizi su una possibile terza personalità.
Personalità che, però, noi non vediamo mai in azione. Capisco l’aria di
mistero, il voler far sorgere il dubbio, ma avrei gradito vedere qualcosa in
più nell’episodio finale, episodio che, a mio avviso, soffre un po’ di quel
minutaggio in meno rispetto agli altri episodi della serie ed è un peccato dopo
un’escalation che aveva portato a un fantastico quinto episodio.
Moon Knight è quindi una bella serie che, però, non ci ha creduto fino
in fondo. È un prodotto consigliato a chi si vuole approcciare per la prima
volta al Marvel Cinematic Universe o che non vuole stare dietro ai vari
collegamenti, ma è anche un prodotto per cui bisogna avere stomaco, non tanto
per la violenza fisica quanto per quella psicologica. La storia personale di
Marc/Steven ti entra dentro e ti distrugge, gioca con la mente dello
spettatore, muovendosi tra reale e immaginario, portandolo a dubitare delle sue
stesse certezze.
Per tutti questi motivi assegno alla serie i cinque
specchi.
Alla prossima,
-Iron Princess
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