Recensione "S.L.H. - Stray Love Hearts!" by Aya Shouoto
«Come vi sentireste se all'improvviso non riusciste più a provare alcuna emozione?»
Hiyoki Kozue è una viaggiatrice dei sogni. La sua capacità, infatti, è quella di sbirciare ed entrare nei sogni di chi le dorme accanto. Questo potere, però, comporta dei rischi; e così, nella notte del suo sedicesimo compleanno, alla ragazza viene rubato il cuore, nel sonno, da un uomo misterioso. Da quel momento il suo petto è freddo, vuoto, e lei è incapace di provare qualsiasi emozione. Seguendo alcuni indizi, però, Hiyoki giunge all'Accademia Saint Nazareth, dove le viene impiantato un fragile cuore posticcio e dove inizia, tra avventure e disavventure, la ricerca di ciò che ha perduto e del ladro misterioso. Il tempo a sua disposizione è, però, limitato: il cuore che le è stato donato è molto delicato, e potrebbe rompersi da un momento all'altro.
S.L.H. è uno shõjo che si sviluppa in cinque volumi (tutti pubblicati in Italia dalla Planet Manga); e proprio questo è il genere in cui la mangaka, Aya Shouoto, si è specializzata. Bisogna, inoltre, ricordare che Stray Love Hearts! è una delle prime opere della suddetta autrice, e sarebbe bene, perciò, passargli qualche pecca. Ma se per gli altri manga da me recensiti (Uragiri e Black Butler) trattenevo a fatica l'entusiasmo, su S.L.H. non riesco comunque ad esprimere un giudizio totalmente positivo. Mentirei, tuttavia, se dicessi che la Shouoto non sa disporre le carte in tavola. Ho divorato il primo volume in un baleno, con il bisogno fisico di sapere come la vicenda si sarebbe sviluppata e poi conclusa. Entusiasmante, ricca di aspettative, la storia aveva tutti gli elementi per diventare qualcosa di grandioso. Eppure... Eppure è il resto della partita a venir giocato male, viste le possibilità iniziali (molte delle quali vengono, a mio avviso, inutilmente sprecate). Ci si accontenta di un poker quando si potrebbe, invece, puntare ad una scala reale.
Se giunta alla fine del primo volume non potevo aspettare di leggere il continuo, già dalla seconda metà del numero due, la mia attenzione e la suspance erano notevolmente calate. È vero, lo so che gli shõjo, come accade per qualsiasi altro genere, hanno delle componenti base che tendono a ripetersi in ogni opera; ma l'abilità di un'autrice sta anche nel servirsi di queste componenti in modo originale ed innovativo (accennavo questo discorso nella recensione de Il ritratto che urla). Mi sento, perciò, legittimata a non sentirmi soddisfatta, se già nella prima metà della storia mi sono ben chiari non solo i futuri sviluppi della trama, ma anche chi si sarebbe rivelato il ladro misterioso, chi il cattivo della situazione, come si sarebbero risolti gli intrecci tra i vari personaggi...e molto, molto altro.
Sinceramente, è stato una delusione, lo è stato nonostante ne fossi stata avvisata; e lo dico con vero dispiacere. Avevo creduto molto in questa storia, che, ripeto, aveva delle buone premesse ed un grande potenziale. Invece ho come la sensazione che l'autrice, nel creare quest'opera, si sia costantemente accontentata, scegliendo la strada più semplice, al posto di rischiare puntando alla validità. La storia diventa sempre più scontata mano a mano che si procede con la lettura, per poi sfociare in un finale totalmente deludente. Sicuramente l'inesperienza del principiante ha giocato in questo, ma rimane comunque un peccato l'aver sprecato una tale occasione.
Anche il disegno ne risente. La base, infatti, è buona; ma anche qui si sceglie l'eccessiva facilità, realizzando figure (per lo più umane) fin troppo viste. Neanche caratterialmente i personaggi riescono a salvarsi, scadendo nella banalità e venendo decisamente ed eccessivamente stereotipati. Per non parlare della protagonista, odiosa nel suo estremo opportunismo che la porta a calpestare continuamente i sentimenti altrui, e venendone sempre e completamente giustificata per quel suo visino angelico.
È con grande dispiacere e delusione, perciò, che chiudo questa recensione, ripensando, quasi con nostalgia, a quel forte entusiasmo iniziale. È un peccato, lo scrivo, è davvero un peccato. E non so se e quando riacquisterò abbastanza fiducia in Aya Shouoto per concederle una seconda possibilità, con un'altra delle sue opere. Non tanto presto, temo.
Per ora, purtroppo, resta solo la cocente delusione.
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