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Recensione: Thunderbolts*

Salve, specchietti!

Ritorniamo a parlare del mondo Marvel, recuperando le ultime produzioni uscite quest’anno, e lo facciamo iniziando con Thunderbolts*, approdato da poco su Disneyplus.

Marvel Studio mette insieme un’insolita squadra di antieroi con Yelena Belova, Bucky Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Dopo essere finiti in una trappola mortale tesa da Valentina Allegra de Fontaine, questi emarginati disillusi devono intraprendere una missione pericolosa. Quando saranno costretti a confrontarsi con gli angoli più oscuri del loro passato, questo gruppo anomalo si sgretolerà oppure si riscatterà e si compatterà prima che sia troppo tardi?

Devo ammettere che, al momento del suo annuncio, questo film non mi aveva attirato particolarmente. Certo, ritenevo interessante assistere a un gruppo di cattivi (o, meglio, antieroi), costretti a collaborare e a diventare i buoni della situazione, ma non mi aveva particolarmente colpito la scelta del cast. Da una parte personaggi abbastanza dimenticabili come Taskmaster o Ghost, dall’altra degli uomini potenziati dal siero del supersoldato. Insomma, sembrava che non ci fosse abbastanza varietà di poteri o che fosse impossibile per tali elementi trovare una chimica.

Sono felice di essermi ricreduta.

Tralasciando la figura di Taskmaster, personaggio dall’alto potenziale ma sfruttato troppo poco e male all’interno dell’MCU, i membri della squadra dei Thunderbolts sono un mix esplosivo che, sorprendentemente, riesce anche a riscattarsi da precedenti apparizioni affatto degne di nota.

-Bucky, hai le persone sbagliate.

-Conosco quella sensazione.

Come nel caso di Ava Starr, alias Ghost, nata come villain in Ant-Man and the Wasp ma tutt’altro che memorabile. Fino a poco prima dell’annuncio di questa pellicola la maggior parte dei fan Marvel aveva addirittura dimenticato la sua presenza. Qui Ava riesce a riscattarsi. La sua abilità, unico vero superpotere all’interno della squadra, viene sfruttata quel poco che serve, senza esagerare e rischiare di mettere in secondo piano elementi come Yelena, fin troppo umana. Anche il carattere di Ava ne risente in modo positivo. Diffidente, con la lingua tagliente e sempre propensa all’egoismo, finisce con l’integrarsi bene all’interno di una squadra di elementi che hanno ben poco a che fare con lei. La sua evoluzione è quella che mi è piaciuta di più.

Poi abbiamo John Walker, US Agent o “Captain America del discount”. Devo dire che non mi ha fatto impazzire come personaggio e quasi lo preferivo nella sua versione antieroe in The Falcon and the Winter Soldier, ma anche lui ha avuto una specie di riscatto. Nella serie tv era più una sorta di pedina del governo, senza una vera spina dorsale, manovrato affinché diventasse il nuovo Captain America, posto sotto pressione tanto da indurlo ad assumere il siero del supersoldato. E a sbagliare, nel modo peggiore possibile, macchiando lo scudo di sangue. In questo film si riscatta e, benché si dimostri spesso un idiota, comincia a ragionare con la sua testa e a fare la cosa giusta (emblematica è la scelta di indossare il basco alla fine, al posto dell’elmetto che gli era stato imposto).

Segue il duo composto da Yelena e Red Guardian. Red Guardian è l’anima comica del gruppo, ogni sua interazione, per quanto possa sembrare stupida, mi ha fatto ridere fino alle lacrime. Ciononostante, diventa protagonista di uno dei momenti più toccanti della pellicola, in quel dialogo finale con sua figlia che toglie il fiato. Yelena è la leader autoeletta del gruppo. Il suo passato da Vedova Nera, con il duro addestramento che l’ha spezzata nell’anima, le ha lasciato un vuoto dentro, un vuoto che si è acuito con la morte della sorella, Natasha. Per tutta la pellicola la vediamo ricercare quel “qualcosa” che la sorella aveva trovato, che l’aveva spinta a sacrificare la sua stessa vita per la salvezza del mondo. Yelena è l’emblema della nascita dell’eroe che dalle ceneri di un dolore sorge per difendere gli altri in maniera incondizionata.

-Sono in ritardo, ma sono qui ora.

Ciò che Yelena sta cercando è ciò che Bucky conosce molto bene perché lo ha sempre visto negli occhi del suo migliore amico, Steve. Se Yelena è un eroe che nasce, Bucky ha già completato il suo processo di maturazione, ha accettato la sua parte oscura e adesso è disposto a usarla per un bene superiore, così non esita a tornare in azione quando capisce che il mondo ha bisogno di lui. Yelena è il leader ma lui è la guida matura, quello che ha toccato con mano il lavoro degli Avengers ed è in grado di indirizzare una nuova squadra verso quella strada.

Infine, c’è Bob. Lewis Pullman, new entry nel mondo Marvel, è fantastico nei panni di questo nuovo, bizzarro, supereroe. Un timido e insicuro tizio qualunque, nel baratro della depressione, con problemi di droga che di certo non aiutano il suo già precario equilibrio mentale, viene catapultato in cima all’Olimpo dei supereroi, con poteri in grado di competere perfino con gli dei. Come diceva il dottor Erskine in Captain America – Il primo vendicatore, però, il siero (e ogni suo derivato) “amplifica tutto quello che c’è all’interno, perciò buono diventa migliore… cattivo diventa peggiore”. Quindi anche l’oscurità all’interno di Bob viene amplificata. Se da una parte abbiamo Sentry, il più potente tra i supereroi, dall’altra abbiamo Void.

-Non ho paura di te, Robert.

-Non è di Robert che dovresti avere paura.

Alla base della pellicola non c’è solamente un senso di riscatto per questo male assortito gruppo di emarginati, ma Marvel torna a toccarci nel profondo, trattando temi quali la depressione. Un messaggio forte, potente, quello che la salvezza, in questi casi, viene prima di tutto da noi stessi, ma, allo stesso tempo, non ci si può salvare da soli. Gli amici, la famiglia sono la vera forza, il vero superpotere, e anche i gesti più banali come una parola gentile o un abbraccio possono rappresentare quella corda tesa che impedisce l’altro di sprofondare nel vuoto. Sono sempre felice quando temi del genere, spesso considerati tabù, vengono tratti in film di così grande impatto.

Tra combattimenti, momenti toccanti e altri divertenti, Thunderbolts* non dimentica di strizzare l’occhio a chi ha iniziato questo percorso. Ho trovato particolarmente significativo il fatto che lo scontro finale si svolga nello stesso identico punto in cui gli Avengers si sono uniti per la prima volta. Puoi quasi vederli combattere fianco a fianco con queste nuove, bizzarre, azzardate leve e la cosa nel caso di Yelena acquista ancora più significato.

È un nuovo punto di inizio, una nuova squadra che muove timidamente i passi in un multiverso con minacce che non sono ancora in grado di affrontare, i piedi ben piantati per terra ma con gli occhi verso la macrotrama, il segno che, forse, la Marvel è pronta a tornare a essere quella di un tempo.

Assegno a questa pellicola i miei cinque specchi e vi do appuntamento alla prossima.



-IronPrincess



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