Focus: Iron Man


Accendete la musica, AC/DC a palla, e mentre risuonano le note di “Back in black” preparatevi all’arrivo di lui, il “genio, miliardario, playboy, filantropo”, Mr. Tony Stark. Ovvero: Iron Man!

Quando parliamo di personaggi Marvel, il modo in cui si presentano è sempre iconico. Se Cap si limita a un semplice “Io sono Steve” e il giovane Peter ha bisogno di specificare “Sono Peter…Parker”, nel caso di Tony Stark tutti sanno esattamente che è Tony Stark. La sua fama lo precede, ma ancora di più lo precede la fama di suo padre. Howard Stark ha fondato lo SHIELD, ha collaborato negli esperimenti su Steve Rogers e ha eretto le Stark Industries. Quando Tony raccoglie l’eredità lasciatagli da suo padre a 21 anni, diventando il nuovo amministratore delegato dell’azienda di famiglia, sa che sarà difficile uscire dalla sua ombra. E infatti, nonostante Tony abbia già fatto parlare di sé e della sua armatura, in Iron Man 2 è Howard a regalargli un elemento con il quale sostituire il velenoso palladio nel suo petto tramite vecchi filmati e un vecchio modellino.

“Morto da quasi vent’anni e mi porti ancora a scuola.”

Ecco perché Tony ha bisogno di andare oltre, di sentirsi qualcosa più di un genio, di un miliardario, di un playboy, di un filantropo. Ha bisogno di sentirsi più di uno Stark. Ha bisogno di sentirsi Iron Man.

“Io sono Iron Man” è forse la frase più iconica di tutto il Marvel Cinematic Universe. Essa, in qualche modo, apre e chiude la Saga dell’Infinito. La ritroviamo nei tre film stand-alone di Iron Man: la pronuncia al termine della celeberrima conferenza stampa che chiude il primo film, dove
sceglie di uscire allo scoperto e assumersi la paternità del nuovo supereroe apparso su tutti i giornali, la stessa conferenza stampa viene ripresa all’inizio del secondo film e Tony ripete quella frase durante il processo dove si vanta di “aver privatizzato con successo la pace nel mondo” e la pronuncia ancora una volta al termine del terzo film, dove, dopo aver rischiato di perdere la sua unica ragione di vita (Pepper) e aver capito di essersi concentrato troppo sulle armature, fa rimuovere le schegge di metallo dal petto e, di conseguenza, anche il reattore arc.

“Possono togliermi la casa o tutti i miei giocattoli, ma c’è una cosa che nessuno mi toglierà mai: io sono Iron Man.”


Quale migliore frase da dire a conclusione di tutto? In quel momento in cui si rende conto di essere arrivato alla fine, di essere disposto a sacrificare ogni cosa, perfino la sua vita, per salvare il mondo, per salvare sua figlia, Tony guarda negli occhi Thanos, l’ineluttabile, e prima di schioccare le dita ribadisce “Io sono Iron Man”. La vita di Tony Stark all’interno del MCU è segnata da tre eventi importanti che più degli altri ne influenzano il carattere: la prigionia in Medio Oriente, la battaglia di New York e la morte di Peter Parker.

Prima di essere rapito dai “dieci anelli”, Tony Stark era un “mercante di morte”. La sua fortuna derivava da contratti militari, creava e vendeva armi per l’esercito e non gliele importava nulla delle conseguenze.
“Sarei disoccupato con la pace.”
Ma quando si ritrova con delle schegge nel petto e una batteria a tenerlo in vita scopre che quelle stesse armi sono state vendute a sua insaputa anche alla concorrenza, vede con i suoi occhi la vera
faccia della guerra e decide di voltare pagina. Le Stark Industries dovranno lavorare per la pace, lui dovrà essere il volto della pace. Brevetta quasi immediatamente la mark 2, tra tentativi fallimentari di volo, ferro vecchio che spara con l’estintore quando non dovrebbe e il consiglio d’amministrazione della sua stessa società che tenta di farlo affondare. Mark 2, in una lega d’oro per poter andare nello spazio o, come suggerisce Jarvis, per “visitare altri pianeti” (neanche stesse prevedendo il futuro) e dipinta con un tocco di rosso, giusto per non passare inosservato e alimentare il suo ego.

Alla fine del secondo film, Tony ha ancora una “condotta compulsiva, tendenze autodistruttive, autocompiacimento da manuale”, come recita il rapporto dell’agente Romanoff. Ha capito che deve lottare per il bene, è riuscito a mettere ordine nella sua vita, nel suo cuore e nel suo rapporto con Pepper, ma non è ancora l’eroe senza macchia e senza paura. I nemici che si ritrova ad affrontare sono ancora degli esseri umani, è uno scontro personale prima ancora che per la salvezza del pianeta. Tutto cambia con la battaglia di New York. Stark non è più da solo, ha accanto a sé un gruppo di superamici, tra cui “Capitan ghiacciolo”, Steve Rogers, che ha popolato i racconti di suo padre quando era bambino, e “Shakespeare in estiva”, Thor. Il primo incontro tra i tre non è idillico, ma proprio lì il trio comincia a testare l’abilità nel lavorare insieme e combinare le proprie forze, abilità che sfrutteranno nell’ultima battaglia contro Thanos. Oltre ad avere nuovi amici, però, il nostro eroe deve scontrarsi con nuovi nemici, nemici che vengono dallo spazio.


“-Sei grosso con l’armatura, tolta quella cosa sei? 
-Un genio, miliardario, playboy, filantropo.
-Conosco uomini modesti che valgono dieci volte te. Ho visto i filmati. L’unica cosa per cui combatti è te stesso. Non sei il tipo votato al sacrificio, che si stende sopra un filo spinato perché gli altri lo scavalchino.
-Io il filo spinato lo taglierei.
-Sempre una via d’uscita. Forse tu non sarai una minaccia, ma ti conviene smetterla di giocare a fare l’eroe.
-L’eroe? Come te? Sei un esperimento di laboratorio, Rogers. Tutto quello che hai di speciale è uscito da un’ampolla.”

Se solo poche ore prima Steve lo aveva accusato di essere un egoista, di non essere disposto a sacrificarsi per un bene comune, la situazione cambia radicalmente durante la battaglia. I chitauri continuano ad arrivare, nonostante gli sforzi degli Avengers per fermarli, il consiglio mondiale manda un missile nucleare su New York per cercare di fermarli e Tony è costretto a prendere una decisione: spedire il missile nel portale, a costo della propria vita, per un bene superiore. 
Jarvis, il suo aiutante cibernetico ma anche la sua coscienza artificiale, prova a fare un’ultima chiamata a Pepper (che non risponde) e Iron Man compie la sua missione, esaurendo la batteria, esaurendo l’ossigeno e precipitando come morto sul suolo di New York. Tale esperienza sconvolgerà totalmente la vita di Tony che in Iron Man 3 arriverà perfino a soffrire di stress post-traumatico, con insonnia e attacchi di panico e un’unica ancora di salvezza, ancora una volta Pepper.

“Vivi esperienze al limite, e poi tutto finisce senza una spiegazione. Alieni, dei, altre dimensioni. Io sono solo un uomo di latta. L’unico motivo per cui non ho avuto un crollo è perché ti sei trasferita da me. È fantastico, ti amo, sono fortunato, ma, tesoro, non riesco più a dormire. Tu vai a letto e io vengo qui a fare quello che so fare: armeggio. Ma il pericolo è imminente, e devo proteggere l’unica cosa senza la quale non vivrei. Sei tu.”

L’ultimo film nella trilogia stand-alone vede la massima evoluzione di Iron Man come singolo: nonostante abbia costruito numerose armature, fino ad arrivare alla controversa Mark 42, per gran parte del film combatte senza nulla addosso, forse simbolo del suo spogliarsi di tutte le insicurezze per affrontare i suoi demoni a testa alta. Per evitare che si ripeta ciò che è successo a New York, Stark progetta “un’armatura a protezione del mondo”, Ultron. Tale creatura però, finirà col pianificare lo sterminio della ragazza umana, costringendo gli Avengers a scendere in campo ancora una volta. D’altronde, non è la prima né l’ultima volta che Tony Stark stesso crea i propri nemici: Obadaiah Stain era suo socio nelle Stark Industries, Ivan Vanko è il figlio dell’ingegnere che ha aiutato Howard a progettare il rettore Arc, Aldrich Killian si è nutrito negli anni del desiderio di vendetta nei confronti di Tony, così come i gemelli Maximoff, che hanno sfiorato la morte a causa dei missili prodotti da Stark. Fino ad arrivare a Mysterio: non solo Quentin Beck, ma tutto il team che sta dietro il supercattivo del film Spider-Man: Far From Home è composto da ex dipendenti delle Stark Industries.

La creazione di Ultron causa una prima frattura all’interno della squadra e, nello specifico,
all’interno del controverso rapporto tra Tony e Steve, frattura che si aggraverà durante Captain
America: Civil War, prima per la mancata accettazione da parte del capitano a stelle e strisce degli
accordi di Sokovia, poi per la rabbia di Tony per l’assassinio dei genitori ad opera di Bucky.

“-Lui è mio amico.
-Lo ero anch’io.”

Proprio durante la civil war, Tony fa la conoscenza di Peter Parker. Ragazzo brillante, con una mente fuori dal comune e dotato di superpoteri. Forse Tony rivede in lui un po’ di se stesso, per questo lo prende sotto la propria ala protettiva e in Spider-Man: Homecoming lo fa cresceremproprio come farebbe un padre, insegnandogli il vero significato dell’essere un eroe.
“Se non sei niente senza il costume, allora non dovresti averlo.”
Tony ribadisce diverse volte che non vuole comportarsi con Peter come suo padre faceva con lui, ma nonostante cerchi di essere distaccato con lui, rimane la maggiore figura genitoriale che il ragazzo abbia mai conosciuto. E arriviamo così all’ultimo punto di svolta nella vita di Tony: la morte di Peter.
Thanos attacca la Terra in cerca delle gemme, gli Avengers sono solo un pallido ricordo e le minacce sono grandi. Urge spostare il conflitto nello spazio. Tony segue Strange per provare a salvarlo, manda Peter a casa, ma il ragazzo, testardo quanto lui, resta. L’aiuto di Spider-Man, d’altronde, si rivela fondamentale, tuttavia i nostri vengono sconfitti da Thanos che schiocca le dita e porta a termine il suo piano. Peter si sgretola sotto lo sguardo impotente di Tony.
“Signor Stark, non mi sento molto bene.”
La devastazione in Tony è subito evidente, ma viene ancora più accentuata quando Captain Marvel
lo riporta sulla Terra, salvandolo da morte per stenti, e lui, dopo anni, ritrova Steve. Non si parlano
da quando se l’erano date di santa ragione, Tony non se l’era sentita di chiamarlo durante la
minaccia (nonostante si portasse sempre dietro il telefono che Steve gli aveva detto di usare in
caso di emergenza), eppure, in quel momento, non importa cosa è successo tra loro. Tony lo
guarda e dice semplicemente: “ho perso il ragazzo”. Quattro parole che esprimono tutta la
devastazione che si porta dentro e che neanche l’abbraccio della sua Pepper riesce a colmare.
Peter sarà anche il motivo che lo riporterà a combattere. Dopo essersi ritirato in campagna, aver
sposato Pepper e aver avuto da lei una splendida e dolcissima bambina, Morgan, Tony rifiuta la
richiesta di aiuto degli Avengers rimasti, vuole godersi la famiglia, ma poi vede una vecchia foto
con Peter e capisce che, se c’è anche una minima speranza, Iron Man deve tornare per lui.

“Riportare qui quello che abbiamo perduto io lo spero, sì, mantenere quello che ho io lo voglio, a qualunque costo. E non morire durante sarebbe gradito.”

Non appena vede Peter riportato in vita, Tony lo abbraccia. Se nei film precedenti aveva cercato di evitare ogni contatto con il ragazzo, adesso è proprio lui a cercarlo e a stringerlo a sé.

Tony era un genio, miliardario, playboy, filantropo. Undici anni e più di venti film dopo diventa un marito, un padre (di Morgan, ma anche di Peter e del piccolo Harley che aveva incrociato in Iron Man 3), un amico, una guida e un eroe. Quando Strange durante l’ultimo scontro lo guarda e alza quel dito, la sola possibilità su oltre 14 milioni, lui sa cosa fare e, proprio come aveva fatto a New York, non esita. “Io sono Iron Man”, la degna chiusura di una vita all’apice. Lui aveva iniziato tutto, lui ne mette fine.
Una fine che fine non è. Tony continua a vivere in sua figlia che dimostra i suoi stessi gusti (chiede a Happy un cheeseburger come aveva fatto suo padre nel primo film), ma continua a vivere anche in tutti coloro le cui vite sono state toccate dal suo passaggio e che sfilano nelle immagini del suo funerale.
Continua a vivere in Peter, il suo erede, l’uomo a cui affida la sua EDITH (non a caso acronimo di Even Death I’m The Hero, anche morto io sono l’eroe) e che, inconsapevolmente, ne imita i gesti nel momento in cui si ritrova a dover creare un nuovo costume.
“Even death, I’m the hero”.
 E Iron Man resterà per sempre l’eroe dei nostri cuori, l’eroe centro e
cuore pulsante dell’intero Marvel Cinematic Universe.

-IronPrincess

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