Recensione: Echo

Salve, specchietti!

Oggi vorrei parlarvi di un prodotto Marvel, tanto per cambiare. Si tratta della serie tv Echo, disponibile su Disneyplus.

Marvel Studios presenta “Echo”, la storia di Maya Lopez (Alaqua Cox), braccata dall’impero criminale di Wilson Fisk (Vincent D’Onofrio). Quando il suo viaggio la riporta a casa, dovrà affrontare la sua famiglia e il suo retaggio.

Echo è una serie di prime volte.

È la prima volta che una serie Marvel viene rilasciata tutta nello stesso giorno anziché a cadenza settimanale.

È la prima serie sotto il marchio “Spotlight”, ovvero più scollegata dall’MCU, con più attenzione al percorso personale che alla macrotrama e che, di conseguenza, può essere vista indipendentemente dagli altri prodotti.

È il primo prodotto MCU vietato ai minori di 18 anni. O, almeno, così avrebbe dovuto essere, ma, pochi giorni prima della sua messa in onda, Marvel ha canonizzato le serie Defenders (quelle che erano state prodotte da Netflix, per intenderci) all’interno dell’MCU. Senza contare i film di Deadpool che, al momento, corrono sul confine tra canonico e non canonico. Diciamo che è il primo prodotto nato già all’interno dell’MCU a essere vietato ai minori.

La storia parte con un lungo riassunto della vita di Maya Lopez, una ragazza choctaw nata sorda come la madre. Da bambina, Maya è coinvolta in un incidente stradale in cui perde la madre e la gamba. Maya e suo padre si trasferiscono a New York, perdendo ogni contatto con la famiglia d’origine. Qui, però, trovano un’altra famiglia, una famiglia criminale, guidata da Victor Fisk. Alla morte di suo padre, la rabbia e la voglia di vendetta spinge Maya ad entrare con forza in quel mondo da cui suo padre voleva tenerla lontana, trovando in Fisk quasi una figura paterna. Lo stesso Fisk che, come abbiamo visto in Hawkeye, è il vero responsabile della morte di suo padre.

Abbiamo già conosciuto Maya e Fisk in Hawkeye, appunto, ma la Marvel viene incontro a chi non ha visto quella serie, proprio nell’ottica del marchio “Spotlight”, riproponendo le scene principali sulla storia di Maya. Queste si inseriscono in un riassunto della vita di Maya dalla notte dell’incidente, fino al giorno d’oggi, momento in cui Maya, dopo vent’anni, torna a Tamaha, dove è nata e cresciuta e dove vive ancora la sua famiglia.

È qui che ha inizio la vera storia di questa serie tv, la storia di un viaggio tutt’altro che nostalgico. Maya, infatti, ha appena vendicato suo padre (o, almeno, così crede), ma dopo aver ucciso il re le resta ancora da smantellare tutto il suo impero.

Da una parte c’è quindi la sua vendetta, questa furia cieca che rischia di travolgere anche le persone a cui vuole bene, dall’altra c’è un cammino di riscoperta di se stessa e degli antenati il cui eco continua a risuonare in lei.

Devo confessare che se questa non fosse stata una serie Marvel difficilmente l’avrei guardata. E, in effetti, guardandola, quasi ti dimentichi di trovarti all’interno dell’MCU. È una storia molto introspettiva e ben radicata all’interno della comunità choctaw (che ha collaborato alla sua realizzazione). Ciononostante, ci sono state delle cose che ho apprezzato particolarmente. Altre, invece, non mi sono piaciute per nulla.

Un aspetto che mi ha sicuramente colpito in modo positivo è come viene trattata la sordità di Maya. Ci rendiamo subito conto di quanto la sua famiglia le voglia bene perché ogni suo familiare conosce molto bene la lingua dei segni. Quando Bonnie, la cugina, si arrabbia con lei, non urla. Bisbiglia. E, intanto, segna con foga. Urla nella lingua di Maya. Maya stessa si rende conto di quanto ciò sia importante per lei quando rimprovera a Fisk di non avere mai imparato la lingua dei segni. Lui non le ha mai voluto bene.

Sempre riguardante la sordità, la serie compie un passo in più e in diversi momenti permette allo spettatore di “sentire” con le orecchie di Maya. Cessano le parole, cessano i suoni, cessa perfino la musica e anche nel bel mezzo di uno scontro rimane solo il silenzio. Tutto viene filtrato dagli occhi.

Ho apprezzato come sia stata trattata la cultura choctaw. Vengono spiegate leggende e tradizioni e si prendono anche bonariamente in giro i bianchi, incarnati nei due turisti che confondono le varie comunità indigene. Si vede che è stata messa parecchia attenzione in questo aspetto.

Mi è piaciuta la violenza, anche se mi sarei aspettata qualcosa di più. Come dicevo prima, la serie è stata presentata come vietata ai minori, quindi mi aspettavo che venisse scatenato il lato più violento di Maya e soprattutto di Fisk (chi ha visto la serie di Daredevil ricorderà di quando ha ucciso un uomo con lo sportello di un’auto). Devo dire che, in effetti, i combattimenti sono stati molto violenti e Fisk ha mantenuto la sua fama (anche se sarebbe stato meglio non vedere quella scena già nel trailer), ma avrei preferito qualcosa in più. A un certo punto sembrava come se fossero due serie diverse, una introspettiva su Maya, la sua famiglia e le sue antenate, e una violenta. Erano come due pezzi di un puzzle che non riuscivano a incastrarsi bene.

Da grande fan di Daredevil, ho amato il suo cameo, ma ho odiato il fatto che si trattassero solo di pochi minuti, se non secondi. Daredevil ci era stato presentato già nel primo trailer, ma la sua presenza è ancor meno che marginale. È, appunto, solo un cameo (abbiamo molto ma molto più Daredevil in She-Hulk). Perché illudere gli spettatori? O, meglio ancora, perché dover usare Daredevil per convincerli a guardare la serie su Echo? Mi fa rabbia anche pensare che quella era una delle scene migliori della serie. Ho da poco letto Parti di un buco e devo dire che il combattimento tra Matt e Maya riprende alla perfezione lo spirito dei loro combattimenti nei fumetti. A questo punto, non mi rimane che sperare in un loro incontro-scontro in Daredevil: Born Again e, soprattutto, in una maggiore interazione tra questi due eroi portatori di handicap.

Handicap è la parola chiave di ciò che ho più odiato in questa serie e che si concretizza in un terribile ultimo episodio. Ho già detto che sono fan di Daredevil. Ciò che ho sempre amato in lui è che riesce ad avere un qualcosa in più pur avendo un senso in meno. Daredevil è come una controparte fumettistica di quello che nella vita reale sono gli atleti delle paralimpiadi. Ho scoperto il personaggio di Echo da poco e anche lei si muove su quella stessa strada. Come Matt “vede” con le orecchie, così Maya “sente” con gli occhi.

Maya è eccezionale così com’è, senza i suoni e, nella sua versione live-action, anche senza una gamba. C’era proprio bisogno di darle dei poteri? Poteri che poi, di fatto, le sono inutili. Tutto quello che ha fatto e che continua a fare contro Fisk e il suo impero, l’ha fatto senza aver bisogno di alcun potere. Inoltre, la risoluzione finale è troppo accelerata.

Nonostante i suoi difetti, la serie mi stava piacendo, ma sento che l’ultimo episodio ha rovinato quella che poteva essere una bella storia. Per tutti questi motivi assegno a Echo 3 stelle e mezzo.

Alla prossima,

-IronPrincess



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