Salve, specchietti!
Prendete i fazzoletti perché zia
Susanna è tornata ed è pronta ancora una volta a prendere il nostro cuore,
farlo a pezzettini e usarlo come mangime per le sue ghiandaie imitatrici.
Sì, miei cari, stiamo parlando proprio
del ritorno della saga di Hunger Games con il volume sui cinquantesimi
giochi: L’alba sulla mietitura.
Quando sai già che perderai tutto ciò che ami, che ragioni ti restano per lottare?
All’alba dei cinquantesimi Hunger
Games, i distretti di Panem sono in preda al panico. Quest’anno, infatti, per
l’Edizione della Memoria, verrà sottratto alle famiglie un numero doppio di
tributi rispetto al solito.
Intanto, nel Distretto 12, Haymitch
Abernathy cerca di non pensarci troppo, l’unica cosa che gli interessa è
arrivare vivo a fine giornata e stare con la ragazza che ama.
Quando viene chiamato il suo nome,
però, il ragazzo vede infrangersi tutti i suoi sogni. Strappato alla sua
famiglia e ai suoi affetti, viene portato a Capitol City con gli altri tre
tributi del Distretto 12: una ragazza che per lui è quasi una sorella, un
esperto in scommesse e la ragazza più presuntuosa della città. Non appena gli
Hunger Games hanno inizio, Haymitch comprende che tutto è stato predisposto per
farlo fallire. Eppure qualcosa in lui preme per combattere… e far sì che la
lotta si estenda ben oltre l’arena.
Certo, eravamo tutti convinti che,
conoscendo già la fine della storia, forse questa lettura non ci avrebbe poi
fatto così male, che aprire questo romanzo consapevoli della morte, tragica e
violenta, di quarantasette tributi, ragazzini di un’età compresa tra i dodici e
i diciotto anni, ci avrebbe portato a non affezionaci più del dovuto ai vari
personaggi che ruotano nella vita di un giovane Haymitch Abernathy.
Oh, quanto ci sbagliavamo!
"A volte il dolore è troppo forte per sopportarlo da soli."
Proprio perché già conosciamo
Haymitch, proprio perché sappiamo che ha visto o provato qualcosa di così
grande da averlo spinto a cercare per il resto della vita l’oblio dell’alcol,
avremmo dovuto essere pronti al peggio.
Forse lo eravamo… o eravamo convinti
di esserlo. Qualsiasi cosa avessimo immaginato di trovare tra le pagine di
questo romanzo, però, non è neanche lontanamente paragonabile a ciò che
realmente lo abita.
Dimenticate Rue. Dimenticate Finnick e
Prim. Suzanne Collins qui riesce a toccare vette mai viste prima, in un dipinto
crudo della profonda e Infinita crudeltà di Capitol City.
Della profonda e infinita crudeltà di
Coriolanus Snow.
"Tutta la preparazione dei tributi - i costumi, l'allenamento, le interviste - era solo un diversivo rispetto al vero ordine del giorno. Oggi alcuni di noi moriranno."
Se La ballata dell’usignolo e del
serpente ci aveva portato ad avere qualche dubbio sulla malevola natura del
Presidente di Panem, questo romanzo mette subito in chiaro le cose. “Ricorda
chi è il vero nemico”, direbbe Haymitch a Katniss.
Proprio lui è protagonista e voce
narrante del romanzo. Entriamo nella mente di un giovane Haymitch di sedici
anni e nella sua vita tutto sommato accettabile, nonostante la povertà. Una
famiglia, una ragazza, degli amici, una specie di lavoro… E poi la mietitura e
l’inizio di un incubo che non è mai finito.
"Cos’è appena accaduto? Cosa accadrà adesso? Da qualche parte dentro di me lo so. Sono un tributo negli Hunger Games. Tra qualche giorno morirò nell’arena. So tutto, eppure è come se stesse capitando a qualcun altro che guardo da lontano."
Il dramma in puro stile “Suzanne
Collins” si respira sin dalla prima frase e non fa che accrescere man mano che
si procede con la lettura, fino a un finale straziante e a un epilogo che ti
porta via anche le ultime lacrime che ti erano rimaste.
L’abilità dell’autrice è quella di
riuscire a sorprendere. Ci rendiamo presto conto che, in realtà, non sappiamo
un bel nulla sulla Seconda Edizione della Memoria. I colpi di scena non cessano
di susseguirsi mentre Suzanne Collins, in punta di piedi, ci fornisce risposte
a domande che neanche ci eravamo posti. Niente infodump, nessuna spiegazione
prolissa e dettagliata, solo dei nomi, delle parole, dei riferimenti velati e
il collegamento, sia con la trilogia che con la ballata, è immediato nella
mente del lettore.
"«Tutto a posto, Haymitch?»
«Non ho niente per cui vivere.» Lo dico senza una sola nota di autocommiserazione. È un dato di fatto.
«Allora non hai niente da perdere. Il che ti mette in una posizione di potere.»"
L’alba sulla mietitura è, senza alcun dubbio, il migliore
romanzo della serie. Nessuna parola fuori posto, nessuna scena che stona
accostata alle altre; ogni singolo dettaglio, anche il più piccolo e all’apparenza
insignificante, è studiato con cura. Non ci sono tempi morti. Anche il finale,
che sembra avere un leggero rallentamento e poi una brusca accelerata, si
abbina alla perfezione allo stato emotivo di Haymitch.
"Non ci riprendiamo mai davvero, semplicemente andiamo avanti come possiamo."
L’abbiamo desiderato, l’abbiamo
richiesto a gran voce… e Suzanne Collins non poteva darci niente di meglio.
Ovviamente, non posso non dare uno specchio
speciale.
-IronPrincess
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