Recensione: Come per disincanto - E vissero felici e scontenti
Buongiorno, specchietti!
Siete pronti per tornare nel mondo fatato? Oggi parliamo di Come
per disincanto – E vissero infelici e scontenti, sequel del celebre Come
d’incanto, in streaming su Disneyplus.
Dopo quindici anni del matrimonio Giselle è delusa dalla vita
in città, così decide insieme a Robert di cercare nella placida comunità di
Monroeville una vera vita da favola per la loro famigliola in crescita.
Purtroppo il trasloco non si rivela la soluzione sperata: in periferia ci sono
nuove regole e una reginetta locale, Malvina Monroe, che la fa sentire ancora
più fuori posto. Frustrata dal fatto che il suo “per sempre felici e contenti”
sia così difficile da trovare, Giselle chiede aiuto alla magia di Andalasia,
trasformando senza volerlo l’intera cittadina in una fiaba e mettendo a
repentaglio il futuro della sua famiglia. La nostra eroina dovrà correre contro
il tempo per annullare l’incantesimo e capire cosa significhi davvero “per
sempre felici e contenti” per lei e i suoi cari.
Se quando qualcuno dice «che fai per dirle che l’ami?»
cominciate a ballare e cantare, ripensando alla più grande scena di ballo mai
girata a Central Park, allora siete nel posto giusto.
Sono passati ben quindici anni (eh, sì, siamo vecchi) da
quando Giselle è stata catapultata dal mondo di Andalasia direttamente nella
trafficata New York. Ma, soprattutto, da quando è caduta, letteralmente, tra le
braccia di Robert.
Adesso Giselle, Robert e la “piccola” Morgan, che nel frattempo
è diventata un’adolescente, tornano sui nostri schermi con questa nuova
pellicola e… sinceramente, potevamo farne a meno.
La storia si svolge nel paesino di Monroeville che, a causa
di un desiderio, viene trasformato nel regno fatato di Monroelasia. Sentivamo
veramente il bisogno di vedere l’ennesimo film ambientato nell’ennesimo regno
delle fiabe con gli ennesimi cliché ripetuti all’infinito? Spoiler: no. Perché
la forza del primo Come d’incanto era proprio il contrasto tra Giselle,
sbucata dalle favole, e la dura realtà di New York. Se togliamo il mondo reale
dall’equazione, il film, inevitabilmente, crolla.
La pellicola è piena, anzi stracolma di riferimenti a molti
altri film del mondo Disney (La bella addormentata nel bosco, La bella e la
bestia, Rapunzel, Cenerentola, Hercules, persino L’apprendista
stregone). All’inizio essi sono piacevoli, anzi è perfino divertente
cercarli, ma a un certo punto diventano troppi. È come se la storia
perdesse la sua identità e vivesse del riflesso delle altre storie. Certo, fa
comodo che il film sia stato distribuito direttamente su Disneyplus. È
come se ti volessero suggerire che cosa guardare una volta terminata la visione
di Come per disincanto. Una pubblicità occulta di cui, francamente, la
Disney non ha bisogno.
Ma, d’altronde, la trama del film è banale e prevedibile in
ogni dettaglio. Non ci sono mai dei veri e propri colpi di scena. Tutto va per
come deve andare. Persino la cosa più sorprendente puoi benissimo immaginartela
già a inizio film.
Anche i personaggi subiscono una sorta di appiattimento che
li approssima all’inutilità. Sophia, la figlia di Giselle e Robert, non ha ragione
di esistere. La parte di trama che è qualche modo legata a lei (il dover
cercare una casa più grande, l’arrivo della bacchetta magica) poteva essere
facilmente giustificata in altro modo. Da un certo punto in poi, ci si
dimentica della bambina (solo io mi sono chiesta se stesse bene durante la
battaglia finale?)
Il personaggio che più mi ha deluso, però, è stato Robert. Il
principe della vita reale di cui c’eravamo tutte innamorate nel primo film
viene qui brutalmente ridicolizzato. Diventa una caricatura di Edward che a sua
volta è già una caricatura del principe delle favole. Dov’è finito l’uomo che
“non balla e che non sa cantare”? Perché creare un sequel a distanza di così
tanto tempo solo per rovinare del tutto il protagonista? Sarebbe stato meglio
non inserire Robert nel sequel. Sarebbe stato meglio non farlo affatto questo
film.
Persino la canzoni, seppur siano state scritte da Alan
Menken, la mente geniale dietro gran parte delle canzoni del Rinascimento
Disney, risultano… anonime. Il loro motivo sa di già sentito, non ti entrano in
testa, non ti viene da canticchiarle. L’unica che spicca un po’ di più sulle
altre è il duetto tra le due cattive del film, giusto perché ha delle sonorità
diverse, ma non basta a promuovere la colonna sonora.
Vi starete chiedendo, a questo punto, se c’è qualcosa di
positivo in questo film. Sì, in realtà c’è. In parte è Morgan che anche qui ha
il ruolo da co-protagonista. Riesce, seppur con alti e bassi, a farsi valere
nella storia, a dare una propria impronta.
Poi c’è lei: Giselle. Amy Adams fa un ottimo lavoro sulla
dualità di Giselle in questo film. Mi è piaciuta tantissimo come personaggio,
mi è piaciuto come è stata scritta, come è stata interpretata. La Adams riesce
a differenziare i momenti in cui Giselle è se stessa da quando impersona la
matrigna.
Un’altra chicca che ho apprezzato e che è riservata al solo
pubblico italiano è la presenza degli storici doppiatori della regina cattiva e
dello specchio della serie C’era una volta che qui ritornano nei loro
ruoli. È un easter egg che non ingombra e che risulta più piacevole degli
ostentati riferimenti al mondo Disney di cui parlavamo poco prima.
Insomma, un film che poteva essere godibile e che ci ha fatto
aspettare fin troppo, ma che non riesce a soddisfare il suo compito.
Assegno 3 specchi e mezzo a questa pellicola e vi do
appuntamento alla prossima,
-IronPrincess
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