Torno dopo molto tempo su questi schermi per parlarvi dei primi due volumi di una serie che è diventata la mia ossessione. Sono ufficialmente entrata nella mia Boys of Tommer era - e finalmente direte voi - perché, in effetti, questi romanzi sono usciti da un po'. Ma meglio tardi che mai, giusto?
E allora cominciamo con la trama (vi lascio solo quella del primo volume per non fare spoiler).
TRAMA
Sono sicura che le mie parole non sapranno trasmettere neanche un millesimo delle emozioni e del coinvolgimento che questo mondo e i suoi personaggi riescono a trasmettere. Farò del mio meglio per cercare di fare un discorso coerente, ma è probabile che a un certo punto questa recensione diventi solo uno sclero generale, vi chiedo perdono in anticipo.
I protagonisti di questi primi due volumi sono Shannon Lynch e Johnny Kavanagh, sì, avete capito bene, due romanzi di quasi novecento pagine sulla stessa coppia. Un po’ troppo? No, credetemi, perché nel loro mondo c’è talmente tanto di cui parlare, che lo spazio che gli è stato dato è appena sufficiente.
"E chi è questa ragazza?"
"È un fiume. Mi fa sentire... mi fa impazzire il cuore."
"Davvero?"
"Tantissimo, papà. Boom, boom, boom. In continuazione."
Non mi dilungo sugli eventi che accadono all’interno del romanzo, altrimenti farei spoiler e soprattutto scriverei una recensione di cento pagine.
Voglio concentrarmi invece sui personaggi, sul modo magistrale in cui sono stati tratteggiati, su quanto siano reali nelle loro imperfezioni, nel modo in cui si muovono e parlano in un contesto che l’autrice dipinge alla perfezione in ogni sfaccettatura. E allora noi camminiamo con loro lungo corridoi del Tommen, saliamo in auto insieme a loro, entriamo dentro la casa degli orrori assieme a Shan e sentiamo sulla pelle tutta la paura, il dolore, il senso di disfatta che la accompagna ogni giorno. Ma, allo stesso modo, iniziamo con lei a sentirci importanti e più forti, a lottare per i nostri bisogni, a rialzarci un po' più forti ogni volta che cadiamo.
Shannon è un’eroina silenziosa e resiliente. La sua vita è costellata di orrori, eppure lei va avanti, in un modo o nell'altro e sebbene a volte lo sconforto e il dolore prendano il sopravvento, Shan non demorde, tiene duro. È pronta a vivere.
Mi era impossibile lasciarlo andare. Ero spaventata, insicura e dolorante. Di una cosa sola ero certa: mi fidavo ciecamente di Johnny Kavanagh.
Di contro, Johnny viene da una famiglia splendida, con due genitori che si amano e lo amano ed è per questo che lui è il golden boy più golden che esista. È un ragazzo serio, maturo, focalizzato, ma anche pieno di passione, coraggio e umiltà. Farà di tutto per proteggere Shan e i suoi fratelli, dimostrando un amore che va al di là di ogni cosa.
"Se questo è amore, allora sei tu."
"Eh?"
"Tu. Tu sei amore. Resta con me."
Attorno ai due protagonisti si muovono altri personaggi che impariamo ad amare con lo scorrere delle pagine, in primis Gibsie, il migliore amico di Johnny, un colosso biondo che mostra a tutti il lato sciocco e pazzo di sé, per nascondere le profonde cicatrici che ha dentro. Gibsie è leale, autentico, sempre presente, dotato di una grande intuitività, ed è lui a regalarci i momenti più leggeri e divertenti della storia.
E poi ci sono Hughie e Patrick, altri compagni della squadra di rugby a cui l’autrice darà spazio nei libri successivi, e poi le amiche di Shannon, Claire e Lizzie. Ognuno di loro con i propri segreti, le proprie luci e ombre. Ci si affeziona a tutti, perché sono un gruppo unito, una famiglia strana e bellissima i cui membri sono sempre pronti a supportarsi a vicenda e dalla quale vorresti non separarti mai.
Devo essere onesta, all’inizio Binding 13 non mi stava convincendo tantissimo, lo trovavo un po' lento e facevo fatica a trovare quella spinta per proseguire, per fortuna, però, ho deciso di non demordere e sono stata ampiamente ricompensata, perché a un certo punto tutto il mondo creato da Claire Walsh si dischiude davanti ai nostri occhi, le emozioni dei personaggi diventano quelle del lettore e allora, proprio come dice Johnny, boom boom, fucking boom.
L'unica cosa che non ho apprezzato particolarmente è stata la traduzione del romanzo. Purtroppo, ho trovato, oltre a numerosi refusi, anche degli errori a livello di grammatica e sintassi che mi hanno infastidita non poco durante la lettura. Ovviamente questo non toglie nulla alla storia e ai romanzi in sé che restano bellissimi e degni di essere letti.
Non posso fare altro che consigliarvi di iniziare questa serie bellissima, perché nonostante mostri verità scomode e tratti argomenti molto delicati – ognuno dei personaggi lotta contro il proprio trauma e credetemi se vi dico che sono tutti molto, molto gravi – il messaggio più potente che traspare dalle pagine di questi romanzi è un messaggio di speranza, un messaggio che parla dell'amore in tutte le sue forme, di un sentimento forte e immenso, in grado di salvarci dall'oscurità. Sono proprio queste le storie che per me vale la pena leggere.
Non dimenticarti che tu sarai sempre il mio tredici. Il mio binding thirteen. Ho vinto io.
Vi invito però ad approcciarvi con cautela e consapevolezza alla lettura perché questi romanzi vi faranno soffrire. Vi faranno il cuore in tanti piccoli pezzetti e poi, pian piano, rimetteranno insieme ogni frammento della vostra anima e vi ricostruiranno con lenta e meticolosa sapienza, finché non tornerete intatti e con una nuova consapevolezza.
Assegno a Binding 13 quattro specchi e mezzo e a Keeping 13 cinque specchi (semplicemente perché mi ha coinvolta più del primo romanzo e sin dalle primissime pagine).
Non vedo l’ora di proseguire con la serie e parlarvi dei due volumi successivi e quello sì che sarà un delirio vero…
Alla prossima recensione, Specchietti!
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