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Recensione: L’inizio è alla fine

Trama 
La vita a volte arriva a un punto che sembra segnare la fine, ma in realtà può essere solo l'inizio di un nuovo capitolo. C'è sempre una scintilla che può accendere la consapevolezza di trovarsi su una strada diversa, ed è fondamentale riconoscere questo momento e lasciarsi guidare verso una nuova direzione, un nuovo inizio.
Così, il protagonista, ormai avanti con gli anni, si trova a vivere un grande cambiamento nella sua vita, ma non lo affronta da solo: è guidato e sostenuto dall'amore e dalla tenerezza di una sorpresa che invade la sua anima: l'ingenuità e la spontaneità di un bambino, suo nipote.
Questo romanzo rappresenta un manifesto al grande cambiamento che la vita può riservare. Un'opportunità per celebrare la bellezza del legame tra un nonno e suo nipote. Attraverso i loro occhi, scopriamo la magia di una connessione profonda e indissolubile. Una storia che celebra la forza trasformatrice dell'amore ricordandoci che la vita nasconde tesori inestimabili.
 “L’inizio è alla fine” di David Redoschi è uno di quei libri che non leggi soltanto: ci cammini dentro piano, come in una casa piena di ricordi, dove ogni stanza profuma di vita passata e di quella che resta. È una storia che parla di fine e di inizio, ma soprattutto di continuità — quella che esiste nei legami che resistono al tempo, anche quando la voce si spegne e resta soltanto l’eco dell’amore.
Il protagonista, un uomo ormai avanti negli anni, attraversa un momento di smarrimento, quel tipo di crisi che arriva quando si crede di aver già vissuto tutto. Poi, all’improvviso, la vita lo sorprende nella forma più pura possibile: un bambino, suo nipote. Tra loro nasce una tenerezza disarmante, una di quelle relazioni che non chiedono nulla se non presenza, sguardi e silenzi condivisi. È un romanzo che sa parlare di rinascita senza prediche, di dolcezza senza zucchero, e di perdita senza disperazione.
Io l’ho letto lentamente, forse per paura di finirlo, forse perché certe parole fanno da specchio. Ho perso mia nonna più di due anni fa, e in queste pagine mi è sembrato di risentire la sua voce, di ritrovare quel tipo di amore che non muore, ma cambia forma e resta nei gesti, nei ricordi, nelle piccole cose.
Sono poco più di duecento pagine che cullano, che non fanno rumore ma lasciano un segno. È un libro scritto per chi ha bisogno di pace, per chi sa che il dolore non si supera ma si trasforma.
Perché l’inizio è alla fine, ma la fine dei nonni — quella — non arriva mai.
Alla prossima,

Commenti

  1. Grazie Marika !!! Bellissima recensione !!! Grazie 1000 !! 🙏❤️

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