Recensione: Black Widow

Salve, specchietti e benvenuti alla Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe!

Sì, lo so, avevo detto la stessa cosa all’uscita di WandaVision. Allora riformuliamo: benvenuti al primo film della Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe e, soprattutto, al primo film Marvel Studios al cinema dopo ben due anni (l’ultimo è stato Spider-Man: Far From Home che, tecnicamente, è prodotto dalla Sony Pictures, ma facciamoci andare bene la definizione).

Primo film della Fase Quattro, quindi, primo prodotto cinematografico dei Marvel Studios dopo due anni di assenza dai grandi schermi, primo film della nuova saga Marvel… sì, signori, stiamo parlano proprio della pellicola più rimandata durante questa pandemia: Black Widow!

Natasha Romanoff, alias Vedova Nera, si misura con i suoi lati più oscuri mentre si trova ad affrontare una pericolosa cospirazione legata al suo passato. Perseguitata da una forza che non si fermerà davanti a nulla pur di distruggerla, Natasha dovrà fare i conti con le sue esperienze passate nel ruolo di spia e con i rapporti irrisolti che si è lasciata alle spalle molto prima di diventare una Avenger. Scarlett Johanson veste di nuovo i panni di Natasha/Vedova Nera, Florence Pugh interpreta Yelena, David Harbour è Alexei/Red Guardian e Rachel Weisz è Melina. “Black Widow”, il primo film in Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, è diretto da Cate Shortland e prodotto da Kevin Feige.

Parliamoci chiaro: quanto è emozionante tornare al cinema e sentire l’intro dei Marvel Studios? Okay, lo abbiamo già sentito su Disneyplus con WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier (n.d.r. trovate le mie recensioni a queste serie rispettivamente qui e qui) e lo stiamo sentendo con Loki (n.d.r. la recensione sul blog la prossima settimana), ma l’esperienza del piccolo e del grande schermo son ben diverse e questo ai Marvel Studios lo sanno molto bene.

Kevin Feige aveva promesso di portare Black Widow al cinema e c’è riuscito. Certo, per esigenze di pandemia ha dovuto cedere a un’uscita ibrida (per cui, se non riuscite a vederlo al cinema, non temete: potete recuperarlo su Disneyplus con Accesso VIP), ma ameno ha mantenuto la sua parola e posso assicurarvi che n’è valsa la pena.

Il film si apre negli anni ’90 e ci dà uno scorcio di quella che era la vita di Natasha prima di tutto, prima degli Avengers, prima dello SHIELD, prima di diventare una spia, prima della Stanza Rossa. Solo Natasha e la sua famiglia, una famiglia finta, di spie, sotto copertura, ma pur sempre una famiglia, almeno finché tutto non precipita e, come dice “mamma” Melina, non devono tornare “a casa”.

Parte qui una bellissima sequenza di titoli di testa. Accompagnate da “Smells like teen spirit”, nella versione di Malia J. Poche immagini, flash, che parlano di guerra, di spionaggio, di addestramento, di dolore. Perché non c’è bisogno di scendere nel dettaglio: Natasha ci ha già detto tante volte quanto il suo addestramento sia stato difficile, quanto la Stanza Rossa l’abbia cambiata, quanto il suo intero corpo sia stato preparato per quel lavoro, arrivando perfino a privarla della possibilità di avere figli.

Appartiene tutto al passato, un passato che Natasha sembrava aver lasciato alle spalle, ma che adesso ricompare con forza, con violenza, ed è pronto a presentarle il conto. Dopo aver trovato una nuova famiglia negli Avengers, la nostra Vedova Nera è costretta a guardare indietro e a ritrovare la famiglia che, nel bene o nel male, l’ha cresciuta.

Ci affacciamo, così, alla vera storia del film, una storia che cronologicamente va collocata tra Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War, ma che, in realtà, abbraccia un po’ tutta la storia dell’unico membro femminile della formazione originale dei Vendicatori. Avevamo lasciato Natasha Romanoff con Tony Stark e il suo “verranno a prenderti”, l’abbiamo ritrovata due anni dopo con diverso colore di capelli, diverso taglio, diverso abbigliamento… che cosa è successo?

Black Widow risponde a questa domanda e, contemporaneamente, ci lancia ancora più indietro nel tempo, rispondendo a un altro fondamentale quesito che attanaglia la mente di tutti i Marvel-addicted: che cosa è successo a Budapest?

Il film è, quindi, un riferimento al passato, ma, allo stesso tempo, è una freccia che si scaglia verso il futuro. Diamo il definitivo addio a Natasha Romanoff e facciamo la conoscenza di sua sorella, Yelena Belova, destinata a prenderne il posto esattamente come Sam Wilson ha preso il posto di Steve Rogers e come, in qualche modo, Peter Parker ha preso il posto di Iron Man (e come Jane Foster prenderà il posto di Thor nel prossimo Thor: Love and Thunder).

Avevamo bisogno di un film su un personaggio morto nel Marvel Cinematic Universe? Assolutamente sì. E non solo per quanto già detto, ma anche perché la Marvel mostra a tutto il mondo qual è il vero girl power. No, non è quella scenetta tristemente famosa in Avengers: Endgame, non è Wasp che supporta Ant-Man, non è Valkiria che mette k.o. il dio del tuono, non è Peggy Carter che si muove a suo agio tra i soldati uomini. Non è neanche Captain Marvel che ha bisogno della presenza di Nick Fury, un uomo, per reggere un intero film e forse neanche Wanda che ha bisogno di crearsi un’utopia perché non riesce a dire addio al suo grande amore.

È un film con protagonista femminile, con dei personaggi di supporto femminili, con un esercito femminile, dove le uniche presenza maschili sono relegate al ruolo di cattivo o di “caricatura” di un Avenger. È un film dove i combattimenti e gli inseguimenti in auto o in modo non hanno nulla da invidiare agli action movie con protagonisti maschili.

Avevamo bisogno di questo film all’inizio della Fase Quattro? Ancora una volta, assolutamente sì. Black Widow si muove in parallelo e in contrasto con Iron Man. A un protagonista americano contrappone una russa, a un uomo, una donna, a un playboy, qualcuno che ti ricorda che non è solo un bel culo. E in parallelo si muove anche la scena dopo i titoli di coda, ma non vi dirò di più in merito (assicuratevi solo di rimanere al cinema fino alla fine). Black Widow mette anche in chiaro, ancora una volta, qual è la direzione che vogliono seguire i Marvel Studios: cinecomic, sì, ma non solo. Perché se togliamo dall’equazione il siero del supersoldato che scorre nelle vene di Red Guardian (e che, comunque, si dimostra abbastanza inutile nell’economia del film), l’elemento “fumettistico” o “fantasy” scompare del tutto e rimane solo un action movie o una spy story, ben scritta, ben diretta, ben coreografata.

Black Widow è comunque un film che non fa sentire la mancanza degli Avengers: non li vediamo, certo (non aspettatevi mirabolanti camei), ma sentiamo i loro nomi, ci ricordano delle loro gesta e un po’ li vediamo perfino combattere nei movimenti dell’emulatore Taskmaster. Lo vediamo, infatti, lanciare uno scudo come Cap, scoccare una freccia come Clint, rigirarsi un coltello tra le mani come Bucky o uscire gli artigli come T’Challa.

Un ultimo commento va per il rapporto tra Natasha e sua “sorella” Yelena, una sorella non di sangue, ma di cuore. Ancora una volta la Marvel ci mostra che per essere davvero fratelli non bisogna per forza condividere il dna. Ce l’ha fatto vedere con gli dei di Asgard che man mano hanno conquistato questa consapevolezza, ce l’ha ribadito con Gamora e Nebula, unite anche se Thanos le aveva scatenate l’una contro l’altra e ce lo sta ripetendo con ancora più forza con Natasha e Yelena. Le due sorelle si ritrovano dopo tanti anni, ma sono capaci di interagire, di ragionare, di combattere insieme come se non si vedessero da appena poche ore. Capaci anche di prendersi in giro, di dirsi le cose in faccia, belle o brutte che siano. Capaci di essere sorelle. E questo, alla luce della fine che farà Natasha, ha ancora più valore.

Ovviamente, specchio speciale per questo iconico film, in attesa che la Fase Quattro dei Marvel Cinematic Universe ci faccia ancora sognare.

Appuntamento per la prossima settimana per parlare di Loki.



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