Recensione: Storia di chi fugge e di chi resta - Libro

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"Sai cosa ti succederà?
Ti userà.
Ti succhierà il sangue.
Ti toglierà la voglia di vivere e ti abbandonerà."
                                                                            -Lenù

Trama: 
Elena Greco, dopo aver frequentato con gran successo l'università di Pisa, si sposa con Pietro Airota e pubblica un libro. Lila Cerullo, invece, lavora in una fabbrica di insaccati per mantenere la sua famiglia. Due donne, due aspetti diversi di un'Italia in rivoluzione.

Recensione

Ho amato anche questo libro, ma in maniera differente rispetto ai primi due volumi della serie. In L'amica geniale  e in Storia del nuovo cognome seguiamo le vicende di due ragazzine con problemi da ragazzini che tutti noi affrontiamo; in Storia di chi fugge e di chi resta, invece, leggiamo di due donne adulte con problemi da adulti, fase della vita in cui sono approdata da non molto.

“La maturità consisteva nell’accettare la piega che aveva preso l’esistenza senza agitarsi troppo, tracciare un solco tra prassi quotidiana e acquisizioni teoriche, imparare a vedersi, a conoscersi in attesa di grandi cambiamenti.” 

In qualche modo mi sono sentita maggiormente coinvolta dalle vicende di Lenuccia e Lila -non che prima non lo fossi, anzi!-. Mi rispecchio perfettamente nei pensieri della nostra narratrice, più matura rispetto al passato pur rimanendo se stessa.
In questo "nuovo capitolo della sua vita", Lenù è insoddisfatta. Quell'insoddisfazione la può capire chiunque abbia più di vent'anni, perché ci si rende conto che essere adulti non comporta solo indipendenza e libertà, soprattutto se prendi scelte sbagliate dettate dalla pressione sociale e/o dalla fretta di fare cose da grandi. Prima o poi bisogna affrontare gli errori del passato e ammettere di non essere perfetti, solo così è possibile andare avanti; e questo Elena lo imparerà a sue spese.
Lo sfondo storico, culturale e sociale è ben delineato, al punto da poter respirare l'aria di rivoluzione e di tensioni che investì l'Italia negli anni Settanta. Se Elena è il mezzo tramite cui la scrittrice parla dell'aspetto psicologico del diventare adulti, Lila è il mezzo tramite cui descrivere i disagi e le disgrazie della classe operaia. Lenù racconta l'Italia con l'inchiostro, Lina con il sangue.
Il terzo volume della serie si lascia leggere in pochissimo tempo, tra le sue pagine si avverte già l'arrivo dell'ultima parte della storia, quella conclusiva. Se devo proprio cercare il pelo nell'uovo, mi vien da dire che qui il ritmo della narrazione mi è sembrato più lento, ma non noioso.
Elena Ferrante conferma nuovamente d'essere motivo d'orgoglio per la letteratura italiana, per cui spero contribuisca con il suo operato ancora per molto altro tempo.   
Settimana prossima vi parlerò del quarto e ultimo volume, il mio preferito. 




 

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