Recensione doppia: Viraha - La strada che mi porta da te di Marika Vangone

 


Trama: India, Anno 2122 - Jaya vive in un tempio di sole donne, è lì da quando ne ha memoria e viene allevata, educata e indottrinata, assieme alle sue compagne, con un unico scopo: essere vendute a un uomo. Lei e le sue compagne non valgono niente, sono oggetti, involucri da riempire o gioielli da mostrare.

Il seme della ribellione, però, si insidia nella coscienza di Jaya quando i suoi occhi incontrano quelli di Kalidas, giunto al tempio per comprare una moglie al fratello. Kalidas viene rapito dalla sua bellezza e non può fare a meno di comprarla e di portarsela a casa, anche se sa che non potrà mai essere sua. Kalidas e Jaya non sono come gli altri e credono in un mondo migliore, un mondo dove tutti possono esprimersi liberamente e dove le donne sono libere di leggere, di ridere, di viaggiare e di scegliere la propria anima gemella.

 

"In un mondo dove chi non rispetta le regole viene punito con la vita, riuscirà la Libertà a far sentire la propria voce?"

 

Viraha – La strada che mi porta a te è il primo volume di una dilogia distopica dalle tinte femministe che vuole denunciare la violenza e dimostrare che l’amore, in tutte le sue forme e la forza del coraggio, possono tutto contro un mondo corrotto.

 

Recensione di Mil Palabras:

Ciao Specchietti! Come state?

Io e Irish Girl siamo di nuovo insieme oggi per parlarvi di Viraha – La strada che mi porta da te, il nuovo romanzo distopico di Marika Vangone, la nostra Boss.

 

Personalmente, sono molto affezionata a questa storia, sapete che io e Marika gestiamo il blog e il gruppo Facebook insieme e ci sentiamo spessissimo durante la giornata, ci scambiamo idee, opinioni, ci mandiamo estratti dei nostri romanzi e ci confrontiamo sulle recensioni scritte o da scrivere, insomma, questo per dirvi che ho visto nascere questa storia, l’ho vista trasformarsi da un’idea astratta ancora dai tratti confusi a una vera a propria storia affascinante, coinvolgente, diversa da quello che siamo abituati a leggere di solito.

Viraha non è solo un romanzo, una storia d’amore, un distopico, Viraha, almeno secondo il mio punto di vista, è molto di più: è filosofia, è critica, e ribellione, è una voce che grida “Libertà”.

 

Jaya è cresciuta in un tempio di donne, è stata allevata, educata e istruita con l’unico scopo di assecondare e obbedire all’uomo che deciderà di comprarla. Non è libera di vestirsi come più le aggrada, non può scegliere cosa leggere, che musica ascoltare; non può muoversi dal tempio senza autorizzazione, non è padrona della sua vita.

 

Kalidas è una voce fuori dal coro, fratello minore di una famiglia molto influente, sa di vivere in un mondo malato, fatto di regole assurde che costringono tutti, anche gli uomini a essere prigionieri. Ed è proprio per obbedire a un ordine del fratello che Kalidas incontra gli occhi di Jaya e capisce di essere destinato a soffrire per sempre imprigionato nelle sue catene.

 

L’attrazione che provano Kalidas e Jaya l’uno verso l’altra è impossibile e proibita contro la legge eppure, quando non si ha via d’uscita, l’unica soluzione è cercare di sovvertire il sistema rompendo quegli schemi sbagliati, ingiusti e retrogradi.

#Breakthechains non è solo l’hashtag ufficiale del romanzo, ma è anche il messaggio che Marika ci lascia con la sua ultima opera: la voglia di combattere per i propri diritti, di rompere le catene che ci impediscono di volare e di seguire le nostre inclinazioni e lo fa con lo stile che conosciamo già, quello estremamente poetico, emozionante, talvolta crudo e mai scontato.

Viraha – La strada che mi porta da te è un romanzo che emoziona e fa riflettere, ci mette davanti a una realtà che non ci è poi così sconosciuta.

Ho amato questo romanzo e spero che gli darete una possibilità anche voi perché è una storia che è in grado di toccare le corde più intime del vostro cuore.

E ore, Marika, sbrigati a scrivere il secondo volume della dilogia!


 

Io vi lascio alla recensione di Mari e vi auguro una buona lettura!

La vostra Mil Palabras vi abbraccia


Recensione di Irish Girl:

Bentrovati, Specchietti.

Oggi io e MilPalabras vi proponiamo una doppia recensione portandovi nel futuro, precisamente tra cento anni, in quel mondo nuovo e per certi versi oscuro creato da Marika Vangone con Viraha – La Strada che mi porta a te.

 

Viraha è l’amore che scoppia all’improvviso, proprio quando ormai non si può far niente per tenere l’amato con sé.

Viraha è quando tu e l’altra metà della tua anima siete così vicini da potervi toccare e improvvisamente la terra trema, cedendo proprio nello spazio tra i vostri corpi e provocando una frattura così grande e profonda da non poterla aggirare.

 

Ma Viraha non è solo la storia d’amore tra Jaya e Kalidas.

Viraha è prima di tutto, come ci dice Marika, la storia di una guerra. Una guerra combattuta con armi ben più potenti di un mitra o di una bomba. Una guerra combattuta con il silenzio – quello a cui sono obbligate le donne –, con la sottomissione – delle donne –, con l’annichilimento – sempre delle donne.

Per spiegarvi questa guerra giocata ad armi impari, però, dobbiamo partire dall’inizio.

Anno 2122: il nostro mondo non è più quello che conosciamo e, forse, è addirittura peggio. Peggio di quello che ci ha abituati alla cronaca di ogni giorno: stupro, violenza, femminicidio. Odio. Misoginia. Razzismo.

Peggio di quello che vuole, ancora oggi, le donne ridotte a un oggetto da manipolare, mostrare, annientare con le parole e con gli schiaffi. Perché in questo nuovo e futuro mondo le Mahila (ragazze) vengono vendute come un sacco di patate, anzi meglio, come un cucciolo che fa mostra di sé in vetrina, per cui firmiamo un atto di compravendita, a cui mettiamo un cip, a cui diamo il nome che preferiamo.

 

Si chiama Jaya. Se vuole, però, può cambiarle nome, signore.

 

Ed è in questo nuovo mondo che Jaya muove i suoi passi. E sempre in questo nuovo mondo che Kalidas si reca al Tempio per acquistare una moglie per suo fratello Bashkar.

Due figure, quella di Jaya e Kalidas, che in questo nuovo e strano mondo si muovono con difficoltà, che non accettano le regole imposte, che provano orrore e disgusto per la società che li circonda.

Due figure che incrociano la loro strada per caso e che saranno, l’uno per l’altra, speranza e disperazione, amore e odio, salvezza e dolore.

 

«Può sedersi in sala d’attesa e attendere che la sua Mahila sia pronta.»

«Non è mia… È di mio fratello» dico di nuovo.

«A noi non importa. Potrebbe pure comprarla e ucciderla da qui a un secondo. Ormai ha pagato.»

“Ormai ha pagato”, come se i soldi avessero il potere di porre fine a una nuova vita, come se fosse normale farlo.

 

Jaya e Kalidas non possono fare come gli altri: non possono abbassare gli occhi di fronte ai morti. Non possono accettare che tutto questo sia “accettabile”. Non possono piegarsi a quella “normalità” fatta di uomini che comprano le mogli al mercato, che vanno nei bordelli per soddisfare le proprie perversioni con donne che qualcun altro prima ha comprato e poi gettato; non possono sopportare i silenzi. I silenzi fatti di parole che non possono essere pronunciate, di musica che non può essere ascoltata, di voci che non possono dire la loro. È tutto lì, miei cari Specchietti, in quel verbo “potere” che è concesso solo agli uomini.

A che prezzo, però, Jaya e Kalidas riusciranno a far sentire la loro voce? In un mondo in cui non sembra esserci posto per le emozioni, in cui Jaya è la moglie – non la donna – di Bashkar, come riusciranno a vivere il loro amore?




 

Cari i miei specchietti… come ve la spiego adesso la disperazione di Jaya e Kalidas? Come vi racconto dell’orrore celato in ogni parola di questa storia? Come trasmettervi la rabbia, il disprezzo, lo sgomento che ho provato leggendo questo romanzo?

Non c’è niente di più doloroso di conoscere le ferite del mondo e non poterle sanare. Quanto mi sono ritrovata nelle parole di Kalidas.

La forza di questo romanzo è quella di aver portato all’estremo situazioni che viviamo ogni giorno, che affollano le pagine dei quotidiani, che ci mandano di traverso la cena al tg delle otto, che ci fanno male, ma che abbiamo cominciato a considerare “normali”. E sì, lasciatemelo dire, abbiamo iniziato a indignarci sempre meno, ad abbassare lo sguardo, a dire una preghiera a mezza bocca o, spesso, a cambiare semplicemente canale.

Ben vengano, quindi, le parole di Jaya, ma anche quella della sua Dadee, la donna che la cresce nel tempio, delle sue amiche Chitra e Alopa, di Iside, la madre di Kalidas e Bashkar. Ben vengano le parole delle donne, là dove si cerca di spegnerle. E ben vengano le parole di Kalidas e di suo cugino Hassad e di tutti quegli uomini che provano disprezzo e orrore ma che non si girano dall’altra parte. Che alzano la voce, che agiscono.

Marika Vangone ha creato un universo che sconcerta, perché facilmente immaginabile, e lo ha fatto con la delicatezza a cui ha abituato i suoi lettori, con la poesia delle sue parole, sempre tutte ragionate, mai affidate al foglio bianco con casualità. Anche nel caos, Marika dà ordine. Nel buio, la luce. Sulla tela bianca la giusta pennellata di colore.

La sua scrittura, ancora una volta, rapisce il lettore e lo risucchia in un vortice da cui esce, inevitabilmente, stordito, per un attimo disorientato, ma infine estasiato.

E poi c’è l’amore, descritto in tutta la sua forza, l’irruenza, la repentinità con cui si presenta, che diviene il perno su cui tessere la trama di una nuova consapevolezza, individuale e universale, che può divenire salvezza.

 

Se c’è qualcosa che può cambiare questo mondo è l’amore.

Basta un attimo per cambiare il proprio pensiero.

Un attimo o una persona,

E io sono così fortunato da avere la mia persona tra le braccia e la musica nel cuore.

Peccato che questa non sia la fine della nostra storia.

Solo l’inizio.

 

 

E per capire cosa aspetta a Kalidas e Jaya dobbiamo aspettare il seguito di Viraha.

Nel frattempo, miei Specchietti, spero che questa lettura possa portarvi a riflettere su ciò che vi circonda, che vi porti a non voler più abbassare gli occhi, a non cambiare più canale.

Grazie a Marika per questa stupenda storia e a Viraha – La Strada che mi porta a te vanno i miei cinque specchi.




 

Alla prossima lettura, la vostra IrishGirl.

 



 



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