Recensione: Raya e l'Ultimo Drago

Salve, specchietti!

Ci ritroviamo a pochi giorni di distanza dalla recensione di Crudelia (che, se avete perso, potete recuperare qui) per parlare di un altro prodotto Disney. Si tratta del 59° classico Disney, uscito a marzo su Disneyplus con Accesso VIP e nei cinema (nei Paesi dove erano aperti) e appena approdato in home-video e per tutti gli abbonati Disneyplus: Raya e l’Ultimo Drago.

“Raya e l’Ultimo Drago”, firmato Walt Disney Animation Studios, ci porta nel fantastico mondo di Kumandra, dove un tempo umani e draghi vivevano in armonia. Quando le forze del male giunsero a minacciarlo, i draghi si sacrificarono per salvare l’umanità. Oggi, dopo 500 anni, quelle stesse forze maligne sono tornate e spetta a Raya, guerriera solitaria, trovare l’ultimo leggendario drago per riunire regni e popolazioni divisi da tempo. Nel corso della sua ricerca Raya imparerà che non basta un drago per salvare il mondo: serviranno anche fiducia e collaborazione. “Raya e l’Ultimo Drago” vede protagonista Raya, giovane guerriera dall’acume affilato come la sua spada, e la magica, mitica Sisu, drago al femminile che spicca per autoironia. Tra i coprotagonisti troviamo Boun, smaliziato “imprenditore” di soli 10 anni, il formidabile gigante Tong e la baby-truffatrice Noi con la sua banda di Ongi.

Cari specchietti, prendete i fazzoletti perché qui si piange e anche tanto. Non temete, però, nessuna scena alla “morte di Mufasa” (anche se ci andiamo molto vicini), ma sono lacrime di gioia per il bel messaggio che fa da sottofondo al film.

Niente di romantico stavolta. Non c’è “il bacio del vero amore” che risolve ogni cosa, non ci sono principi, non c’è una love story neanche lontanamente accennata. C’è Raya, c’è una famiglia, ci sono degli amici. E sì, per certi versi ci sono anche dei nemici.

Elsa e Vaiana avevano dimostrato, nei rispettivi film, di potersela cavare bene senza alcun uomo accanto, ma erano ancora legate a un profondo senso di ricerca del proprio posto nel mondo. Raya fa un ulteriore passo in avanti nel processo di emancipazione delle protagoniste Disney. Raya, infatti, è già perfettamente realizzata sin da ragazzina. Lei è la custode della gemma del drago, così come suo padre prima di lei e tutta la sua famiglia, fin da quando, 500 anni prima, il drago Sisudatu ha sacrificato se stessa per salvare l’umanità dai Druun. Raya sa combattere e anche molto bene, lo vediamo già nella scena d’apertura (roba che per Mulan dobbiamo attendere la fine del film).

Il padre di Raya, Benja, entra di diritto tra i migliori padri dell’intera filmografia Disney (e non solo perché è doppiato da Simone D’Andrea, che adoro). Saggio come Mufasa e Fa Zhou, il capo di Cuore, una delle cinque nazioni in cui è divisa l’antica terra di Kumandra, dimostra in poche sequenze tutto il suo valore, come guerriero, come capo, come padre, ma soprattutto come uomo. È lui, infatti, il primo a insegnare a Raya che cos’è la fiducia, lezione che verrà poi ribadita dalla stessa Sisudatu.

Sisu è il personaggio che mi ha sorpreso di più. All’inizio non le avrei dato un centesimo, un drago sicuramente fuori dall’ordinario, ingenuo e a tratti stupido e sicuramente non la grande leggenda che veniva narrata, ma man mano che scorrono i minuti si apprezza il suo particolare modo di fare.

Così come si apprezzano anche gli altri personaggi, ognuno ben distinguibile nel suo carattere. Boun da Coda, all’apparenza fin troppo sicuro di sé, Noi di Artiglio, dolcissima dall’aspetto, ma una piccola criminale, il gigante Tong di Dorso, con la benda sull’occhio e una grossa ascia e infine la principessa Namaari di Zanna, una “drago-nerd” come Raya. Tutti diversi, ma tutti legati da una sola cosa: hanno perso la famiglia per colpa dei Druun.

Ed ecco che i Druun rappresentano non solo il male del mondo, ma la cattiveria intrinseca negli esseri umani. Come possono sperare di sconfiggerli quando non riescono neanche a fidarsi gli uni degli altri?

Fiducia.

Con buona pace di Mago Merlino e della sua “Questo il mondo fa girar” ne La spada nella Roccia, non c’è più l’amore al centro di tutto, ma la fiducia. Viene portata in scena soprattutto il tipo di fiducia più difficile, quella nei confronti di qualcuno che ti ha già tradito. Come fai a fidarti di nuovo quando già una volta sei stato ferito? Come affidi la tua a qualcuno che l’ha rovinata? Raya e l’Ultimo Drago tenta di rispondere a questa domanda con un messaggio forte: se non torneremo a fidarci gli uni degli altri, l’umanità e destinata a soccombere.

Dei personaggi ben caratterizzati, quindi, corredati da una buona storia e un profondo messaggio. Sembra che basti questo per rendere Raya e l’Ultimo Drago un ottimo film. Tuttavia, c’è ancora qualcosa di più: anche se lo spettatore, a volte, quasi se lo scorda, questo è un film d’animazione e l’animazione qui è a livelli altissimi. La cosa che mi ha colpito di più sono stati i capelli. Abbiamo già visto in Ribelle e Oceania come i capelli delle protagoniste non siano più quelle chiome perfette e tutte d’un pezzo che sembrano appena uscite da un salone di bellezza (perfino quando Ariel viene fuori dall’acqua), ma i capelli sono disegnati e animati indipendentemente l’uno dall’altro (pensiamo, ad esempio, alla massa arruffata di Merida. Anche in Raya e l’Ultimo Drago i capelli, così come il pelo del drago, sembrano reali.

Raya ha i capelli di un mosso indefinito. È un guerriero, non ha tempo per abbellirsi. Li doma con due treccine in cima che le permettono di vedere bene anche durante i combattimenti. Sisu, in forma umana, ha una massa di capelli senza una forma, ancora peggio del riccio perfetto di Merida. E quando si bagnano, quando il pelo del drago si bagna, sembra quasi di vederla quell’acqua, di percepire il peso di una chioma bagnata e appiccicata alla pelle. Un grosso plauso agli animatori e al duro lavoro dietro questo effetto così realistico.

Insomma, mi sembra che ormai abbiate capito che questo film non mi è piaciuto, l’ho a dir poco amato. Una scala di cinque non è abbastanza per valutarlo, ma dovrò accontentarmi di assegnargli lo specchio speciale.

Grazie, Disney, per questo nuovo classico, degno dei tuoi più grandi capolavori. Sebbene Raya e l’Ultimo Drago non sia un musical ma un film d’azione e avventura, funziona benissimo anche così. O, forse, soprattutto per questo.

Noi ci leggiamo presto perché sta per arrivare un nuovo prodotto Pixar e ho grandi aspettative.

Alla prossima,



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