Recensione: Shazam! Furia degli dei

Salve, specchietti!

Dopo qualche settimana di assenza, torno da voi per parlare dell’ultimo film di casa DC uscito al cinema: Shazam! Furia degli Dei.

Shazam! Furia degli Dei, film diretto da David F. Sandberg, è il sequel del film del 2019 e segue l’adolescente Billy Batson (Asher Angel), in grado di trasformarsi nel divertente supereroe Shazam (Zachary Levi), alle prese con una nuova avventura. Questa volta il giovane non è solo, infatti con lui ci sono i suoi fratelli adottivi, tutti capaci di trasformarsi in supereroi grazie alla parola magica. Oltre a Shazam, formano il team Super Hero Freddy (Adam Brody), Super Hero Eugene (Ross Butler), Super Hero Darla (Meagan Good), Super Hero Pedro (D.J. Cotrona) e Super Hero Mary (Grace Caroline Currey).

Nonostante Billy abbia ottenuto completamente i poteri degli dei, lui e i suoi fratelli adottivi devono ancora imparare come destreggiarsi tra la vita da adolescenti e il loro alter ego di supereroi. I ragazzi, però, non avranno molto tempo per capire come riuscire a vivere al meglio due vite parallele, perché si ritroveranno ad affrontare le Figlie di Altante – Hespera, Kalypso e Anthea (Helen Mirren, Lucy Liu e Rachel Zegler) – un trio di antiche divinità, arrivate sulla Terra in cerca di vendetta. Le tre sono alla ricerca di quella magia che diverso tempo fa è stata loro rubata e che permette ai ragazzi di trasformarsi in supereroi. Sarà compito di Billy aka Shazam e dei suoi fratelli adottivi combatterle per salvare non solo la loro vita, ma anche tutto il mondo. Riuscirà un gruppo di adolescenti a fermare la furia delle tre e mettere in salvo il pianeta?

Avevamo lasciato Billy Batson, il Campione scelto dal Mago, a condividere i propri poteri con i fratelli e le sorelle adottivi. Adesso, ritroviamo i membri della “Shazamiglia” cresciuti, con Billy prossimo ai diciotto anni e pieno di dubbi su ciò che la sua maggiore età comporterà all’interno della sua famiglia adottiva. Continuerà a vivere in quella casa? O dovrà trovarsi un nuovo posto dove vivere perché lo Stato non manderà più assegni per mantenerlo e lui diventerà solo un peso?

Alla ricerca di un punto fermo, concentra tutte le sue energie nel cercare di tenere il più unita possibile la squadra di supereroi, senza considerare che ogni membro, nella sua individualità, ha bisogno di una certa indipendenza. Anche i membri della Shazamiglia, insomma, hanno bisogno di poter lavorare da soli, di tanto in tanto, o semplicemente di stare qualche minuto da soli.

È Freddie il più acceso sostenitore di questa tesi.

In una squadra di adolescenti che si sono improvvisati supereroi, con risultati tutt’altro che brillanti (tanto da meritare il soprannome di “Phili Fiasco”), Freddie si distingue perché lui, per quel mondo, ci è nato.

Lui è quello che nel primo film collezionava il proiettile che aveva colpito Superman o il batarang di Batman, è quello le cui magliette fanno sempre riferimento ad altri eroi DC, è quello che ha una conoscenza enciclopedica del mondo dei supereroi e, non a caso, è l’unico ad avere un nome ufficiale, Capitan Tuttipoteri.

La sua determinazione e sicurezza di sé è, quindi, riflessa nel suo avere un nome, così come la confusione di Billy è riflessa nell’assenza di un nome ufficiale, o, meglio, in una pluralità di nomi (tra i tanti spicca la citazione a “Captain Marvel”, il primo nome di Shazam nei fumetti).

La ricerca di un nome da parte di Billy non è altro che la ricerca di sé, così come il disperato tentativo di tenere la squadra unita non è altro che la sua paura di essere abbandonato ancora una volta.

Nonostante abbia le caratteristiche di un film corale, la pellicola riesce a mantenere il focus sul protagonista, Billy, che vediamo soprattutto nelle vesti di supereroe e molto poco in quelle di adolescente. Viene dato, però, abbastanza spazio per approfondire e scoprire qualcosa in più su tutti i membri della famiglia, soprattutto su Freddie che si conferma, anche in questo film, il mio preferito della squadra.

Lui non si è solo ritrovato ad avere i superpoteri, come è successo al fratello adottivo e migliore amico. Lui vuole essere un supereroe, lo ha sempre voluto. Perché in questo modo potrà sentirsi utile, in questo modo non sarà soltanto uno storpio, non sarà solo la vittima dei bulli della scuola.

È come se, a un certo punto, Freddie diventasse solo una maschera esterna, un modo che ha Capitan Tuttipoteri per tenere segreta la sua identità, mentre quest’ultimo diventasse il vero io del personaggio.

Così come Freddie è il mio personaggio preferito, anche la sua maturazione è la cosa che ho apprezzato di più nella storia. Il dover affrontare, a un certo punto, l’assenza di poteri, lo porta a scavare dentro di sé e trovare forza nella sua normalità (ed è iconico che perfino la stampella avrà una sua utilità nel suo essere un supereroe).

Se i buoni sono ben caratterizzati nel corso del film, lo stesso non si può, purtroppo, dire dei cattivi. A partire da Anthea, il cui plot twist sulla vera identità viene rovinato già dai trailer e dalla sinossi ufficiale, per poi passare a Hespera, protagonista del momento più cringe di tutto il film, per finire con Kalypso, quella costruita meglio delle tre ma che, per chissà quale motivo, a un certo punto sceglie di non usare più il suo potere.

Certo, c’è anche da dire che Shazam! Furia degli dei, così come il suo predecessore, è un anti-cinecomic. L’intero film prende in giro tutta la categoria, perciò certi avvenimenti, certi passaggi, sono volutamente caricaturali. Avrei comunque preferito un nemico con un po’ di spessore e di caratterizzazione, ma, oltre a essere l’unico difetto che ho ritrovato nella pellicola, è anche una caratteristica che ultimamente accomuna un po’ tutti i film del genere.

Shazam! Furia degli dei è un film comico. Non vi aspettate il clima cupo a cui ci hanno abituato i film del DCEU (soprattutto se pensiamo alla trilogia di Snyder o alla figura di Batman in generale). Non vi aspettate, però, neanche quella comicità fuori le righe di Thor – Love and thunder. È un cinecomic comico così come dovrebbe essere fatto. Dopotutto, i protagonisti sono degli adolescenti e, per quanto siano alle prese con un mondo sovrannaturale e a faccia a faccia con la morte, non riescono a prendere tutto sul serio. È un po’ il loro superpotere, quello di trovare il lato comico anche nelle situazioni più drammatiche.

Il film, però, non è solo questo. Scava anche nel profondo dell’animo di questi ragazzi rifiutati dalle famiglie adottive, tra chi non riesce ancora a dire la parola “mamma”, chi non si sente abbastanza, chi scopre di essere gay e ha paura che la famiglia (di supereroi) non lo accetti, chi non va al college per poter dare una mano, anche economica.

È un film che consiglio vivamente di vedere, specie se avete già apprezzato il primo, e sono dei personaggi che spero possano continuare a esistere nel nuovo universo DCU (anche perché la scena post-credit lascia ben sperare).

È un film che si guadagna di diritto i miei 5 specchi.

Alla prossima,

-IronPrincess



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