Buon pomeriggio Specchietti!
Oggi torno con una recensione un po’ diversa dal solito, perché non vi parlerò di un libro, bensì di un film uscito quest'estate, tratto dal romanzo di una delle mie autrici romance preferite.
Avete già capito di cosa sto parlando?
Si tratta di It ends with us - Siamo noi a dire basta tratto dall’omonimo romanzo di Colleen Hoover. Il film è uscito in Italia a fine agosto e io, come moltissime fan della Hoover e delle sue storie, ero impaziente di vederlo.
Ma qual è la storia che si cela dietro al romanzo e alla sua trasposizione cinematografica?
TRAMA:
Lily Bloom è una giovane donna che si trasferisce a Boston per iniziare una nuova vita e una nuova attività, lontana dalla sua città d’origine, che l’ha vista protagonista di un’infanzia difficile segnata dall’ombra della violenza domestica. Il padre, infatti, aveva un comportamento abusivo e violento nei confronti della madre, la quale, però, non ha mai avuto il coraggio di dire basta a quella relazione ed è rimasta a fianco del marito fino alla sua morte.
A Boston Lily incontra un uomo, Ryle Kincaid, un neurochirurgo affascinante e palesemente attratto da lei. Le loro strade si incrociano diverse volte prima che i due decidano di darsi una possibilità per esplorare il loro rapporto e quando finalmente decidono di stare insieme, le cose sembrano essere perfette. Purtroppo, però, Ryle nasconde un lato oscuro e Lily lo scoprirà a sue spese, finendo nella stessa spirale di abusi in cui sua madre aveva vissuto per tutta la vita.
Alla loro storia si intreccia poi la ricomparsa del primo amore di Lily, Atlas. Un personaggio positivo che si contrappone alla figura antieroica di Ryle. La storia tra Lily e Atlas, che nel film ci viene narrata con dei flashback, mentre nel romanzo viene raccontata attraverso i vecchi diari di Lily, è una storia d'amore dolce e profonda che ha lasciato in entrambi un segno indelebile.
Partiamo con il dire che il tema principale del romanzo, e anche del film, è l’esplorazione dei sentimenti della protagonista, che riflettono quelli di chi vive una situazione di abusi e violenza domestica e, soprattutto, ci parla del coraggio di interrompere il ciclo e dire basta.
Come sempre, quando si tratta di trasposizioni cinematografiche dei romanzi, gli affezionati della storia originale si approcciano al film con un po’ di timore, con la paura di veder “rovinato” quel romanzo che hanno tanto amato durante la lettura. Anche io avevo questo timore, amplificato poi da tutta la polemica che è scaturita in fase di promozione del film tra gli attori e produttori dello stesso.
Per chi non lo sapesse, infatti, sembra esserci stata una frattura tra il cast e il regista del film, Justin Baldoni, dovuta a una divergenza di opinioni creatasi in fase di post-produzione. Parrebbe infatti che il montaggio finale del film, proposto da Blake Lively e il marito Ryan Reynolds (entrambi produttori del film) sia diverso da quello previsto in origine e che questo non sia stato apprezzato da Justin Baldoni. La polemica, inoltre, si estende anche alle modalità di promozione del lungometraggio da parte di Blake Lively (che nel film interpreta la protagonista femminile). L'attrice, avrebbe infatti presentato il film concentrandosi sugli aspetti più “leggeri” e da “commedia romantica” ed evitando in modo palese quello che è l’argomento principale del romanzo, ossia la violenza domestica.
Al contrario, Justin Baldoni avrebbe messo l’accento proprio su questo tema fondamentale ed estremamente attuale in ogni sua intervista, mostrando profondo rispetto sia per la storia originale che per l’argomento delicato di cui tratta.
Per quanto mi riguarda, It ends with us è un romanzo per pochi. Bisogna avere una maturità e una sensibilità e predisposizione a mettersi nei panni di qualcun altro per poter comprendere appieno la storia e il dramma della protagonista. Non si tratta di una banale storia d’amore, per quanto anche io abbia sospirato e mi sia innamorata di Atlas, l’eroe che si contrappone al protagonista maschile, nonché antieroe Ryle. La vera anima del romanzo è Lily, con i suoi trascorsi, i suoi sentimenti, il suo mostrarci che quando si è esterni ai fatti è facile esprimere un giudizio, quando invece ci si trova invischiati in un rapporto abusivo, è molto più difficile distinguere il bianco dal nero, perché esistono solo le sfumature. I sentimenti che proviamo, le giustificazioni che troviamo per l’altra persona, i momenti belli che ci lasciano credere che andrà meglio. È questa la spirale distruttiva dei rapporti abusivi e la storia raccontata da Colleen Hoover è un faro che mette in luce queste dinamiche.
Il film, per quanto non abbia idea di quale dovesse essere il montaggio originario, mi è piaciuto molto. Rispecchia la storia, le emozioni e i sentimenti dei personaggi, mettendo l’accento su Lily, che è la protagonista indiscussa della scena. L’ho trovato un film delicato, emozionante, denso di significato, un’ottima prova di trasposizione cinematografica che non mi ha deluso.
Naturalmente, ho notato le differenze tra libro e film. A partire dal tatuaggio di Lily, quello dedicato ad Atlas, che nel film viene presentato con una storia diversa, che lo lega anche al nome del ristorante che Atlas gestisce e che è, per forza di cose, diverso rispetto a quello del libro. Onestamente non ho capito la necessità di questo cambiamento, ma non è certo qualcosa su cui ho intenzione di impuntarmi, perché non toglie nulla al significato e al messaggio del film.
Ci sono stati dei cambiamenti anche nelle varie fasi di degenerazione di Ryle, con un taglio importante che, secondo me, ha un po’ pregiudicato la forza della scena in cui Lily si rende conto che è arrivato il momento di scappare. La scena, inoltre, era più “violenta” nel romanzo e dava una forza e un impatto maggiori alla scelta di Lily.
Una cosa che non ho apprezzato particolarmente è stata la decisione di non mostrare chiaramente sin da subito che ciò che accade a Lily è colpa di Ryle. Nel montaggio, la scena del cazzotto o della caduta per le scale, sembrano davvero degli incidenti e solo dopo, ripensandoci, i ricordi di Lily mostrano allo spettatore cosa sia accaduto davvero, come se la protagonista se ne fosse resa conto solo in quel momento, mentre nel romanzo, Lily sa benissimo cosa le ha fatto Ryle in ognuna di quelle occasioni, eppure continua a cercare di dargli una possibilità, proprio perché imprigionata in quella spirale di abusi.
A parte questo, però, ho trovato il film davvero emozionante e ben realizzato, con dei protagonisti all’altezza del ruolo che interpretavano. Per me, Blake è stata superlativa. Sono riuscita a leggere sul suo viso ogni sentimento che provava Lily, ho sentito quelle emozioni sulla pelle, ho pianto, ho amato con lei, ho detto addio.
Riguarderei il film? Assolutamente sì. E tanto basta per assegnargli cinque specchi.
P.S: Piccola nota di demerito per gli outfit da scappata di casa di Lily. Terribili!
Alla prossima recensione, Specchietti!
La vostra
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