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Recensione: Murtagh di Christopher Paolini

Salve, specchietti!

Oggi voglio parlarvi della mia ultima lettura. Si tratta di Murtagh, di Christopher Paolini.

Il mondo non è più sicuro per il Cavaliere dei Draghi Murtagh e il suo drago Castigo. Un re crudele è stato sconfitto e i due devono affrontare le conseguenze del ruolo che, a malincuore, hanno ricoperto nel suo regno del terrore. Adesso sono odiati, soli, esiliati ai margini della società. In tutto il Paese, si sussurra di spaccature nel terreno e di un vago odore di zolfo nell’aria. Murtagh intuisce che qualcosa di malvagio si annida tra le ombre di Alagaësia. Ha così inizio un epico viaggio attraverso terre conosciute o ancora inesplorate, durante il quale Murtagh e Castigo dovranno usare ogni arma a disposizione, dall’astuzia ai muscoli, per trovare e distruggere una strega misteriosa.

In questo avvincente romanzo che vede come protagonista uno dei personaggi più popolari del Ciclo dell’Eredità creato da Christopher Paolini, un Cavaliere dei Draghi deve scoprire per cosa valga la pena combattere in un mondo che l’ha abbandonato. Murtagh è il libro perfetto per entrare nel mondo di Eragon per la prima volta… o per farvi un felice ritorno.

Cari specchietti, sono tornata a casa!

Chi mi conosce sa bene quanto per me sia importante il Ciclo dell’Eredità e il mondo di Eragon in generale. La sola notizia che Christopher Paolini sarebbe tornato a narrare le vicende degli abitanti di Alagaësia, a vent’anni di distanza dal primo romanzo, mi ha colmato di gioia.

Murtagh.

Non mi ero mai resa conto di essere così affezionata a Murtagh (e a Castigo) prima della lettura di questo romanzo. Murtagh il reietto, Murtagh il traditore, Murtagh il fratello di Eragon, Murtagh il figlio di Morzan… La sua storia è sempre stata definita attraverso gli altri, tra Galbatorix che lo controllava, Morzan che stendeva su di lui la sua ombra anche dopo la sua morte ed Eragon, pronto a rubargli le luci della ribalta e a prendersi tutto il merito per la sconfitta del perfido tiranno. Non per volontà sua, certo, ma per volere del popolo. Lo stesso popolo che odia Murtagh senza mai fermarsi a chiedersi chi si celi dietro quelle dure apparenze.

"Mentre indossava l'armatura, avvertì il freddo peso familiare che gli opprimeva il corpo. Un pezzo dopo l'altro assemblò una versione di se stesso che aveva sperato di abbandonare: Murtagh figlio di Morzan. Murtagh il temibile servitore di Galbatorix.

Murtagh il traditore."

Neanche noi, da lettori, eravamo mai riusciti a scendere così nel profondo nell’animo di questo Cavaliere.

A differenza dei volumi della saga principale, questo romanzo è narrato totalmente dal punto di vista di Murtagh. Lo accompagniamo nelle sue avventure, possiamo assaporare l’intenso affetto che lo lega a Castigo (e anche a qualcun altro), ne percepiamo i pensieri e, soprattutto, ne conosciamo meglio il passato.

Christopher Paolini, infatti, non esita a regalarci tutta una serie di flashback atti a spiegare perché Murtagh è l’uomo che è diventato oggi. Così, assistiamo a quel tragico momento con Morzan che gli ha deturpato la schiena, conosciamo meglio Tornac, l’uomo più simile a una figura paterna che abbia mai avuto, lo seguiamo nella vita di corte, negli allenamenti e nei primi combattimenti. Ma non solo, perché vediamo finalmente anche quel periodo che scorre parallelamente a Eldest tra la sua presunta morte e il suo ritorno come Cavaliere. Il periodo in cui è nato Castigo. Il periodo delle atroci torture.

"Non poteva nemmeno contemplare l'idea. Allora sì che sarei un vero traditore, pensò. Non solo per la gente comune, ma anche per l'unica persona, oltre Castigo, che si fidava ciecamente di lui. Nasuada era la ragione per cui era stato in grado di spezzare le catene e contribuire alla disfatta di Galbatorix. Agire contro di lei... No. Era inconcepibile."

Ecco, una cosa che ho particolarmente apprezzato è come vengano mostrate le fragilità di Murtagh e Castigo. Cavaliere e drago, all’apparenza due esseri quasi imbattili, hanno, in realtà, delle ferite profonde che si traducono in fobie invalidanti.

C’è tanto di Murtagh, quindi, in questo romanzo, ma c’è anche tanto di Castigo. Avevamo letto molto poco di lui, lo avevamo visto perlopiù combattere al fianco del suo Cavaliere. Qui possiamo apprezzare finalmente le varie sfaccettature del suo animo. Castigo è un giocherellone ed è molto ironico. Non esita a prendere in giro Murtagh (soprattutto quando c’è di mezzo una certa regina), ma non esita neanche a preoccuparsi per lui e a essere per lui una guida saggia (anche se, purtroppo, non molto spesso ascoltata), proprio come fa Saphira con Eragon. Come ho già detto, però, Castigo ha anche delle fragilità, ha una profonda fobia che gli deriva dal periodo in cui di prigionia a Uru’baen che lo manda fuori di testa, facendogli mettere persino in pericolo la stessa vita di Murtagh.

"Il tuo cavaliere ha bisogno di te, Drago. Pensa a lui. Fallo per lui, non per te. Per gli altri possiamo essere forti."

Murtagh è un viaggio interiore nelle anime dei due protagonisti, è un percorso di accettazione di sé stessi e di guarigione, è imparare a uscire dalle mura di un isolamento autoimposto e andare incontro all’altro.

"Meglio trovare il modo di stare vicini a chi è importante per noi, anche se non è sempre facile. le api lo sanno. I lupi lo sanno. Adesso lo so anche io."

È una chiamata alle armi, in attesa del prossimo volume che, spero, riunirà i Cavalieri di Alagaësia contro il nemico comune. Ti prego, Paolini, scrivi in fretta!

Non posso che assegnare lo specchio speciale a questo romanzo e vi do appuntamento alla prossima recensione.

-IronPrincess



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