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Recensione: Hawkeye

Buongiorno, specchietti!

Vengo a voi per un’ultima volta in questo 2021 per parlarvi di… indovinate… eh, sì: dell’ultimo prodotto Marvel Studios (quest’anno abbiamo fatto il pienone).

Indossate i vostri maglioni più ridicoli, addobbate l’albero, mettete i cappellini e addentratevi con me nel prodotto Marvel più natalizio di sempre: Hawkeye.

“Hawkeye” di Marvel Studios è una nuova serie originale ambientata nella New York City del post-blip dove l’ex Avenger Clint Burton alias Occhio di Falco ha una missione apparentemente semplice: tornare dalla sua famiglia per Natale. Ma quando si presenta una minaccia dal suo passato, Occhio di Falco, volente o nolente, fa squadra con Kate Bishop, abile arciera di 22 anni nonché sua grande fan, per sgominare una trama criminale.

Vi ricordate di Occhio di Falco? C’era anche lui nella battaglia di New York a combattere l’esercito di chitauri di Loki, è anche lui uno dei fondatori degli Avengers. In effetti, si potrebbe dire che l’unica battaglia in cui non ha combattuto è stata quella in cui gli Avengers hanno perso.

Okay, battute a parte, Occhio di Falco, ovvero Clint Burton, è, tra gli Avengers fondatori, sicuramente il meno popolare, il più… “dimenticabile”. Introdotto quasi di sfuggita nel primo film di Thor, il personaggio è sempre stato un po’ marginale nel gruppo, tant’è vero che la sua stessa migliore amica, Natasha Romanoff, lo prende in giro per questo in Avengers: Age of Ultron.

Bene, proprio lui, l’ultimo che istintivamente nominiamo quando elenchiamo gli eroi della battaglia di New York, è ora protagonista di una fantastica serie in sei puntate su Disneyplus.

In realtà… co-protagonista. Gli Avengers fondatori stanno appendendo le tutine al chiodo (o stanno morendo) e gli ultimi prodotti Marvel Studios stanno servendo come trampolino di lancio per una nuova generazione di eroi, nonché per i loro successori. Quindi, allo stesso modo in cui la trama di The Falcon and the Winter Soldier era focalizzata intorno al passaggio di scudo da Steve a Sam, in Hawkeye il passaggio di testimone avviene tra Clint Burton e questa spericolata ragazzina, Kate Bishop.

La coppia Clint e Kate funziona alla perfezione: sono talmente diversi l’uno dall’altra che si completano a vicenda. Clint è stanco della sua vita da eroe. Si vede, traspare in ogni sua mossa e nel suo atteggiamento distaccato. Vorrebbe solo lasciarsi il passato alle spalle e passare il Natale con la sua famiglia. Dall’altra parte, Kate è vivace, piena di vita, intraprendente e ha un’innata capacità di mettersi nei guai. Che cosa li accomuna? Arco e frecce.

Perché Kate c’era durante la battaglia di New York. Era ancora una bambina, aveva paura, ma è stato salvata da un uomo, un uomo che non aveva una scintillante armatura o un martello magico o aveva assunto un siero che lo rendesse più forte. Era un uomo comune, solo ben addestrato e coraggioso abbastanza da schierarsi in prima fila per proteggere gli indifesi.

“Quando ero piccola, gli alieni ci invasero. Io ero da sola ed ero terrorizzata. Ma poi arrivasti tu. Combattevi gli alieni con un bastone e un filo. Ti vidi saltare dall’edificio anche se non potevi volare, anche se non avevi superpoteri. E pensai: se lui ce l’ha fatta, io non devo avere paura. Mi hai dimostrato che essere eroi non è solo per chi può volare o sparare laser dalle mani, è per chiunque abbia il coraggio di fare la cosa giusta a ogni costo.”

Ecco: quello che questa serie fa apprezzare allo spettatore è proprio la bellezza della normalità, della semplicità. Non c’è nessuno che ha dei superpoteri e questo viene ribadito anche più volte in diversi dialoghi. Kate si è solo impegnata duramente per arrivare dove è arrivata, esattamente come Clint. I due le prendono di santa ragione, a ogni episodio sono sempre più feriti, sempre più doloranti, ma non si arrendono. Addirittura, Clint non si ferma neanche di fronte alla sua nuova condizione di disabilità.

Perché quando sei solo un uomo e affronti delle “minacce di livello Avengers”, a lungo andare i danni si fanno sentire. Così Clint ha perso l’udito a causa delle varie esplosioni e dei vari colpi che ha subito lungo la sua carriera di vendicatore.

Non è l’unico, però, che ci viene presentato in una situazione del genere. La serie serve da trampolino di lancio anche ad altri personaggi oltre a Kate. Così facciamo la conoscenza di Maya Lopez che ritroveremo nella serie a lei dedicata, Echo. Maya è nata sorda e, come se ciò, non bastasse, ha anche una protesi alla gamba. È un membro della mafia e diretto sottoposto di Kingpin, di cui è anche figlia adottiva. (Sì, proprio lui, il Kingpin di Vincent D’Onofrio che abbiamo tutti adorato nella serie Netflix Daredevil) L’attrice stessa, al suo esordio nella recitazione, è sorda e ha una protesi e questo rende ancora più importante il messaggio che la Marvel e la Disney vogliono lanciare: chiunque può essere importante; chiunque può diventare un supereroe.

Oltre a Kate e a Maya, conosciamo meglio anche Yelena, la sorella di Natasha che abbiamo incontrato per la prima volta nel film di Black Widow. L’unica cosa che non ho sopportato di Yelena è che nel doppiaggio italiano hanno marcato troppo il suo accento russo (cosa che non avveniva nel film). Per il resto, il personaggio è fantastico, anche lei carico di vita e frizzante. Kate e Yelena hanno un paio di scene favolose insieme e funzionano davvero tanto come coppia. La nuova Occhio di Falco e la nuova Vedova Nera. La loro alchimia è palese e non vedo l’ora di rivederle insieme sullo schermo, magari in un nuovo film degli Avengers.

Ho nominato Natasha… In effetti, l’intera serie è un elogio alla memoria di Natasha, un po’ come il film Spider-Man: Far From Home lo era di Iron Man. Natasha ritorna sempre nei ricordi di Clint, è una dolorosa e costante presenza in ogni sua azione, è un senso di colpa imperituro che gli affligge il cuore. Natasha è anche quel legame spezzato di Yelena che la spinge a cercare vendetta.

Nella sua semplicità, come dicevamo, ho trovato la serie perfetta. Ogni episodio è superiore al precedente, le sottotrame si incastrano e la storia si chiude senza fretta, pur lasciandosi le dovute porte aperte per gli sviluppi futuri, ci sono delle scene che commuovono fino alle lacrime (la mia preferita è un “dialogo” tra Clint e il piccolo Nathaniel che mi ha lasciata singhiozzante), ma c’è anche il giusto spazio per la risata (come la scena al Larp). Più di tutte, però, spiccano le scene d’azione. Inseguimenti in auto in piano sequenza, tutti contro tutti su un tetto, frecce contro pistole, il ritorno di Ronin e uno spettacolare combattimento finale che prima mostra tutta la maestria dei due arcieri e una variegata gamma di frecce truccate, poi si suddivide in tre battaglie in contemporanea, una più spettacolare o emotivamente toccante dell’altra.

Insomma, Hawkeye è quella serie che, quando la vedi, ti lascia pienamente soddisfatto su tutti i fronti. Non avrà l’impatto visivo di serie come Loki e neanche lo stesso coinvolgimento nella macrotrama del Marvel Cinematic Universe, ma con l’universo che si sta espandendo e il multiverso che ci sta catapultando in una nuova dimensione, fa bene ogni tanto fermarsi con i piedi per terra e apprezzare anche le cose semplici. È per questo che questa serie si merita lo specchio speciale.

Io vi saluto per quest’anno e vi do appuntamento per il prossimo anno con tanti nuovi film e serie tv che, speriamo, sapranno farci emozionare come quelli del 2021.

A presto,



 

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