Recensione: Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli
Salve, specchietti!
Oggi sono qui per parlarvi del venticinquesimo
film del Marvel Cinematic Universe, ovvero Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli, attualmente in sala.
Trama:
In “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci
Anelli” dei Marvel Studios, il protagonista Shang-Chi deve affrontare il
passato che pensava di essersi lasciato alle spalle quando viene trascinato
nella rete della misteriosa organizzazione dei Dieci Anelli. “Shang-Chi e la
leggenda dei Dieci Anelli” è diretto da Destin Daniel Cretton e prodotto da
Kevin Feige e Jonathan Schwartz, con Louis D’Esposito, Victoria Alonso e
Charles Newirth, come produttori esecutivi. Dave Callaham & Destin Daniel
Cretton & Andrew Lanham hanno scritto la sceneggiatura del film, la screen
story è di Dave Callaham & Destin Daniel Cretton.
Siamo, ancora una volta, all’interno
della Fase 4 del Marvel Cinematic Universe e ancora una volta i
Marvel Studios ci conducono per mano attraverso un nuovo genere
cinematografico. In questo caso si tratta del wuxiapian, ossia i film di
arti marziali cinesi (avete presente i film come La Tigre e il dragone o
La foresta dei pugnali volanti?)
Protagonista della pellicola è, ovviamente,
Shang-Chi (ricordate questo nome perché, secondo me, è destinato a fare grandi
cose tra gli Avengers). Shang-Chi è il figlio di un potente criminale, Wenwu. Wenwu
è stato conosciuto nel corso dei secoli con tanti nomi, ma più famoso di lui è
sicuramente il suo esercito: i Dieci Anelli.
Sì, ricordate bene. Parliamo proprio
dei Dieci Anelli che in Iron Man 3 erano guidati da un finto, fintissimo
Mandarino.
Bene, dimenticatevi di lui o, meglio,
tenetelo in un angolo della mente, perché Wenwu è molto diverso.
Shang-Chi è stato addestrato da suo
padre a diventare uno spietato assassino, ma, giunto all’età di quattordici
anni, lui ha detto di «no» a quel mondo e ha cercato una nuova vita in America,
dove ha conosciuto Katy. Dieci anni dopo, però, quel mondo è venuto a reclamarlo.
Lo stile della pellicola, come già
detto, è quello dei wuxiapian, ma non solo. Parte del film è ambientata
in un contesto urbano, con combattimenti tra autobus in corsa e impalcature che
crollano dai grattacieli. Nell’ultima parte, invece, ci si muove verso degli
scenari un po’ più fantasy.
Simu Liu è promosso a pieni voti nei
panni del protagonista. Shang-Chi è un personaggio dalle diverse sfumature. Buon
amico, ma anche assassino, figlio devoto, ma anche disposto a mettersi contro il
padre per un bene più grande. Il personaggio matura nel corso del film fino a
prendere piena consapevolezza dei suoi nuovi poteri. Al termine del film,
Shang-Chi è un eroe molto potente che vedrei molto bene al fianco degli altri
Avengers (e non vedo l’ora che succeda).
Dall’altra parte abbiamo Wenwu, entrato
di diritto tra i migliori cattivi del Marvel Cinematic Universe, anche
se non me la sento di definirlo propriamente un «cattivo». Lo era, prima.
Potrebbe essere definito come un cattivo «alla Loki». Le sue motivazioni, in
fondo, sono nobili e anche lui ha una sorta di maturazione nel corso del film,
ma non voglio dire altro in merito.
Un altro personaggio che mi ha piacevolmente
colpito è Katy. Katy è la spalla divertente, una sorta di «Darcy» asiatica,
quella che non c’entra nulla del contesto «superoistico», ma riesce comunque a
trovare il suo spazio nella storia, dominando totalmente la parte comica.
Al di là della storia che può
sembrare per certi versi anche scontata (ma perfettamente normale nel contesto
di un film d’origini), la vera forza di questo film sono le scene di combattimento,
in uno stile wuxiapian miscelato con i film di Jackie Chan. A esse va
aggiunta dell’ottima CGI che, paradossalmente, mi è sembrata più accurata nella
parte finale, tra creature fantastiche e potere dei dieci anelli spinto al massimo,
che nella prima parte di contesto urbano.
Sono rimasta un po’ delusa da Death
Dealer, personaggio assolutamente inutile all’interno del film (molto meglio
Razor Fist) e da Abominio, la cui presenza anticipata nel trailer è molto limitata
e lascia in realtà più domande che risposte. Speriamo che le risposte arrivino
presto, insieme a quelle che riguardano la prima scena dopo i titoli di coda e
lì di domande ce ne sono parecchie (n.d.r. assicuratevi di rimanere in
sala fino alle fine perché le scene dopo i titoli sono due).
Insomma, specchio speciale per un
ottimo inizio di franchise e per l’introduzione di questo nuovo personaggio in
un prodotto che si assicura di diritto un posto tra i migliori stand-alone del Marvel
Cinematic Universe.
Alla prossima,
Commenti
Posta un commento