Recensione: Royal Trick
È tutto sfocato, incolore, evanescente.
È la sintesi perfetta... della mia vita.
Mia madre mi vede come l’unico mezzo per mantenere il potere e per i miei compagni di università sono solo una figura sbiadita in cerca di un trono che non le apparterrà mai.
La verità è che nessuno mi conosce sul serio.
A due anni dalla morte di mio padre, ora che anche mio zio, re Keith, ci ha lasciati, nemmeno la pittura riesce più a regalarmi una misera gioia.
Un piccolo lume di speranza, però, si è appena acceso con lui. Sarà pure arrogante, prepotente e decisamente ipocrita, l’ultimo uomo su cui dovrei posare gli occhi, eppure mi vede.
Per lui io non sono solo la cugina dei McLochlann, l’outsider di Fiann.
Per lui, io sono Lily.
«Sei scappata dalla torre?»
«In un certo senso...»
«Hai deciso di spezzare le catene?»
«Forse. Devo ancora decidere che piega dare alla serata.»
Mi chiamo James William Murchad, insegno Storia dell’Arte Contemporanea alla Queen Eleanor, l’università privata di Fiann, e tra i miei studenti c’è lei: Ophelia Elizabeth McLochlann, una sciocca ragazzina viziata, senza spina dorsale e incapace di difendersi dagli attacchi altrui.
Eppure, con me è diversa: tira fuori gli artigli e, con la sua insolenza e la lingua tagliente, non fa che controbattere a ogni mia presa di posizione. Mi sfida di continuo e questo mi fa impazzire.
Se sapesse chi sono davvero, sono certo che la smetterebbe di giocare con il fuoco.
Respiro a fatica. Mi sento all’angolo e stavolta non so se Saor riuscirà a farla franca.
Il mio nome è Saor. “Libero”, come libero dovrebbe essere il mio popolo, vessato dalla Monarchia e dalla famiglia McLochlann.
Nessuno conosce il mio vero volto: sono solo una firma sotto ai murales che fanno impazzire il principe Alexander e il primo ministro Reya Munster Romero. Per quanto si sforzino, quei poveri illusi non riusciranno mai a prendermi.
Peccato che una piccola variante impazzita nella mia vita stia rimescolando i miei piani e, mentre nel Movimento Antimonarchico qualcuno sembra aver deciso di agire per conto proprio, un cappio invisibile si stia stringendo intorno al mio collo.
Io e Iron Princess abbiamo seguito come ambasciatrici tutta la situazione e ora ci sentiamo peggio delle peggiori pettegole del regno e come ogni pettegola che si rispetti vi facciamo quindi un recup della situazione con tutti i romanzi fino ad ora usciti, che vi ricordiamo essere autoconclusivi con un filone mistey in comune.
Royal Collision: https://libririflessi.blogspot.com/2024/11/recensione-doppia-royal-collision-di.html
E adesso Royal Trick, di cui vi lasciamo la segnalazione se volete evitarvi anticipazioni sulla nostra recensione: https://libririflessi.blogspot.com/2025/01/segnalazione-royal-trick-di-marialuisa.html
Sinceramente non avevo dubbi su Royal Trick, Marialuisa Gingilli sa scrivere. Su questo nessuno di noi può avere dubbi e soprattutto sa darci le emozioni direttamente in quello che io chiamo "siringa", ovvero se lei decide che "il lettore deve piangere" state certi che quel lettore piangerà, posso giurarvelo. Lei ha la capacità di colpire da ogni lato e personalmente io sono stata colpita dal rapporto mamma/figlia che viene evidenziato nel romanzo tra Ophelia, la protagonista e sua madre e dalla reazione che una donna innamorata, ma rifiutata può avere nei confronti dell'uomo che pensa dovrebbe ricambiare!
Una cosa che sinceramente non mi aspettavo ma che ho amato da morire, anche se non è il focus del romanzo come vi dicevo, perché appunto il romanzo tratta dell'amore di Ophelia e James, due persone che hanno tanti anni di differenza, ma che oltre a questo vengono divisi da altro. Neanche per un attimo ho pensato che il loro amore potesse essere sbagliato, anche se ammetto di non essere una grande fan di tipi come James che ci ha messo un po' per entrare nel mio cuore.
Ci è entrato? Eh, alla fine sì. Per forza.
Ha detto una cosa.
In un momento.
E lì ho letteralmente fatto boom con tutta la mia dignitá.
Comunque ammetto di essere affascinata più dalla sua controparte artistica, Saor, che almeno ha degli ideali che a volte mi sembrano cozzare, come è giusto che sia, con James.
Ophelia l'ho amata in ogni punto. Mi ha fatta piangere, ridere, capire una ragazza che ha perso quasi tutto e che ha paura che le venga tolto l'ultimo barlume di felicità che è riuscita a tenersi stretta.
Anche gli altri personaggi mi sono piaciuti tanto, ma ho amato come sempre ritrovare nelle pagine tutti quelli che abbiamo già imparato ad amare, o odiare, e vederli sotto luci diverse, portarseli dietro nelle pagine per tenerli con noi ancora un po'.
Il finale non possiamo non dire che è assolutamente illegale!
Io volevo prendere l'autrice e farmi pagare i danni morali per ciò che ho dovuto sopportare (il giorno prima di una grande febbre che non è ancora passata). Poi ho pensato che no, non è solo colpa sua, aspetterò la fine della serie per chiedere il rimborso dello psicologo!
Fatto che sta che sì, ci stiamo avvicinando alla fine e sì, fa quasi male lasciarli andare perché la famiglia reale di Fiann è diventata una specie di casa e io non vorrei lasciarla.
Assegno a Royal Trick 5 specchi e passi la parola alla mia collega!
Rieccoci, ancora una volta, alle porte di Willow Palace. A condurci per le strade che circondano il palazzo reale è il quinto (e penultimo) capitolo di una serie che per me e altre decine di lettori è diventata una vera e propria ossessione (care Royal Girls, sappiate che vi presenteremo il conto dello psicologo).
Stavolta, è la sapiente penna di Marialuisa Gingilli a dipingere le pagine di questo romanzo e a delineare non due ma ben tre protagonisti. Perché accanto alla coppia formata dal professore James Murchad e dalla principessa Ophelia McLochlann troviamo anche lui, l’uomo senza volto che lascia la sua firma sui palazzi del regno, la voce del popolo che affida al tratto sicuro di una bomboletta spray il dissenso del popolo, la spina nel fianco di tutta la famiglia reale… e di Alexander in modo particolare.
Sì, stiamo proprio parlando di Saor, il writer più famoso di Fiann, la “brutta copia di Banksy”, il nome di punta del movimento antimonarchico.
Qui, Saor ha finalmente una voce, un volto, anche se nascosto nell’ombra di un cappuccio mentre si muove sfuggente tra i vicoli di Fiann… e forse ha anche un nome, chissà. Quel che è certo è che scopriamo finalmente qualcosa in più sul suo conto. Non è più una misteriosa presenza che aleggia sul regno. È concreto, reale, con un corpo, una mente e un cuore. Lo vediamo interagire con gli altri antimonarchici, lo osserviamo mentre tratteggia le sue opere, ne comprendiamo le idee e le motivazioni e finiamo perfino per parteggiare per lui nella sua lotta contro la Corona, contro l’opulenza della famiglia reale e della classe dirigente in generale che poco si cura del popolo.
Il contrasto tra Alexander e Saor che ci accompagna dall’inizio della serie si fa, così, ancora più netto. Da un lato, troviamo chi si mostra al mondo come uno che è nato per comandare, qualcuno che si trova sul gradino più alto della scala sociale e che con grande fatica riuscirà a fare un passo indietro, a mettere davanti i sentimenti anziché il potere. Dall’altro la voce del popolo, la manifestazione di un disagio, l’esasperazione di chi fa fatica ad arrivare a fine mese davanti a chi, al massimo, ha come preoccupazione quella di ricordare il nome della propria cameriera.
Ma sono così diversi Alexander e Saor? Mi sbilancio e vi dico: assolutamente no. Differiscono nei modi, differiscono nello stile di vita, ma hanno qualcosa in comune che è il forte amore per Fiann.
Vorrei dire ancora centinaia di cose su Saor ma, praticamente, qualsiasi cosa potrebbe essere spoiler, quindi mi fermo qui. Aggiungo solo che ho a dir poco amato questo personaggio, in forte contrasto con tutta la famiglia reale che è la vera protagonista di questa serie. Ha (è il caso di dirlo) mille sfumature che si celano sotto la superficie e merita di essere annoverato di diritto tra i migliori personaggi di tutta la serie. (Poi io ho un debole per i personaggi un po’ ambigui che celano la propria identità, quindi con Saor ci vado a nozze).
Pensavate che la Gingilli avesse creato un solo, affascinante uomo ad abitare le pagine di questo romanzo? Poveri illusi… Perché darci un protagonista maschile quando ce ne può dare ben due? Beh, in realtà Saor è più una sorta di antagonista, di anti-eroe. Il vero e unico protagonista è il professore James William Murchad. Mio marito. (Sì, ci siamo giurati amore eterno in tempi non sospetti e sono una moglie gelosa. Leggete ma non sbavate, grazie).
James, Jamie per gli amici, è un personaggio che sin da subito dimostra di essere poco inquadrato nell’alta società a cui appartiene. A partire dalle figure di m… Beh, dalle figure poco gradevoli che si ritrova a fare davanti a una certa principessa. Principessa che, guarda caso, è anche una sua studentessa (ti capisco, caro Jamie. Questi studenti spuntano fuori sempre nei momenti meno opportuni!)
Jamie che sa essere affascinante sia con gli occhiali che gli schermano lo sguardo, sia quando sia lascia andare nelle serate libere con il suo migliore amico, Timothy. James che sa essere un ottimo professore, preparato, attento alle esigenze dei suoi studenti, ma anche un ragazzo di trentacinque anni come tanti, con le pulsioni di qualsiasi ragazzo della sua età. Jamie per cui ho completamente perso la testa (non si era capito, vero?)
Accatto o, meglio, contrapposta a lui, c’è Ophelia, “Sua Tristezza Reale”, come viene definita dal Confiannce e dai suoi compagni di università. Sempre silenziosa, sempre sottomessa, lontana dal trono e, allo stesso tempo, abbastanza vicina da non poter vivere la vita che desidera. Ophelia che solo con Jamie riuscirà a tirare fuori la sua vera sé, a spezzare le catene che la intrappolano, un po’ come quelle che, secondo Saor, opprimono il popolo di Fiann.
Tutto torna… e non a caso. Perché l’abilità di Marialuisa Gingilli in questo romanzo è quella di riuscire a dare valore anche alle cose più banali, a esaltare anche i momenti di quotidianità che diventano trampolino di lancio per la crescita di Ophelia prima di tutto. Dove alcuni possono vedere solo una semplice prova dell’abito per il matrimonio di Alexander, ad esempio, Marialuisa nasconde il primo vero atto di ribellione di Ophelia, il momento in cui comincia a vedersi come una persona e non come un’appendice della madre.
E che dire, poi, del rapporto tra Jamie e Ophelia? Fuoco e fiamme all’inizio, bollenti scintille alla fine e nel mezzo ogni sorta di gioco d’artificio. È quel genere di relazione che più viene contrastata più si alimenta e diventa forte. Ed è un Age Gap come si deve, con la A e le G maiuscole. Tra Ophelia e Jamie non corre una semplice differenza d’età (che, comunque, è piuttosto importante). È un vero e proprio divario generazionale. Jamie riesce a mettersi un freno, a contenersi anche quando qualsiasi altro uomo avrebbe lasciato che a comandare le sue azioni fosse qualcosa che si trova tra le sue gambe. È lui l’adulto che protegge Ophelia quando si dimostra solo una ragazzina sprovveduta. Allo stesso tempo, però, è sempre lui a donarle proprio quei momenti di spensieratezza tipici della sua giovane età che sono difficili da raggiungere quando porti un cognome tanto importante.
Ci sarebbe ancora molto altro da dire su questo romanzo, ma qualsiasi parola sarebbe superflua di fronte alla sua bellezza. Lasciatemi, però, menzionare altri due elementi degni d’attenzione.
Il primo è l’arte. Arte in tutte le sue forme, dalla street art di Saor, alle collezioni private del Palazzo, alle lezioni di Jamie sul Postmodernismo, alle tele dipinte da Ophelia con le proprie mani. Non c’è pagina di questo romanzo che non trasudi arte, in un filo immaginario (e colorato) che unisce i nostri tre protagonisti. Arte che diventa simbolo di ribellione non solo tra le strade di Fiann ma anche nell’intimità di una dependance o nell’accurata scelta dei quadri da esporre a Willow Palace.
Infine, la nostra Marialuisa Gingilli non lascia nulla al caso… perfino i personaggi secondari. Così, accanto ad Alexander e la nonna, a Cat e Austin (e la scimmietta), a Maelle e Keenan, troviamo nuovi personaggi che ruotano intorno a Saor, Jamie e Ophelia. E tra tutti spicca lui: Gustav. Il “man in black”, la guardia del corpo di Ophelia che con la sua silenziosa ma accorta presenza riesce comunque a catturare i cuori dei lettori (il mio ce l’ha già. Lo so, ce l’hanno in tre in questo romanzo, ma mica è colpa mia se Marialuisa crea solo personaggi fantastici).
Seguo Marialuisa Gingilli dai suoi esordi (e anche da prima). Sin da “Solo per me” ho notato in lei una penna fuori dal comune, penna che è comunque riuscita a migliorare romanzo dopo romanzo, donandoci un capolavoro dopo l’altro. “Royal Trick”, al momento, è il mio preferito, ma chissà che cos’altro riuscirà a produrre. Ti prego, Marialuisa, non smettere mai di scrivere.
Ah, ovviamente specchio speciale.
Alla prossima,
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