Salve, specchietti!
Oggi parliamo del primo film del
nuovo DCU creato dai neonati DC Studios. Stiamo parlando di lui, il simbolo
dell’intera DC (insieme all’uomo pipistrello): Superman.
“Superman”, il primo film dei
DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a volare nei cinema di tutto
il mondo quest’estate, distribuito da Warner Bros. Pictures. Con il suo stile
inconfondibile, James Gunn trasporta il supereroe originale nel nuovo universo
DC reinventato, con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e
sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e da una
profonda fiducia nella bontà del genere umano.
Il film è prodotto da Peter
Safran e Gunn – responsabili dei DC Studios – e diretto dallo stesso Gunn su
una sua sceneggiatura, basata sul personaggio della DC, Superman, ideato da
Jerry Siegel e Joe Shuster.
Se c’è una cosa su cui qualsiasi
appassionato di cinecomics era d’accordo era che i DC Studios e James Gunn non
potevano minimamente permettersi di sbagliare questo film. Non solo perché si
tratta di uno dei personaggi più iconici e più amati dell’universo DC (e tra i
pochi supereroi a essere conosciuti da chi di supereroi non ne sa proprio
nulla), ma anche perché si tratta del film che inaugura un nuovo corso, il DCU,
dopo l’ormai defunto e fallimentare DCEU.
Tutto ciò James Gunn lo sapeva
bene, per questo si è preso l’onore e l’onere di scrivere e dirigere il film sull’alieno
più famoso dei fumetti. D’altronde, chi è che potendo lavorare su un titolo
tanto prestigioso quanto “Superman” direbbe «grazie, ma no grazie»?
Bene, cominciamo subito col dire
che Gunn non ha fatto un buon lavoro… ha fatto un lavoro SUBLIME!
Ci viene presentato un Superman
già in attività da tre anni, in un mondo dove i metaumani sono già la
normalità. Niente lungo e noioso flashback sulla distruzione di Krypton e sulla
navicella che ha trasportato un neonato fino al paesino di Smallville, niente graduale
scoperta dei poteri, niente ideazione del costume, affermazione del nome.
Tutti sanno chi è Superman. E
James Gunn non ama ripetersi.
Il regista ci porta, quindi,
direttamente in un momento di crisi del noto supereroe: la prima sconfitta. Niente
fronzoli, solo la dura realtà di una delle giornate più brutte della vita di
Kal-El. Ma non temete di perdervi per strada perché James Gunn riesce a dosare
sapientemente le informazioni, inserendole al punto giusto, senza quasi farcelo
notare, senza infodump e, soprattutto, senza rallentare l’azione.
“Le tue scelte,
Clark, le tue azioni. Quelle fanno di te ciò che sei.”
Allo stesso modo, neanche i
personaggi secondari sono buttati a caso. La presenza di ciascuno di loro è studiata
a dovere, dai piccoli camei che non sono fine a se stessi ma che servono per
ricollegare il prodotto all’universo condiviso del DCU, ai personaggi più
importanti, quali i vari dipendenti del Daily Planet e Jimmy Olsen in primis
fino ai membri della Justice Gang, passando per Metamorpho o la svampita Eve.
Di ciascuno di loro sappiamo tutto ciò che ci serve ai fini della trama del
film e la loro presenza non è mai superficiale. Sì, perfino quella di Eve.
Ma tra tutti ce n’è uno che
spicca ben al di sopra degli altri. È lui, il cattivo per eccellenza di
Superman: Lex Luthor.
Non esagero se affermo che siamo
di fronte al miglior Lex Luthor mai portato sullo schermo. Nicholas Hoult è a
dir poco perfetto per questo ruolo. La sua interpretazione è magistrale; domina
totalmente lo schermo e quasi oscura un seppur perfetto Superman (sì, David
Corenswet ci ha messo circa due secondi a farmi dimenticare Henry Cavill o
qualsiasi altro Superman degli ultimi anni).
Menzione d’onore anche alla
versione italiana di Lex Luthor, con la voce del mitico Flavio Aquilone che si
abbina perfettamente all’espressività e alla recitazione di Nicholas Hoult. Non
potevamo desiderare coppia migliore per interpretare un villain tanto iconico.
“Tu ti fidi di
tutti e pensi che ogni persona che incontri sia bellissima.”
E parlando di iconicità, come
possiamo non nominare Krypto?
Il cane di Superman è… un cane. E
si comporta come tale. Forza, velocità, volo e un mantello svolazzante non lo
rendono una specie di super animale dalla mente di un essere umano. Krypto è e
rimane un cane. E neanche uno di quelli più docili. Lui gioca, morde, salta,
distrugge. Se Superman è fin troppo prevedibile, specie agli occhi del suo
acerrimo nemico, Krypto è l’imprevedibilità fatta cane.
D’altronde, sappiamo bene quanto
James Gunn ami gli animali e quanto ci tenga a rappresentarli al meglio su
grande schermo. Lo abbiamo già visto con i Guardiani della Galassia,
specialmente nel volume 3.
“Faccio
continuamente cazzate, ma è questo che significa essere umano. Ed è la mia
forza più grande.”
Ho lasciato volutamente per
ultimo il vero cuore di questo film. Certo, è un film sui supereroi, con
fantastiche scene d’azione, personaggi scritti e realizzati in maniera
ottimale, degli effetti visivi come non si vedevano da anni (se non avessi
sentito il regista dire che si trattava quasi interamente di CGI, avrei giurato
che Krypto fosse un cane vero), ma c’è molto altro, oltre il costume, oltre
tutto ciò che rende super, oltre l’eroe.
Superman o, meglio, Clark Kent, è
un essere umano.
L’intero film ruota intorno al
concetto di “alieno”. Superman è il diverso, quello da emarginare, da giudicare
male, lui è l’immigrato e, per questo, viene considerato il nemico. Specie da Lex
Luthor o, comunque, da quelli che la pensano come lui. Superman, invece, è
umano.
Credo che sia uno dei prodotti in
cui più traspare l’umanità di Superman. Lui è tutto fuorché perfetto. Certo,
pensa prima al benessere degli altri, tanto che non vuole uccidere i suoi
nemici o riesce perfino a salvare uno scoiattolo nel bel mezzo di un
combattimento, ma è anche uno che si fida delle persone. Fin troppo. È qualcuno
che si arrabbia e anche tanto, ma è pure qualcuno che ama.
È un essere umano, ma con i
poteri.
E, in contrasto con il concetto
stesso della fortezza della solitudine, non è solo. Ha degli amici che
conoscono il suo segreto, ha una ragazza, ha dei servitori a cui è affezionato
benché siano robot. E ha dei genitori.
Le scene con Martha e Jonathan
sono tra le più emozionanti del film. Lui, l’uomo più forte del mondo, simbolo
di speranza e di perfezione, ha dei genitori comunissimi, che si esaltano per i
piccoli successi lavorativi del figlio, che si preoccupano per lui anche se lui
è in grado di tenere la responsabilità della sicurezza del mondo sulle proprie
spalle, che gli puliscono gli stivali o gli sistemano il mantello. Soprattutto,
che non vedono in lui il supereroe che tutti ammirano, ma semplicemente loro
figlio.
“I genitori non
esistono per dire ai figli che cosa devono essere.”
James Gunn ha fatto il miracolo.
Ha preso un personaggio conosciutissimo, di cui sappiamo tutti tanto o anche
troppo, di cui sono state date innumerevoli interpretazioni, e ha dato qualcosa
di originale, di fresco, di nuovo, di bello come non si vedeva da tempo e,
soprattutto, con un cuore, un cuore che parla dritto agli spettatori.
Non è un semplice film. È un
manuale su come fare i cinecomics.
E per questo non posso non dare
il mio specchio speciale.
Alla prossima,
-IronPrincess
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