Review Tour: Come stelle senza cielo di Annamaria Bosco

Buongiorno Specchietti,
oggi il blog partecipa al Review Tour di Come stelle senza cielo, il nuovo romanzo di Annamaria Bosco.
A parlarcene sono Irish Girl e Iron Princess.


Titolo: Come stelle senza cielo
Autore: Annamaria Bosco
Genere: New Adult/Contemporary
Selfpublishing
Data di uscita: 22 aprile 2022
Pagine: 288
Disponibile su Amazon e in KU
In offerta a 0,99 cent solo il giorno d’uscita

Trama
Esiste un posto in cui ci si può sentire felici?
Stefania ha sempre cambiato. Casa, abitudini, città, nazione. Del resto, quando hai un padre diplomatico, ti sembra naturale. E anche se ormai è qualche anno che vive in Giappone, non riesce ancora ad abbandonarsi all’idea di affezionarsi a un luogo.
Per Keizo il concetto di casa è qualcosa di doloroso. Radici profonde e sofferenze indicibili sono nascoste tra le mura e tra i suoi ricordi. Orfano, con troppe responsabilità sulle spalle, ha imparato a gestire la sua vita in silenzio e lontano dalle persone. Durante la festa di Tanabata, le loro vite si incrociano e tutto cambia. Lui è deciso a tenerla a distanza. Quella ragazza ha un nome strano, impronunciabile, e un accento terribile. Avrebbe bisogno di lezioni di giapponese perché così è davvero impossibile capirla. Stefania invece vede nel ragazzo un’anima affine, fuori posto nel mondo, esattamente come lei. Non potrebbero diventare amici?
A volte la vita ti dona un’occasione per rinascere, per scoprire che sei in grado di amare, amare sul serio. Ma è davvero così semplice? Le ferite dell’anima sono nascoste, ma fanno comunque male. I due potrebbero essere l’uno la medicina dell'altra o, nel peggiore dei casi, una dannazione. Una cosa è certa. Una volta che si incrocia lo sguardo giusto, la tua vita non sarà mai più la stessa. E guarderai il cielo nella speranza di trovare risposte alle tue domande.



Ti sei mai sentito fuori luogo?
Come se avessi la sensazione di non sapere
dove sia la tua casa e il tuo cuore?
 

Bentrovati, Specchietti.
È con questa citazione che voglio aprire la mia recensione a Come stelle senza cielo, il nuovo romanzo di Annamaria Bosco, uscito pochi giorni fa, che ci porta a Tokyo, assieme a Keizo e Stefania.
Avete mai provato questa sensazione, Specchietti?
Sentirvi fuori luogo, fuori posto, stranieri in casa vostra, incompresi… Quei momenti in cui noi stessi non siamo in grado di definirci, di delineare i contorni del nostro essere. In cui, semplicemente, vorremmo sparire, perché forse sarebbe più semplice.
È quello che prova Keizo.
Lui, che nella vita ha imparato a stare lontano dalla gente, non per una vera e propria scelta, ma per sopravvivenza.
Lui, che ha vissuto quel trauma inimmaginabile, difficile persino da raccontare, ancora prima da spiegare. Comprendere.
Lui, che di quel trauma porta nell’animo le cicatrici.
Lui, che è rimasto solo, che ha sacrificato i suoi sogni. Che non vede via d’uscita. Che alza muri infiniti, che preferisce farsi chiamare “pazzo”, piuttosto che dover urlare al mondo tutto quello che tiene chiuso dentro.
Ci sono dolori che hanno un peso enorme. E quel peso lo si sente tutto, ascoltando Keizo.
E poi c’è Stefania.
Stefania che studia Scienze Farmaceutiche. Stefania che, per il lavoro di suo padre, gira il mondo e non riesce a mettere radici.
Lei, che insegue i suoi sogni e ci crede fermamente.
Lei, che è aperta alla vita, che non si scoraggia mai.
Lei, così diversa per cultura a carattere da Keizo.
Lei, che però non trova mai pace, che non riesce a sentirsi a casa in nessun posto.
Lei, che nei silenzi di lui si rivede, anche quando prova a riempirli di parole.
Stefania e Keizo arrivano da due mondi lontani e diversi. Due mondi che cozzano tra di loro, tra tradizione e modernità, che parlano due lingue diverse e non solo idiomatiche. Eppure, nonostante questo, cercano disperatamente un punto d’unione.
È così che un incontro fortuito, unito al giusto guizzo del destino, diventa il là per un rapporto che, con infinita cautela e grande fatica, cercherà di mettere le fondamenta, di alzarsi gradino dopo gradino, di cementarsi.
Fino a quando la diga si rompe.
Fino a quando i silenzi di Keizo tornano a riempirsi di parole, di note, di colori. Quelle parole, quelle note, quei colori che Stefania si impunta a voler riportare nella sua vita.
Stefania conosce i limiti di Keizo, anche se ci vorrà del tempo prima che lui si fidi di lei fino al punto di raccontargliene le origini, eppure non si scoraggia. Abbatte pezzetto dopo pezzetto la dura corazza che il giovane giapponese ha costruito su di sé. E lo fa con l’innocenza del suo carattere, con quell’impulso che la fa apparire strana, esagerata, fuori luogo, appunto, in un Paese tanto diverso dalla sua Italia.

Keizo era magnetico,
con quel broncio perenne e gli occhi profondi e tristi.
E io avevo ceduto a un impulso che non doveva esserci.
In pratica, gli avevo usato violenza e la cosa mi faceva star male.

Per Keizo gli atteggiamenti di quella strana ragazza romana sono del tutto inappropriati. Oltre al suo essere così occidentale, sembra non volersi rendere conto che lui non vuole starle accanto. Non vuole il contatto fisico, non vuole il suo aiuto, non cerca i suoi consigli.
Nonostante questo, però, la presenza di Stefania diviene giorno dopo giorno sempre più necessaria. Diventa quell’ossigeno che lo tiene in vita. Diventa la sua ancora di salvezza. 

Forse la amavo, come si amavano le cose che non si potevano avere.
Con disperazione e rabbia. 

Ecco, Specchietti, qui, secondo me, si trova una delle perle di questo romanzo.
Nel momento in cui Stefania si rende conto della dipendenza che Keizo ha sviluppato nei suoi confronti, fa un passo indietro. Pone dei limiti, stavolta suoi, necessari affinché Keizo impari a camminare, per la prima volta davvero, sulle proprie gambe.
Non c’è atto d’amore più grande, a mio avviso, là dove siamo disposti a infliggerci una sofferenza, pur di fare il bene della persona amata.
Se Keizo sarà in grado di capire questo, e come finirà la sua storia con Stefania, miei cari Specchietti, dovrete scoprirlo da voi.
Quello che posso dirvi è che ho amato profondamente la storia di questi due ragazzi, ritrovandomi a divorarla pagina dopo pagina, senza mai fermarmi.
Sono rimasta completamente rapita dalla splendida caratterizzazione di Keizo e Stefania, dalle atmosfere ricreate da Annamaria e dalla sua capacità di porre la giusta rilevanza, all’interno della narrazione, alle differenze culturali dei suoi protagonisti e al modo in cui la vita li ha segnati.
Lo stile, come sempre quando ci troviamo di fronte a un romanzo della Bosco, è pulito e scorrevole. Il lettore si ritrova a sentire e vivere i protagonisti, le loro sofferenze, a far propri i loro pensieri.
Così come ho adorato i personaggi secondari, tratteggiati egregiamente, nonostante fossero solo gregari, e che sono stati capaci, ognuno a modo suo, di emozionarmi.
Insomma, Specchietti, quando si riesce a creare un legame simile tra romanzo e lettore, come posso non assegnare i miei cinque Specchi? 

Siamo come le stelle, migliaia di puntini dispersi nel cielo.
Da soli non abbiamo valore, ma se uniti agli altri
diventiamo indispensabili,
proprio come le costellazioni. 

Specchietti, lascio la parola a Iron Princess, che sono certa sarà d’accordo con me nel chiedere ad Annamaria una storia su Daichi… Che ne dici, Anna? 😜

Alla prossima lettura, la vostra Irish Girl 🍀

Lei è italiana, lui e giapponese. Due universi completamente distanti che si incontrano per caso a Tokyo. E poi si rincontrano. E poi di nuovo. Un segno del destino o, forse, parecchi segni del destino che portano i mondi di Stefania e Keizo a intrecciarsi.

Lei è figlia di un ambasciatore e si sposta spesso per il mondo, con nessun posto da chiamare veramente “casa” e una famiglia disgregata e assente alle spalle.

Lui ce l’ha una famiglia, ma è composta da una sola persona, la nonna malata. La sua vita è costellata da sacrifici per ripagare la nonna di tutto ciò che ha fatto, negli anni, per lui. Come se ciò non bastasse, però, la vita di Keizo è anche segnata dal dolore e dalla solitudine. Bollato come “strano” o, peggio, “pazzo”, Keizo porta in realtà con sé un dolore che mette radici nel profondo del suo cuore e al suo passato.

Lei non parla bene il giapponese, lui non riesce ad aprirsi con il mondo. Hanno entrambi bisogno di una mano e la troveranno nell’altro.

Ma che succede se un rapporto di mutuo aiuto si tramuta in qualcosa di più di un’amicizia?

«Sono una gaijin con una pessima pronuncia, è vero,

ma sto migliorando e scoprendo

nuovi lati di Tokyo grazie a te.»

«E io sto riscoprendo come vivere.»

Chi mi conosce sa bene quanto io ami il mondo orientale e il Giappone in modo particolare. Ebbene, questo libro trasuda Giappone da tutti i pori. Il punto di vista di Stefania, la sua prospettiva tutta italiana, ci prende per mano e ci aiuta a conoscere un po’ di più quella cultura a noi così estranea. Una ragazza italiana, abituata quindi a dei rapporti interpersonali molto estroversi, si ritrova in un Paese in cui già il solo tenersi per mano o chiamarsi per nome indica un alto grado di intimità. Tutto diventa ancora più complicato con Keizo che ha il terrore perfino di essere sfiorato, che fa sempre un passo indietro, evita le folle, le persone.

Forse è proprio Keizo ad essere il vero protagonista di questa storia, ancora più di Stefania. Keizo deve guarire dal passato, ritrovare una terra stabile su cui poggiare i piedi e poi imparare a spiccare un salto e a volare, da solo, senza aggrapparsi a qualcun altro. Sua nonna prima e Stefania dopo sono dei punti di riferimento stabili ma Keizo deve trovare una propria identità, un proprio posto nel mondo. Liberarsi delle zavorre delle sue sicurezze per fare quel salto nel vuoto che ci permette di inseguire i nostri sogni.

Anche Stefania deve trovare un proprio posto nel mondo. Lei, però, in senso più letterale. Divisa tra Italia e Giappone e ogni altro posto che ha visitato a seguito del padre, è un’anima vagabonda che non ha mai messo radici. Ma adesso, sulla soglia della laurea, anche lei è chiamata a scegliere.

«La vita ti ha chiesto tanto.

Forse è il momento di perdonare te stesso

e concederti di essere felice.»

Di questo romanzo ho adorato in modo particolare il modo in cui è affrontato il “problema” di Keizo. Anna ce lo fa conoscere poco alla volta, ma sin da subito ci lascia intuire quanto sia doloroso il suo passato. Allo stesso modo, poco alla volta, Keizo è disposto ad aprirsi con Stefania, la sua Hanawa, a fare dei passi verso di lei e a lasciare che lei faccia dei passi verso di lui.

Come stelle senza cielo è un romanzo che parla di una terra lontana, ma che entra nel profondo di ognuno di noi, è una storia esotica ma allo stesso tempo vicina al nostro animo, è un libro che vuole insegnare al lettore a spiccare il volo, così come deve fare Keizo, perché le nostre paure, piccole o grandi che siano, i nostri dolori, siano essi immensi o insignificanti, non possono privarci della felicità, non possono tenerci lontani da una realizzazione personale.

Ci dà anche la lezione più grande di tutti: se ami una persona, devi trovare la forza di lasciarla andare, devi essere la madre uccello che spinge gli uccellini fuori dal nido. Non avere paura di fargli del male perché solo in questo modo impareranno a volare.

Per tutti questi motivi non posso che assegnare 5 specchi a questa storia.


Vi do appuntamento alla prossima e mi accodo a Irish Girl: vogliamo saperne di più su Daichi. Facci un pensierino, Anna 😉

A presto,



Commenti

  1. Ma come faccio a esprimere un concetto se mi avete tolto tutte le parole? 😭 Due recensioni meravigliose che hanno colto tutte le sfumature della storia. Posso solo ringraziarvi per avermi resa felice ❤

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    1. Siamo felici che ti siano piaciute le nostre recensioni e grazie per questa splendida storia! ❤️

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