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Recensione: Dream Productions

Salve, specchietti!

Nell’anno dell’ansia… Ehm, volevo dire di Inside Out 2, la Pixar ci regala una miniserie su Disneyplus che ci fa vedere un po’ più da vicino la casa di produzione dei sogni nella mente di Riley: Dream Productions.

 


Collocata temporalmente tra “Inside Out” e “Inside Out 2”, “Dream Productions” è la nuovissima serie ambientata negli Studios – nella mente di Riley – dove ogni notte i sogni diventano realtà, rispettando tempi e budget. Riley sta crescendo e quando i ricordi complessi necessitano di ulteriori elaborazioni, Gioia e le altre Emozioni di base li inviano alle Dream Productions. Qui, l’acclamata regista Paula Persimmon deve affrontare il suo personale incubo: realizzare il prossimo sogno di successo nonostante l’affiancamento di Xeni, un presuntuoso regista di Sogni a occhi aperti a caccia della grande occasione. Targata Pixar Animation Studios, la divertentissima serie realizzata in stile mockumentary è scritta e diretta da Mike Jones e prodotta da Jaclyn Simon.

 


Quattro episodi di appena venti minuti ciascuno ci prendono per mano e ci conducono nella mentre di Riley, facendoci conoscere maggiormente un altro dei reparti che lo compongono oltre il Quartiere Centrale: il centro di produzione dei sogni, ovvero la Dream Productions.

Il centro è strutturato come una vera e propria casa di produzione, con registi, assistenti, cameramen, attori, scenografi, ecc…

In una sorta di documentario seguiamo la regista Paula Persimmon, che ha firmato il successo “Addio al ciuccio”, ma ora che Riley è cresciuta è come se non riuscisse più a entrare in sintonia con lei e i suoi ultimi lavori sono un fiasco dopo l’altro che Riley dimentica al risveglio. Accanto a lei troviamo l’assistente Janelle, in cerca del proprio momento per lanciarsi come regista e il dolcissimo cane Melatonina.

E Xeni.

"Io eviterei di assumere qualcuno che ti dia una pacca sulla spalla. Di quella ne hai ricevute a sufficienza."

Sapevo che avrei adorato il personaggio di Xeni già dal trailer. Artista sopra le righe che si dedica ai sogni ad occhi aperti e che viene affiancato a Paula per cercare di dare una nuova verve alle sue produzioni. (E poi è doppiato da David Chevalier, che è un ottimo valore aggiunto e riesce a donargli la giusta sfumatura “snob”).

In realtà, durante la visione ho apprezzato particolarmente Janelle. Prima assistente tutto fare che ha seguito Paula in molti anni della sua carriera, poi regista alle prime armi ma con tanto talento, sembra che abbia passato una vita in secondo piano ma che adesso abbia finalmente trovato il coraggio di spiccare il volo.

"Se il sogno di stanotte non sarà il più maturo, il più geniale, il più sconvolgente, il più rivelatore, il più arcobalenante sogno che Riley abbia mai fatto, tu sarai dequalificata. Andrai al settore lapsus."

La serie utilizza parecchio linguaggio cinematografico e, se questo può essere compreso facilmente da un adulto, lo stesso non si può dire per un pubblico di bambini. La piattaforma consiglia la visione a partire dai sei anni, io azzarderei anche un paio d’anni in più, a seconda della sensibilità del singolo bambino. A volte, infatti, la visione potrebbe risultare anche noiosa per i più piccoli per tutte quelle dinamiche legate al mondo del lavoro, come le riunioni e i discorsi con il proprio capo.

Quello che invece riesce brillantemente a sviluppare la Pixar anche qui è spiegare il funzionamento della mente umana con linguaggio semplice e le metafore giuste, in modo da essere compreso da tutti.

Ho apprezzato particolarmente il finale, tanto che l’ultimo sogno mi ha fatto addirittura piangere, e ho notato subito con piacere l’easter egg di un altro successo della Pixar (non vi dirò quale. Dovete scoprirlo da soli), oltre che al ritorno del fidanzato immaginario canadese di Riley.

"Quindi dobbiamo dirci addio?"

"Diciamoci solo buongiorno."

Insomma, una serie sicuramente consigliata agli amanti del franchise e anche agli appassionati di cinema a cui do i miei cinque specchi.

Alla prossima,

-IronPrincess



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