Il mio Giffoni 2016
Dal 15 al 24 luglio 2016 si
svolge il Giffoni Experience. L’evento viene seguito a
livello nazionale da giornali, radio e televisioni. Oggi, però, vi
racconto quella che è stata la mia unica e personale avventura.
Sabato 16/7
Ore 6.45. Reduci di una
nottata di (troppo) poco sonno, tra valigie e riunioni dell’ultimo
secondo, finalmente si parte: la nostra Experience inizia
così.
Foto della nostra fotografa Alessandra Pini |
La prima definizione del
Giffoni film festival è, appunto, quella di un festival del
cinema. Cosa che effettivamente è. Ma credo possa essere riduttivo
limitarsi a pensare unicamente alla proiezione di film e agli incontri con le star. Un festival,
come tante altre cose, è fatto di infinite sfumature, ed è bello
tentare di coglierne il più possibile. Ce n’è una in particolare
su cui voglio concentrarmi in questo intervento, una che ha dato il
colore alla mia esperienza: la formazione.
Una piccola specificazione è
importante, giunti a questo punto, ovvero che la mia partecipazione
al Giffoni non è stata da privato, ma con un’associazione ,
il CGS (Cinecircoli Giovanili
Socioculturali), accompagnata da adulti formati e
accompagnando ragazzi più giovani. Ed è (anche) qui che è presente
la formazione, un effetto a catena che permette ad ognuno di
insegnare e di crescere insieme, trasmettendo nozioni, metodi e
valori a quelli che diventeranno gli educatori di domani. Il festival
come condivisione e crescita propria e insieme agli altri.
Eppure è bastata una breve
passeggiata per i luoghi del Giffoni Experience, il melodioso
benvenuto del Valzer di Shostakovich per sentire e
immergersi nuovamente nel clima del festival. Un clima caldo,
familiare, vivo e colorato da vivere internamente ed esternamente con
i tanti altri
partecipanti, un luogo e un’occasione di incontro con
chi è
parte del mondo del cinema, ad ogni livello, un modo per
sperimentare, sentire,
conoscere... e crescere, arricchendosi, ancora un po’ di più.
Domenica
17/7
Il
film di oggi: Learn by
heart – La vie en grand
Adama
è un adolescente di
colore che vive con la madre divorziata in un minuscolo
appartamento a Stains, nella degradata, povera e pericolosa periferia
di Parigi. Nonostante
sia un ragazzo brillante
che cerca di dare il massimo per aiutare la propria numerosa famiglia,
sente
di non riuscire a fare abbastanza per la madre e i molti
fratelli.
A causa di un evento imprevisto, e con l’aiuto di Mamadou, compagno
di avventura e poi amico, però, Adama cambierà le cose.
Learn
by heart
è il primo lungometraggio del francese Mathieu
Vadepied, figura
conosciuta nel cinema francese, ed
è stato scelto come film di chiusura della Settimana
della Critica
al Festival
di Cannes 2015.
Al
Giffoni
Experience 2016
la
pellicola è inserita nella categoria +13 e
personalmente apprezzo la scelta. Ammetto di
aver trovato piacevole il film, anche
se
in
alcuni punti può risultare un po’ lento. Mi
è piaciuto come il regista sia riuscito a trattare temi complicati
come la criminalità giovanile, le
difficoltà economiche e quelle sociali
di chi proviene
da un altro mondo e
si
scontra con le differenze tra culture che ancora non
riescono a
trovare il giusto equilibrio per
incontrarsi.
Vadepied ne parla con grande delicatezza, decidendo di non analizzare con eccessiva profondità (che sarebbe risultata
probabilmente
fuori luogo in una pellicola del genere),
e senza mai
scadere
neanche per un attimo nella
superficialità. Nel
complesso il
mio giudizio sul
film resta abbastanza positivo.
Lunedì
18/7
Il
film di oggi: My name is Emily
Emily
è una weirdo, una stramba, ed è sempre stata definita tale.
In seguito alla morte della madre e al ricovero del padre, la ragazza
viene portata in una nuova famiglia e in una nuova scuola. Quando,
nel giorno del suo sedicesimo compleanno, non riceve la lettera
d’auguri che il padre le invia ogni anno, Emily intuisce che
qualcosa non va. Decide così di prendere in mano la situazione e, in
compagnia del suo unico amico Arden, intraprende un viaggio per far
scappare il padre dall'ospedale psichiatrico. Ma come ogni
avventura, anche questa si trasformerà in un’inaspettata scoperta.
My
name is Emily è una pellicola
che mi ha molto colpito, e che
ho davvero apprezzato. Non
solo per la recitazione dei personaggi
principali, George Webster ed
Evanna Lynch, ma per le
scelte narrative e scenografiche. Il
film si presenta allo spettatore attento come una favola, raccontata
in prima persona dalla
protagonista femminile, e
nasconde temi importanti,
come la vita, la morte, l’amore e, soprattutto, la famiglia. Molto
bella è l’alternanza delle
scene, che con la scusa della
presentazione dei flashback, comunica
in maniera efficace con il
pubblico proponendo una bella
simbologia (tra i tanti, l’acqua come morte e rinascita). Nel
complesso, seppure in alcuni punti la pellicola possa risultare quasi
drammatica, l’ho trovata molto calda, e capace di stimolare
riflessioni senza mai imporsi in maniera arrogante o pesante. Ne
consiglio, perciò, molto volentieri la visione.
Foto della nostra fotografa Alessandra Pini |
Gli
ospiti di oggi: Evanna
Lynch
Dopo
il film, abbiamo avuto la fortuna di partecipare al dibattito in sala
con l’attrice. Ammetto
che, seppur non nei panni di una fan sfegatata, come tanti altri mi sono
interessata a questa artista
già da qualche anno, grazie
alla sua interpretazione del personaggio di Luna Lovegood nei film
targati Harry Potter.
È un’attrice che seguo
con piacere ed ero molto curiosa di ascoltarla
parlare della pellicola e
di vederla rapportarsi con i fan. Inutile
dire che non sono rimasta delusa dall’incontro.
La
Lynch ha parlato con piacere di My
name is Emily, manifestando fin da subito
il suo entusiasmo non per
promuovere il film, ma dimostrando un genuino piacere ed interesse, e
quel calore riservato alle belle esperienze che fanno crescere e
regalano molto. Ha risposto
alle domande che le sono state rivolte affermando di ritrovarsi molto in Emily,
non solo per il suo essere strana
o nell'amore per i libri, ma per il condividere molti aspetti della sua visione del mondo. Piacevolmente
sorpresa mi ha lasciato, inoltre, il suo modo di relazionarsi ai fan.
Con un sorriso sincero
costantemente sulle labbra, ha ascoltato con vero interesse gli
interventi dei ragazzi in sala, confrontandosi con essi e
ragionandoci su, lasciando che la cambiassero almeno un po’. La
stessa disponibilità è stata dimostrata nel blue carpet
(all’ingresso e all’uscita della sala), dove l’attrice si è
dimostrata estremamente disponibile per firmare autografi e fare foto
con i fan. Per chi mi
conosce bene, è ormai inutile scrivere quanto piacevolmente sorpresa sono rimasta.
Il
blue carpet: Lorenzo Richelmy
(attore protagonista in Marco
Polo)
Gabriele
Mainetti (regista Jeeg
Robot)
L’anteprima
di oggi: New York Academy – High Strung
Ruby
è una ballerina, studentessa al Manhattan Conservatory of the
Arts. Johnnie è un violinista che si guadagna da vivere suonando
nella metropolitana. Entrambi hanno un dono e il sogno di
coltivarlo. Insieme a un gruppo di ballerini hip hop, i due
decidono di unire i propri talenti per partecipare a un concorso che
potrebbe cambiare le loro vite per sempre.
Nella
guida di presentazione del Giffoni Experience, questo film
veniva presentato come un unicum nel franchising delle pellicole
musicali e di danza precedenti grazie alle canzoni e alle
coreografie, capaci di unire generi diversi. In effetti ciò avviene,
e sia le musiche (curate da Nathan Lanier) che i balli (ad opera di
Dave Scott, coreografo dei film di Step Up) sono realizzate
con una certa attenzione e colpiscono lo spettatore. Purtroppo ciò
non può essere detto per il resto della pellicola, i cui personaggi
sono la fiera degli stereotipi e la trama un susseguirsi infinito di
cliché e insensatezze. Il ritmo, poi, è veramente tremendo,
accelerato fino all’inverosimile in una frenesia che provoca forti
mal di testa allo spettatore fin dai primi minuti (tant’è che la
trama diventa seguibile unicamente perché formata dai sopracitati
cliché che, poiché visti e rivisti almeno un centinaio di volte,
permettono di capire in un istante cosa stia effettivamente
accadendo).
Nel
complesso, New York Academy (che sarà nelle sale
italiane dal 18 agosto 2016) è uno di quei film tranquilli e
stra-leggeri, ideali per una serata trash tra amiche, e capace di
assicurare un certo divertimento; ma che non consiglio minimamente a
chi ha intenzione di dedicarsi alla visione di una pellicola valida e
seria.
Martedì
19/7
Il
film di oggi: Center of my world – Die Mitte der Welt
Dopo
un’estate trascorsa in campeggio, Phil ritorna a casa e scopre che
la sua stravagante cittadina è stata sconvolta da una violenta e
improvvisa tempesta. Anche a casa la situazione è stranamente
cambiata, e ora la sorella gemella Dianne e la madre Glass non si
parlano più. Anche la quotidianità scolastica, rallegrata dalla
presenza della migliore amica Kat, non è più la stessa dopo
l’arrivo di un nuovo compagno di classe: il bello e misterioso
Nicholas, da cui Phil è subito attratto. Tuttavia quando scopre
quanto poco affidabile sia il suo primo amore, il ragazzo comprende
anche di dover fare i conti con i problemi legati al suo passato per
poter fare i conti con il presente.
Die
Mitte der Welt è la coronazione
di un sogno per il regista Jakob M. Erwa, che
con questa pellicola adatta
cinematograficamente uno dei suoi libri preferiti: il bestseller
Center of my World di
Andrea Steinhöfel.
La
durata del film è di circa 115 minuti, e
seppure la proiezione possa sembrare un po’ lunga, non è mai
pesante. Ho apprezzato
moltissimo l’ironia delle scene, che in alcuni punti rasentano
volontariamente il trash, gli
ambienti, i personaggi e, soprattutto,
la scelta e l’utilizzo dei colori. La
trama, non
banale, non ha pretese e non risulta eccessivamente complessa,
ma risulta comunque piacevole. I
temi proposti e, soprattutto, il modo in cui vengono trattati sono a
mio avviso il punto forte del
prodotto: la famiglia,
l’importanza della presenza di figure fidate, di pilastri, nella
vita di ogni individuo, l’omosessualità, la poligamia… Sono
concetti complessi e tuttavia già più volte mostrati con l’utilizzo
di infiniti cliché e/o con banalità che rasentano l’imbarazzo.
Invece è interessante come
vengano mostrati con la naturalezza riservata ad argomenti
considerati meno “delicati”, come fossero situazioni normali che
non necessitano di un’eccessiva e inutile acclamazione. Eppure,
non si cade mai nella banalità, ma al contrario il
racconto del regista porta lo spettatore a costanti e interessanti
riflessioni.
Center
of my world è un film che
consiglio volentieri a tutti, anche se tende ad essere abbastanza
esplicito, e che vorrei ognuno avesse la sensibilità e la maturità
di guardare e apprezzare senza sentirsene ingiustificatamente
offeso, come invece è avvenuto per alcuni giurati in sala. Ancora
una volta, dispiace per i commenti omofobi sussurrati nel buio della
sala del cinema, e che una
stupida chiusura mentale
impedisca di apprezzare un buon film.
Per impegni personali, purtroppo il mio Giffoni Experience si è concluso prima della chiusura ufficiale del festival. Sebbene nel lasciare la stazione di Salerno e scrivere questo articolo nel lungo viaggio in treno resti un po' di rimpianto per l'abbandono della nave prima di aver raggiunto la destinazione (che non a caso è il tema scelto di quest'anno), resta la soddisfazione per averne vissuto l'esperienza ed essersene lasciati arricchire. Ancora una volta, il Giffoni Film Festival si è dimostrato un'occasione di luogo e di incontro culturale, di crescita, di incontro e di scambio dove il cinema sa essere protagonista e pretesto, e che è riesce ancora ad affascinare e riunire differenti generazioni.
Al prossimo anno!
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