Recensione "dramosa": My Ahjussi
Benvenuti, cari Specchietti, nel
mondo dei Drama asiatici.
Cominciamo questa nuova avventura
assieme con una visione che per me si assesta nell’Olimpo dei K-Drama, ovvero
quelli made in Corea.
TITOLO: My Ahjussi (lo trovate anche come My Mister)
NAZIONE: Corea del Sud
ANNO: 2018
EPISODI: 16 - Durata 1 ora 17 min
(media)
DOVE TROVARLO: www.viki.com
TRAMA:
Non è facile ammettere a se stessi
che la propria esistenza non sia felice, ma è esattamente quello che Park Dong
Hoon (Lee Sun
Gyun) ha dovuto fare. Ingegnere di mezza età impiegato in un'azienda dove
il più giovane compagno di università, Do Joon Yeon (Kim Young Min),
è il suo capo, Dong Hoon è tutt'altro che felice. Ma questo è l'ultimo dei suoi
problemi. Con i suoi due fratelli disoccupati che vivono da lui con la madre,
deve fare il possibile per aiutare la sua famiglia in difficoltà, cercando di
tenere insieme la propria vita. Nel frattempo, sua moglie e Joon Yeon hanno una
relazione segreta.
Come se la vita non potesse
diventare più complicata o infelice, Dong Hoon si trova presto invischiato in
una situazione complicata quando uno dei suoi collaboratori, Lee Ji An (IU) lo vede accettare
un'inaspettata tangente al lavoro. Vivendo con la nonna invalida e affogando
nei debiti, Ji An sta annaspando nella sua triste vita, così, quando si
presenta l'occasione, fa il possibile per cercare di migliorare le cose.
Sfruttando Dong Hoon nel suo momento di debolezza, Ji An fa quello che può per
migliorare la sua vita, ma le cose non vanno come previsto.
Intrappolati in una rete intricata
di battaglie personali e rivalità aziendali, Dong Hoon e Ji An si trovano a
combattere per la possibilità di migliorare la propria vita mentre lottano per
liberarsi dalla loro sofferenza e trovare un modo per guarire le ferite che
ognuno di loro porta con sé.
Un racconto emozionante pieno di
sofferenza, speranza e guarigione, "My Ahjussi" è un dramma del 2018
diretto da Kim Won Seok.
Avevo già provato a vedere My
Ahjussi due volte. In entrambe le occasioni lo avevo droppato al secondo
episodio. «Troppo lento», «’Sti due non aprono quasi mai bocca», «Mi viene da
dormire».
D’altra parte, però, mio marito,
che fino a pochi mesi fa mi prendeva in giro perché guardavo i “Coreani” e che
ho invece poi convertito, continuava a ripetermi che ne valeva davvero la pena.
Che My Ahjussi era uno di quei drama capaci di entrarti sotto pelle, che, alla
fine, avrei provato nostalgia per ogni personaggio. E detto da uno che lo aveva
già visto tre volte… Poi, in rete, spulciando un po’, mi sono accorta che non
era l’unico a pensarla in quel modo. Il problema, quindi, doveva essere solo
mio.
Perciò, marito al fianco – come
privarlo della sua quarta visione? – ho riaperto Viki e mi sono decisa: sarei
arrivata all’ultimo episodio.
E meno male che l’ho fatto! Perché
My Ahjussi è un capolavoro, un gioiellino del made in Corea che non può passare
inosservato.
La storia è all’apparenza
semplice, ma episodio dopo episodio si arricchisce di particolari, tessendo una
trama sempre più fitta che porta le vita dei personaggi principali e non a
intrecciarsi tra di loro.
Park Dong Hun (Lee Sun Kyun) è il
capo reparto in un ente governativo che si occupa di progettazioni e
costruzioni edili. Nello specifico, il nostro protagonista si occupa del
settore sicurezza.
Stagista nella Saman E&C è Lee
Ji An (IU) giovanissima ragazza con alle spalle un’infanzia e un’adolescenza
difficilissime, che braccata dagli strozzini deve pensare a se stessa e alla
nonna sordomuta, gravemente ammalata.
Quando Park Dong Hun riceve una
busta contenente dei buoni monetari, chiaro tentativo di corruzione, Lee Ji An
vede l’occasione giusta per risolvere i suoi problemi finanziari.
My Ahjussi, però, non è solo
questo.
Dietro gli intrighi di potere, il
tentativo di molti di arrivare in vetta alla Saman E&C e le difficoltà di Lee
Ji An, c’è anche e soprattutto la storia di un gruppo di amici e di tre
fratelli (Park Dong Hun, Park San Hun e Park Ky Hun) che inseguono la felicità.
Perché si può essere soli anche in
mezzo alla gente. Perché la vita spesso diventa rumore di sottofondo mentre
cerchi di non annegare nell’apatia, nei giorni tutti uguali, nella stanchezza
dell’anima più di quella del corpo.
Così, mentre Park Dong Hun cerca
di difendersi dalle accuse che gli vengono mosse sul lavoro e Lee Ji An prova
semplicemente ad arrivare viva in fondo alla sua giornata, conosciamo i
tormenti di Park San Hun (Park Ho San), i sogni infranti di Park Ky Hun (Song
Sae Byeok), il cuore spezzato di Jung Hee (Oh Na Ra). E non puoi fare a meno di
amarli tutti, dal primo all’ultimo.
Un viaggio introspettivo unico nel
suo genere, capace di toccare le corde più profonde dell’animo e che, se
percorso con il giusto spirito, pone domande a cui, a volte, abbiamo perfino paura
di rispondere. Oltre a dare un chiaro spaccato della società coreana e del modo
a volte rigido, ma sempre profondo e accorto, di vivere i rapporti
interpersonali.
Non mancano, poi, momenti più
divertenti, addirittura esilaranti, soprattutto quando sulla scena entra Park
Ky Hun, il più piccolo dei tre fratelli. Personaggio, il suo, che conquista la
palma di mio preferito.
OST semplicemente meravigliosa,
azzeccata in ogni nota, in ogni parola sussurrata o urlata contro il cielo.
Consiglio a tutti di ascoltare “Raimbow”
di Vincent Blue, forse la canzone che meglio rappresenta questo drama:
“Come al solito tutti si dirigono
nello stesso posto, come lancette che girano senza far rumore. Su quella strada
infinita, laggiù, un solo punto passa a malapena. Fino alla fine della mia
giornata, oggi sto di nuovo inseguendo l’arcobaleno.”
Specchietti, sono riuscita a
convincervi?
Inutile dirvi che assegno a My Ahjussi il massimo dei voti con il nostro Specchio speciale.
Alla prossima visione dramosa, la vostra Irish Girl.
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