Recensione: Spider-Man - No Way Home
Buongiorno, specchietti!
Ci siamo. L’abbiamo atteso per mesi, ci siamo uniti come gli
Avengers nel chiedere alla Sony un trailer, un poster, risposte. Una domanda
capeggiava sopra tutte: “ci saranno i tre Spider-Man?”
Sì, specchietti cari, stiamo parlando di Spider-Man: No
Way Home.
Per forza di cose, e chi lo ha visto lo sa, non si può parlare
di questo film senza fare spoiler, quindi vi avviso che ci sarà una prima parte
della recensione no spoiler che potete leggere tutti, poi entreremo in una
parte densa di spoiler che vi segnalerò opportunamente.
Iniziamo dalla sinossi:
Per la prima volta nella storia cinematografica di Spider-man, viene rivelata l’identità del nostro amichevole eroe di quartiere, ponendo le sue responsabilità da supereroe in conflitto con la sua vita quotidiana e mettendo a rischio coloro a cui tiene di più. Quando chiede l’aiuto del Dottor Strange per ripristinare il suo segreto, l’incantesimo apre uno squarcio nel loro mondo, liberando i più potenti nemici mai affrontati da uno Spider-Man in qualsiasi universo. Ora Peter dovrà superare la sua più grande sfida, che non solo cambierà per sempre il suo futuro, ma anche quello del Multiverso.
Cari specchietti, ce l’abbiamo fatta. Finalmente abbiamo
avuto il film che più attendevamo quest’anno: Spider-man: No Way Home.
Ve lo dico subito, senza troppi giri di parole: questo è, a
mio avviso, il miglior film su Spider-Man mai realizzato, superiore perfino a Spider-Man:
Un nuovo universo che ai tempi vinse l’Oscar battendo la Disney e la Pixar
al loro stesso gioco.
Perché?
Ve lo dico nella parte spoiler 😉
Parlando in generale, questo film si conferma come la degna
conclusione della trilogia con protagonista Tom Holland. Il personaggio è
maturato da Spider-Man: Homecoming o, più in generale, da Captain
America: Civil War, dove lo abbiamo visto per la prima volta. Da ragazzino
che causava problemi più che risolverli (la celebre scena del traghetto con
Iron Man che gli toglie la tuta perché non è degno di indossarla) acquisisce una
graduale maturazione. È un’evoluzione del personaggio che non si limita ai
primi minuti o al massimo al primo atto di un film per poi lasciare che il
protagonista spicchi il volo, ma Peter cresce, un passo alla volta, nell’arco
di ben tre film stand-alone (senza considerare i corali).
La chiusura della trilogia ci porta a quel punto che il Peter
di Maguire aveva raggiunto già nella prima mezz’ora del suo film.
Ma non voglio dire troppo…
Il regista, John Watts, ha qui l’ingrato compito non solo di
dare una degna “conclusione” al suo personaggio, ma di dover riprendere,
sviluppare e, in qualche modo, concludere anche i personaggi dei suoi predecessori,
Sam Raimi e Marc Webb.
A tal proposito, Goblin era e si riconferma in questo film
come miglior cattivo di Spider-Man mai portato sullo schermo. L’interpretazione
di Dafoe è magistrale e Pannofino è bravissimo nel dare una caratterizzazione
vocale diversa alle sue due personalità. Il passaggio tra Norman e Goblin è
chiarissimo e si percepisce dallo sguardo ma soprattutto dalla sua voce.
Il trio Peter-MJ-Ned, poi, funziona benissimo. La ragazza e il
“tipo sulla sedia” sono e rimangono due colonne fondamentali nella vita di
Peter Parker così come di quella di Spider-Man.
Temo di non poter dire molto di più senza rischiare di
rovinare l’esperienza di chi non ha ancora visto il film, quindi sappiate che Spider-Man:
No Way Home merita assolutamente lo specchio speciale e che è meglio
se corriate al più presto al cinema a vederlo o ve ne pentirete.
Quindi, per chi non l’ha ancora visto, noi ci leggiamo alla
prossima che molto probabilmente sarà la recensione di Hawkeye.
Ciao.
Per chi ha già visto il film, invece, restate con noi perché
adesso arriva la parte più succosa della recensione:
La parte spoiler.
Bene, se siete qui è perché avete già visto Spider-Man: No
Way Home e volete sapere che cosa ne penso.
Vi ho già detto che per me è il miglior film sull’arrampicamuri
mai realizzato e vi dico anche perché:
perché è un film su tre spider-man con protagonista un solo
spider-man.
Mi spiego meglio:
Nel momento in cui si è cominciato a rumoreggiare della
presenza dei vecchi spider-man, tutti i fan erano, ovviamente, entusiasti di poter
vedere lo spiderverse (già ottimo prodotto dei fumetti e realizzato egregiamente
al cinema con l’animazione) finalmente in live-action. Il rischio, però, era di
mettere così tanta roba in questo film da rischiare di rovinare il film.
Invece, nonostante la presenza degli spider-man di Maguire e
Garfield sia importante nell’economia della storia, è il personaggio di Tom
Holland ad essere il vero protagonista della vicenda.
Lui crea il problema, lui perde zia May per un suo errore,
lui ancora una volta si rifiuta di uccidere e lui, alla fine, si sacrifica per
il bene di coloro che ama. La sua centralità si riconferma nella scena in cui
devono decidere quale dei tre debba guidare la squadra. Lui che fino ad ora ha
avuto bisogno di una spalla per poter sconfiggere i nemici (pensiamo ad Iron Man
in Homecoming, a Mysterio prima e Fury/Talos dopo in Far From Home
e a Doctor Strange nella prima parte di questo film) adesso è quello che guida
gli altri.
Da allievo diventa maestro, da pupillo diventa il mentore.
Parliamo per un attimo degli altri spider-man. Chi non ha
urlato al loro arrivo, mente.
Chi non sperava che arrivassero, mente.
Chi non si è emozionato nel vederli lavorare tutti e tre insieme,
mente.
La parte più bella è che, nonostante siano tutti e tre Peter
Parker, alias Spider-Man, sono allo stesso tempo molto diversi, ognuno con il
suo carattere e le sue caratteristiche specifiche.
Il Peter di Holland è quello più impulsivo, quello che
sbaglia di più, ma anche quello più giovane, quello che ha bisogno di una guida
per crescere.
Dall’altra parte abbiamo il Peter di Maguire, il Peter più
saggio e maturo. È uno spider-man che, come lui stesso ammette, è riuscito a trovare
un equilibrio tra le sue due vite e a superare, in qualche modo, i lutti che lo
hanno colpito (zio Ben prima e Harry poi).
Al centro Garfield, un Peter da un carattere di base più
comico, ma che si è lasciato sopraffare dalla morte della sua ragazza e si è
chiuso in se stesso, si è incattivito.
I dialoghi tra i tre sono spettacolari, in particolar modo
quello sul tetto quando il Peter di Holland è sul punto di mollare e gli altri lo
sostengono, gli fanno capire che ci sono passati anche loro e che può farcela.
Questo film è bello anche perché è puro fan-service, ma fan-service
fatto bene. Abbiamo tutto ma proprio tutto quello che avremmo voluto vedere.
Sono riusciti a ricreare ogni meme, ogni battuta dei fan e a contestualizzarla
bene. Hanno anche citato molte delle battute più iconiche dei precedenti film
(emozionante a tal proposito è l’incontro tra Doc Ock e il Peter di Maguire).
C’è tanto altro, però, oltre i tre spider-man. C’è la morte
di zia May, momento particolarmente forte e tragico che si sofferma sul dolore,
sull’incredulità e sul senso di colpa di Peter. Ci sono anche le immancabili
battute. Ci sono dei combattimenti spettacolari. In particolare, più che quello
finale, esteticamente mi è piaciuto molto di più quello contro Strange nella
dimensione a specchio. E c’è anche un cattivo di quelli che raramente si
trovano in un prodotto del genere.
Goblin diventa un vero cattivo per il Peter di Holland. È lui
a uccidere zia May, è lui che per la prima volta fa desiderare a Peter di
uccidere qualcuno. Goblin ben presto si dimostra essere lì non tanto in
funzione di Maguire, ma come avversario di Holland.
Un’ultima cosa che mi è piaciuta è stato il riscatto dato al
Peter di Garfield. Ammetto che i due Amazing non mi avevano fatto impazzire,
anzi ero riuscita a rivalutarli solo di recente, ma qui Garfield dimostra tutte
le sue abilità di attore e il suo personaggio ha un grosso spessore, dettato
anche e soprattutto dal ricordo della morte di Gwen (la scena del salvataggio
di MJ ne è l’apice). Se adesso mi dicessero che sta per uscire un nuovo Amazing
Spider-Man, sarei la prima a correre al cinema.
E ovviamente correrò al cinema per la prossima trilogia dello
spider-man di Holland già annunciata. Uno spider-man che, come abbiamo visto
negli ultimi secondi del film, ha raggiunto lo spider-man classico, dei
fumetti, quello squattrinato, che vive da solo, che ha un costume cucito a mano
e che, possibilmente, lavora al Daily Bugle.
Il film non è perfetto. Ha qualche difetto qua e là che
poteva sicuramente essere gestito meglio, ma nel suo complesso l’esperienza, ciò
che il film trasmette allo spettatore, supera di gran lunga tutte quelle cose
che a mente fredda potrebbero far storcere il naso, ecco perché, come già
detto, gli assegno senza indugio lo specchio speciale.
Alla prossima,
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