Cover Reveal: Invisible Sun di Elle Eloise


Autrice: Elle Eloise
Romanzo autoconclusivo
Data cover reveal: giovedì 22 ottobre 2020
Uscita prevista su Amazon: martedì 3 novembre 2020
Link d’acquisto su Amazon: non ancora disponibile;
Formati: Cartaceo e ebook. Disponibile anche in KU.
Prezzo ebook: 1,99 euro
Prezzo cartaceo: non ancora disponibile
Info Cover: progetto grafico di Catnip Design (www.catnipdesign.it)
Numero pagine: 340 pagine circa
Genere: romance new adult
Location: Torino
Protagonisti: Edoardo Pellegrini e Fiona Mancini
Colonna Sonora: in questo libro ho utilizzato molte canzoni dei Police, da cui ho preso anche il titolo.
Sinossi ed estratto di Invisible Sun
Mi sentii improvvisamente esausto, sconfitto. «Non volevo una storia di sesso, Fiona.»
«E cosa volevi?»
Scrollai le spalle. «Baciarti.»
Mi appoggiai allo stipite della porta della mia stanza e incrociai le braccia.
«Volevo baciarti. E quando l’ho fatto ho voluto farlo ancora. E ancora. E ancora.» Deglutii, senza fiato. «Ti è mai capitato che un singolo bacio ti desse la sensazione di cadere dentro qualcuno? Sono volato giù da una cascata, Fiona, e adesso sono immerso nell’acqua fino al collo.»
Per lei, Edo è un vero eroe: come altro definire qualcuno che salva la vita di un bambino, per poi dileguarsi senza pretendere nemmeno un grazie? Lei prova da subito una profonda fiducia nei suoi confronti, ricomincia a credere che nelle persone possa nascondersi un sole invisibile che le sprona a fare la cosa giusta, a non perdere la speranza, a cercare germogli anche in terreni poco sani. Si fida così tanto di quell’introverso ragazzo con il volto ferito, da convincerlo ad affittarle una stanza del suo appartamento e a farla entrare nel suo piccolo mondo, fatto di abitudini inattaccabili, di dolorosi ricordi e di ragazze senza volto alle quali non cede mai il suo cuore.
Al primo incontro, lui paragona Fiona a un fastidioso folletto invadente, con un sorriso che emana la luce del sole, non per questo innocuo. Quando, durante una notte fatta di tuoni e di fulmini, lei ricompare proprio davanti a casa sua, fradicia di pioggia, lui non vede più soltanto il sole. Trova due lune fluorescenti al posto degli occhi, capaci di emanare pericolosi sortilegi d’amore e di fargli compiere azioni inaspettate. È così che Fiona entra nella sua vita fatta di schermi e di cancelli, di una casa vuota che ha congelato il passato e di lenzuola che hanno visto più ragazze che lavaggi. Lui non ha tempo per i sentimenti, non ha il cuore per l’amore. Eppure, inevitabilmente, il suo universo comincia a popolarsi di piante magiche che si arrampicano sui palazzi, di piccole lune che fingono di essere occhi e di liane d’oro che nascondono segreti.
Dopo la serie “How to disappear completely” e l’autoconclusivo “Close to me”, Elle Eloise torna con “Invisible Sun”, travolgente storia d’amore che fiorisce fra le mura di un vecchio appartamento torinese, quando un ragazzo e una ragazza decidono di aprire il loro cuore l’uno all’altra.
Gli altri romanzi dell’autrice:
• Romanzi autoconclusivi:
Invisible Sun, in uscita il 3 novembre 2020
Close to me, uscito il 19 maggio 2020
• La serie completa How to disappear completely (romanzi autoconclusivi):
Cuore d’inverno – How to disappear completely I: uscito il 3 giugno 2019
Come una tempesta - How to disappear completely II: 14 novembre 2019
Voci nel vento - How to disappear completely III: 6 dicembre 2019
Fino alle stelle - How to disappear completely IV: 16 dicembre 2019
Bonus Track, How to disappear completely – Le novelle: uscito il 3 giugno 2019
• Novella all’interno della raccolta Let it snow, di Vera Demes, Paola Garbarino ed Elle Eloise
Alcuni estratti da Invisible Sun:
Inutile insistere, la vita a volte girava per il verso giusto, altre volte invece ti veniva addosso. A me era venuta decisamente addosso negli ultimi due anni, e cinque mesi prima aveva fatto retromarcia per schiacciarmi meglio sull’asfalto ed essere sicura che non mi rialzassi più.
No, non ero l’eroe di cui parlavano, ero solo un codardo che il più delle volte si nascondeva dietro lo schermo di un pc o in mezzo una folla di gente e sotterrava il cuore sotto decine di amplessi con ragazze senza volto e senza futuro. Non c’era ragione per fare diversamente questa volta.
Ormai avevo smesso di cercare soli invisibili dentro i cuori della gente: alcuni sembravano esserne del tutto sforniti e gli effetti erano stati devastanti su di me. Avevo imparato che esistevano persone come mia madre, persone come chi le aveva fatto del male e persone come me, che ero stata ribattezzata Sunshine quando ero bambina e che adesso mi sentivo come un agglomerato inestricabile di nubi.
Mi scagliò addosso quel suo sorriso abbagliante e, per un attimo, mi sentii davvero come l’essere umano più fortunato della Terra e, allo stesso tempo, il più sconfitto. La odiai perché avevo improvvisamente scoperto di non essere affatto infrangibile come ero abituato a credere.
«Quindi era questo che volevi? Una storia di sesso?» La sua voce si spezzò.
Stavo per entrare nella mia stanza, ma mi fermai.
«Che differenza fa a questo punto?» chiesi voltandomi. Mi sciolsi in quegli occhi da strega, da cui spuntò una lacrima sinuosa e fluorescente. Bastò a insidiarmi ancora, a rendermi fragile, a corrodermi dall’interno, proprio io che ormai ero fatto di granito. Avevo una gran voglia di arrampicarmi nei suoi capelli serpeggianti, che nascondevano una minuscola treccia di sogni e desideri e scendevano lungo la schiena come liane d’oro. Aveva in testa una foresta, fatta di cespugli e rampicanti che all’occorrenza diventavano trappole.
Mi stai davvero dicendo che non potrò mai arrampicarmi a quella foresta fatta di capelli, Fiona? Mi stai davvero dicendo che non potrò cibarmi di quella lacrima magica?
Mi sentii improvvisamente esausto, sconfitto. «Non volevo una storia di sesso, Fiona.»
«E cosa volevi?»
Scrollai le spalle. «Baciarti.»
Riesci a crederci, Fiona? Le mie lenzuola hanno conosciuto più donne che lavaggi e io ti sto supplicando per un semplice bacio.
Mi appoggiai allo stipite della porta della mia stanza e incrociai le braccia.
«Volevo baciarti. E quando l’ho fatto ho voluto farlo ancora. E ancora. E ancora.» Deglutii, senza fiato. «Ti è mai capitato che un singolo bacio ti avesse dato la sensazione di cadere dentro qualcuno? Sono volato giù da una cascata, Fiona, e adesso sono immerso nell’acqua fino al collo.»
Eccomi, Fiona. Puoi darmi il colpo di grazia se vuoi. Un bacio o una pugnalata al cuore, credo sia lo stesso a questo punto della storia. Quelle liane d’oro sono riuscite a raggiungermi anche da lì.
«Nella mia vita non posso più permettermi di non prendere in considerazione le conseguenze delle mie decisioni.»
«I sentimenti non sono mai frutto di decisioni, Fiona.»
Hai capito, Fiona?
Ho appena parlato di sentimenti dopo averti rubato solo dei baci. Di cosa parlerò se mai riuscirò a entrare dentro di te? Non cadrò più da una cascata, ma mi ritroverò al Polo Sud.
«Per me, a questo punto, devono esserlo per forza» rispose con una voce glaciale e allo stesso tempo straziata dal dolore, lasciandomi con più domande che risposte.
Cosa ti è successo, Fiona? Ti comporti come una bambina e poi mi dici queste cose, come se stessi portando sulle spalle un’intera montagna di donne deluse, tradite, abusate, che ti schiacciano a ogni passo e ti trascinano sottoterra.
Non mi ero mai sentito così, non con una ragazza. Era come se avessi compiuto un viaggio lunghissimo e faticoso per anni e avessi appena varcato la soglia di una casa che mi aspettava da tutta la vita.
Faticavo a respirare quando mi sfiorava, mi baciava, mi faceva sentire desiderata, voluta. Mi faceva sentire come se esistessi davvero, ed era l’ultima cosa che volessi.
«Fiona» sussurrò sulle mie labbra, le palpebre serrate. «Fai l’amore con me.»
Mi mancò l’aria.
«Perché?» Era una domanda semplice, eppure fondamentale.
«Perché non riesco più a trovare una sola ragione valida per non farlo.»
Non tentai nemmeno di controbattere. Accettai le sue labbra come doni preziosi, i suoi baci mi portarono nel punto più nascosto di me stessa. Avevo la sensazione che un piccolo Edo fosse caduto nel pozzo profondo dove ero precipitata tanti mesi prima e mi avesse tirato fuori con la forza.
Eccomi, Mr Invisible, vedi? Questa sono io, con tutti i miei casini, i miei difetti, le mie imperfezioni.
Mi rubava porzioni di ossigeno e ogni grammo di volontà di respingerlo, disarmandomi di ogni reticenza. Lentamente, mi tolse la felpa e la maglietta. Io gli sfilai i pantaloni. Strato dopo strato ci mostravamo per ciò che eravamo: due ragazzi spaventati che per un solo misero instante non volevano più sentirsi soli al mondo.
Volevo possederla come non avevo mai posseduto nessuna, desideravo consumarla e consumarmi insieme a lei, trasformarci in un ammasso schiumoso e privo di vita. Eravamo un’onda che si infrangeva sulla riva di una spiaggia. Una cascata frantumata in un’esplosione d’acqua e di energia. Eravamo la natura straripante delle montagne che ci circondavano oltre questa macchina.
 Forse sarebbe stato questo l’unico modo in cui potevamo amarci io e lei, con disperazione. Era il nostro modo di esistere, l’unico che avevamo.
Edo era il re del suo regno senza radici, radici che aveva aiutato a recidere lui stesso. Un regno silenzioso che lui aveva costruito con le proprie mani, mattone su mattone. Ci aveva messo anni a lasciare fuori il resto del mondo, senza rendersi conto che in questo modo si era murato vivo.
Fiona era stata una pianta rampicante che lentamente si era presa spazio, ossigeno, con le sue foglie, i suoi rami, i suoi fiori. Con le sue parole non richieste, i suoi maledetti sorrisi fatti con pezzi di sole. Con le sue lacrime fluorescenti. Con quei baci che mi avevano fatto agire da pazzo. Era una piccola strega, un demonio di cui proprio non riuscivo a liberarmi e di cui avevo addirittura creduto di aver bisogno.
No, non potevo assolutamente convivere con una fottuta pianta rampicante.
Forse il punto cruciale di tutta la questione non era che uno come me non potesse stare con una come lei, ma se uno come me fosse davvero certo di non “volere” una come lei.
Avevo sempre dispensato sorrisi a tutti, tranne che a me stessa, ignorando il vuoto che dentro si stava prendendo sempre più spazio. Fino a non lasciare niente, solo il guscio. Un bel guscio vuoto e una faccia sorridente.
Come avevo fatto a ridurmi così?
«Non meritavo questo» mormorò a un certo punto.
«No.»
Come poteva aver pensato, anche solo per un secondo, di averlo meritato?
«Io merito di sognare di avere una bella vita, come tutti gli altri.» Aveva quasi una voce da bambina, un’aria smarrita e sognante.
«Ti meriti tutto, Fiona.»
«È giusto che io sia amata, vero? Io voglio essere amata.»
«E allora cerca di amarti un po’ anche tu.»
Tu sei amata, Fiona. Non lo vedi?
Sono stato un codardo, ma ora sono qui.
Non Elia, non quel tizio che ieri sera era in questa stanza.
Ci sono io qui a stringerti e a ricomporre tutte le parti di te stessa disintegrate su questo pavimento.
«Perché non mi vuoi, Edo?»
La guardai, voltandomi di lato. Come facevo a mentirle ancora dopo tutto questo? Di fronte a questi occhi sperduti che imploravano di amarla nel modo in cui lei amava me?
«Sinceramente, Fio, non lo ricordo nemmeno più.» Sigillai questa piccola confessione con un bacio sulle labbra. E poi rincarai la dose con un altro bacio, stringendola con più forza.
La guardavo dall’alto, muovendomi sulle ginocchia con tutta l’energia che sentivo addosso, desiderando di attraversarla con tutto il corpo, anima compresa.
E cuore.
Soprattutto cuore.
Ormai ero solo cuore.
Un cuore infinito che pulsava nella mia bocca mentre la divorava, nelle mie mani appena la toccavano. Mentre ci univamo a realizzare con i fatti ciò che provavamo ormai da tempo.
Inutile pensare al dopo, non c’era fine in questo sentimento: era come voler tenere un pezzo di oceano fra due mani a conchiglia. Sarebbe esondato da ogni lato. Meglio riversarlo nel resto dell’oceano e nuotarci dentro.
 «Mi sono innamorato di te dalla prima volta che ti ho baciata e con gli occhi mi supplicavi di non farlo» le rivelai riprendendo fiato.
Ormai avevo deposto le armi. Tutte. Anche quelle che con lei non ero mai riuscito a brandire.
Lei si immobilizzò, e con sé fermò anche il tempo, i respiri, il battito cardiaco.
«Io mi sono innamorata di te da quando a sedici anni ti avevo visto disegnare sulla panchina alla fermata del pullman.»
Ricordavo quel disegno, ricordavo quella panchina: un sole stilizzato, a forma di girandola, mezzo coperto dalle nuvole. Era una stupidaggine, uno schizzo senza importanza.
«Un sole invisibile» chiarì, in affanno.
Un sole invisibile.
Cazzo.
Eri tu quel giorno, Fiona?
Eri tu il folletto biondo e mingherlino che già mi guardava come un eroe, anche se non avevo ancora salvato bambini dai binari delle metropolitane. Eri quella vespina fastidiosa che aveva interrotto i miei pensieri bui e che, per un attimo, mi aveva fatto pensare che non fosse tutta persa la mia vita, che ci fosse ancora qualcosa in cui credere per renderla bella.
Forse mi stavo sbagliando: non ero più così sicuro che il destino non ci avesse messo lo zampino in mezzo a tutto questo caos.
Agguantammo quelle parole d’amore e le archiviammo nel nostro petto. Lei riprese a ondeggiare su di me, ma era un moto lento, sinuoso. Muoveva solo il bacino, il ventre, come una danza ipnotica. Mi portò in un posto esotico, lontano da Torino, dai suoi palazzi, dalle sue colline.
Mi stava spingendo verso i confini del mondo, in un luogo che sapeva di deserto, di sabbia, di vento e di sole.
Bruciava davvero.
Le presi due ciocche con una mano, con l’altra le afferrai la gola, costringendola a sollevare il mento e a guardarmi negli occhi. Vennero subito rapiti da quelle due lune, un paio di iridi fluorescenti in mezzo a una nebbia scura, nonostante di giorno sembrassero fatte d’ambra.
Era tornata la mia strega.
La pianta rampicante ora si era arrampicata su di me, aggrappata alle spalle con le mani, allacciata ai miei fianchi con le cosce, vincolata a me nell’intimità. Sbatté le palpebre, soggiogata dal proprio piacere. Una smorfia che la fece tornare un po’ bambina e un po’ folletto, quell’espressione che avevo notato in treno, tra Milano e Torino. Ma ora non era raggiante, era esplosiva. Era un sole molto poco invisibile, che avrebbe saputo incendiare l’intero Pianeta.
La fagocitai in un groviglio che pareva più un nodo che un abbraccio, poi ci accoccolammo per un po’, mentre il resto della stanza scompariva nel buio.
Possiamo stare qui dentro per sempre, Fiona?
Ti va?
Abbiamo il sole, abbiamo la luna, abbiamo le piante rampicanti. Prenderò l’acqua dalle tue lacrime e mi ciberò dei tuoi sorrisi.
Non ci manca niente.
Lo feci. La ridussi in polvere, la sbriciolai. Ma diventai anch’io polvere, per restare con lei ed espiare qualsiasi cosa volesse espiare insieme a lei.
Diventai niente, come lei.
Talvolta capitava che si cercasse l’infelicità come ossigeno in una caverna, per poi accorgersi che fosse gas.
«Abbiamo sprecato tanto di quel tempo a prenderci colpe che non avevamo o a dare ad altri colpe che non avevano più, che ci siamo dimenticati di vivere la nostra vita, di crescere, di perdonarci, di volerci bene.»
Era proprio così.
«Fiona, non potrai mai deludermi, nemmeno se lo volessi. Tu mi hai fatto ritrovare quel sole che credevo non esistesse più. È proprio come mi avevi spiegato tu, da ragazzina, alla fermata del pullman. Era soltanto invisibile, ma c’era. Era lì, dovevo solo spostarmi un po’ da tutte quelle nuvole, allungare il braccio per raccoglierlo con la mano e tenerlo con me.»
Si ricordava. Si ricordava ogni cosa.
«Credo che tu fossi un po’ strega già allora, sai? Senza conoscermi avevi capito che avevo perduto il mio sole, perché mia madre se n’era appena andata e io avevo rinunciato anche a mio padre. Vagavo come un orfano in mezzo a una coperta di nubi, fino a che non ho visto un raggio luminoso, che era così forte e vigoroso da essere riuscito a oltrepassarla. Dovevo solo seguirne la scia.» Chiusi gli occhi, godendomi la sua voce. «Era il tuo sorriso, Fiona. Quel giorno mi hai sorriso e ho capito che cosa avrei voluto guardare per il resto della mia vita.»
«Davvero ti ricordavi di me alla fermata del pullman?» domandò a un certo punto, quasi in dormiveglia.
«Sì, non ricordavo il tuo nome e sei parecchio cambiata, ma sì.» Sorrisi tra me e me ripensandola su quella panchina. E proprio in quel momento mi tornò in mente un dettaglio importantissimo.
«Portavi l’apparecchio» rivelai, a dimostrazione che la ricordavo eccome. «Era per questo che sembravi un sole quando sorridevi!» Sghignazzai, ricevendo in risposta un’altra gomitata.
«E io che pensavo di avere un bel sorriso.»
Era un bellissimo sorriso, Sunshine.
Era magico quel sorriso, come oggi sono magici i tuoi occhi fluorescenti mentre fai l’amore come una strega, implorandomi col tuo corpo di amarti.
Non serve implorare, credimi.
Sollevai il mento al cielo.
Era uno spettacolo incredibile quello scorcio notturno di Torino, una vallata di palazzi e di luci da cui si intravedevano piccoli microcosmi incandescenti con madri, padri, nonni e bambini. Ognuno con la propria storia, ognuno con la propria minuscola vita.
Mi domando, Fiona, cosa vedano quei padri e quelle madri quando girano la testa da questa parte.
Forse una piccola foresta magica nel cuore di un condominio, fatta di rampicanti e di fiori azzurri a forma di stella, abitata da una bellissima strega e da un cavaliere dal volto ferito, vittima di un elisir d’amore che sarebbe dovuto durare solo tre notti, ma che invece si sta rivelando come un intruglio che ha effetti nefasti senza rimedio.
Capisci, Fiona cosa hai combinato?
Hai trasformato la mia vita in una fiaba, fatta di destini, di altrettante casualità, ma anche di caos. E lo sai anche tu che nelle fiabe accadono le cose belle e le cose brutte, ma fidati, c’è sempre il lieto fine.
Fa’ che non debba mai svegliarmi, nemmeno quando le cose andranno male, perché voglio aspettare il sole insieme a te.
Altrimenti che sole sarebbe?
Persino qui, su questa amaca nel cuore della giungla, mi sento più ricco del più ricco dei re.
Anche se il tesoro più grande, lo sai anche tu, è quello che non si vede, come quel tuo apparecchio abbagliante che da ragazzina hai tentato di nascondermi in tutti i modi.
Ma io lo vidi lo stesso, quel sole invisibile dentro il tuo sorriso.
Quello che ora è anche un po’ dentro di me

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