«C'era sempre qualcosa di primordiale, qualcosa delle caserme e delle carceri, un senso di violenza compresa fra quegli adolescenti costretti a una vecchiaia prococe.
Un giorno, molto tempo dopo il mio arrivo, lo vidi distintamente. Fu il giorno in cui fissavo i pesci nello stagno del giardino e capivo tutto. Il piccolo stagno nel giardino in realtà era una vasca di cemento, ma l'acqua era verde e ferma e il fondo torbido , e i pesci che ci nuotavano non assomigliavano a nessun pesce che avessi mai visto.
(...)
La pance deformi e sfavillanti di quei pesci enormi si erano sviluppate, si diceva, perché qualcuno un giorno aveva avuto l'idea di buttar nella vasca dei piranha per vedere cosa sarebbe successo. Dicevano che c'era stata una strage di pesci rossi, e io me l'immaginavo sanguinosa, lì nello stagno, e nell'immaginarla sentivo un piacere di cui mi vergognavo; dicevano che i pochi sopravvissuti erano diventati giganteschi, e i loro corpi si erano dilatati in quelle forme trasparenti».
Scrivere questa recensione non è facile, soprattutto perché non è semplice definire l'insieme di emozioni che questo libro scatena e lascia poi dietro di sé. Non è semplice neanche interiorizzarle tutte; ma ci sto provando.
Gaia è una giovane donna in fuga, da se stessa, dal suo passato, da Pisa, la città in cui ha studiato nei suoi anni universitari e in cui non riesce, immancabilmente, a non tornare. E nonostante essa appaia immutabile, come immersa in un profondo sonno, dieci anni sono trascorsi, e Virginia, una vecchia compagna di studi, è morta. Sono proprio le indagini su quest'ultima a far tornare anche i suoi amici di una volta, ed il suo amore dei tempi dell'università. Un'inchiesta che si snoda fra le vie della città, il collegio della Scuola Normale, e soprattutto, fra ricordi sepolti ed ossessioni che vengono alla luce.
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Bello è vedere il susseguirsi degli eventi, tra flashback che svelano i segreti del passato, e le riflessioni presenti, con l'occhio del poi, della protagonista, che narra l'intera vicenda in prima persona. Una vera e propria fonte di riflessione.
Ho apprezzato anche la lucidità dell'autrice nello scrivere il libro, senza giudicare o tentare di giustificare i propri personaggi. Semplicemente, in modo totalmente oggettivo, scrive. Credo vi sia un forte rispetto per il lettore in questa scelta, nel presentargli il tutto così com'è, senza mettersi in cattedra, a cercare inutilmente di spiegare, o frapporsi in modo invasivo.
Seppure la lettura scorra molto facilmente, è bene fermarsi un attimo a riflettere tra una pagina e l'altra, stando attenti a cogliere tutto ciò che è contenuto in quelle righe. Etica dell'acquario è un libro per tutti, ma è un peccato leggerlo con leggerezza, in modo frivolo, senza dedicargli il giusto tempo, la giusta attenzione. Soffermatevi, invece, e lasciatevene permeare ed arricchire; fino a giungere, infine, a quel quesito che vi frullerà dentro per molto, molto tempo, ed a cui è giusto che ognuno trovi una propria risposta.
E' possibile uscire dall'acquario? E come se ne verrà trasformati?
Buona lettura!
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