Recensione: Loki
Lo so, ci stiamo letti solo una
settimana fa e adesso sono di nuovo qui per parlarvi di un prodotto Marvel
Studios. Ebbene sì, perché dopo un anno di assenza dai nostri schermi
(piccoli o grandi che siano) i cari amici della Marvel hanno deciso di riempire
questo 2021 di loro prodotti, sia film che serie tv su Disneyplus.
In “Loki” dei Marvel Studios,
l’imprevedibile cattivo Loki (Tom Hiddleston) riprende il suo ruolo di dio
dell’inganno in una nuova serie ambientata dopo gli aventi di “Avengers:
Endgame”. Regia di Kate Herron, capo sceneggiatore Michael Waldron.
Loki Laufeyson di Jotuninhein.
Il protagonista di questa serie non è
ancora Loki Odinson di Asgard, come si presenta a Thanos in Avengers:
Infinity War, o, almeno, non si sente di esserlo.
«Non ci saranno resurrezioni stavolta», aveva detto il titano pazzo, subito
dopo averlo strangolato. E, infatti, non ce ne sono state. Perché questo Loki
viene dal passato. Ha appena guidato un esercito di chitauri contro New York
nel 2012 ed è stato sbattuto più volte sul pavimento da un Hulk molto
arrabbiato con «un dio gracile».
Non ha ancora visto morire la madre,
il padre, non ha combattuto la sorella Hela, non ha distrutto Asgard per
salvare quei pochi asgardiani che è riuscito a portare sull’arca e,
soprattutto, non ha recuperato i rapporti con il fratello Thor.
È un Loki mosso da «gloriosi propositi», è una «prima donna», come lo aveva definito Tony Stark
in The Avengers. Ed è proprio da quel film che parte questa serie o,
meglio, da una versione alternativa della storia narrata in quel film. Grazie a
un intoppo con il viaggio nel tempo di Tony Stark, Steve Rogers e Scott Lang,
infatti, Loki è riuscito a mettere le mani sul Tesseract e a scappare prima che
Thor lo porti nelle prigioni di Asgard.
In pratica, si è creato un evento
Nexus che ha generato una variante.
Detto in parole povere, la linea
temporale ha subito una biforcazione e si sono creati due diversi Loki.
Quindi questo Loki, la “Variante”,
animato dai suoi «gloriosi
propositi», tenta di ripartire con il suo piano
per la conquista di Midgard, ma qui interviene la TVA, la Time Variance
Autority che lo arresta per aver deviato la Sacra Linea Temporale.
Il Loki conquistatore, arrabbiato con
il mondo, in cerca d’attenzioni, eccetera… in una puntata o anche meno, cambia.
Cresce, matura, tira fuori il suo vero io. Il mutamento a cui noi abbiamo
assistito durante tutti i film, quello che ha portato Loki a sacrificarsi per
cercare di salvare il fratello, qui avviene in una giornata o forse anche a
meno. Il tutto senza risultare troppo precipitoso, dando il giusto tempo, la
giusta maturazione.
Ciò grazie anche a un’interpretazione
magistrale di Tom Hiddleston. Due minuti di primo piano e sul suo volto noi
leggiamo ogni singola emozione. Dolore, rabbia, sorpresa, tristezza, orgoglio,
perfino amore.
Hiddleston (che in questa serie
riveste anche il ruolo di produttore esecutivo) domina totalmente la scena. I
sei episodi potrebbero mostrare solamente il suo sguardo e noi riusciremmo a
capire quanto stia accadendo accanto a lui.
“Non sei nato per diventare re, Loki. Sei nato per causare dolore, sofferenza e morte. È così ora, è sempre stato così e così sempre sarà. Tutto affinché gli altri possano diventare la migliore versione di se stessi.”
Ma la serie non si regge solo su
Loki. O, almeno, non solo su questo Loki. Accanto a lui, sin dalla fine
della seconda puntata, troviamo Sylvie, una sua variante donna. Sylvie è Loki,
ma allo stesso tempo non lo è. È una persona diversa, con diverse esperienze e
diverso modo di rapportarti alle sfide della vita. Un plauso a Sophie Di
Martino che è riuscita a entrare in questo mondo che è “Loki” e a fare suo il
personaggio senza perdere quanto gli è stato donato da Hiddleston.
Tra Loki e Sylvie abbiamo un terzo
personaggio degno di nota: Mobius M. Mobius, interpretato dal grande Owen
Wilson. Mobius è un agente della TVA, una specie di “superesperto” di Loki e di
tutto ciò che lo riguarda. Mobius è l’unico che riesce a tenere testa a Loki
stesso, l’unico che riesce a vedere dietro la sua maschera di inganni, che gli
strappa a forza quella maschera, la disintegra e lo espone.
Mobius riesce a guadagnarsi la
fiducia di Loki e ricambia, in qualche modo, quella fiducia. La fiducia è infatti
il punto focale della serie. La fiducia che si dà e si riceve, la fiducia mal
riposta, la fiducia negata, la fiducia tradita.
Fiducia e tradimento. In famiglia, in
amore, in amicizia. Fiducia nei confronti di qualcosa di più grande, di uno
scopo che regola le nostre vite, tradimento nello scoprire che quello in cui
hai sempre creduto è sbagliato.
Ancora una volta i Marvel Studios
non portano in scena soltanto una serie di scazzottate con della perfetta e
spettacolare CGI (Lamentis e la sequenza finale per avere un’idea di che cosa
siano riusciti a realizzare al computer), ma parlano direttamente al nostro cuore,
ci fanno riflettere sulle nostre emozioni. Nonostante l’ambientazione surreale
della storia, se togliamo i poteri, i supereroi, i viaggi nel tempo… il resto è
assolutamente reale.
“L’amore è un pugnale. È un’arma che può essere impiegata da lontano o da vicino. Puoi vederci la tua immagine. È bellissimo, finché non ti fa sanguinare. Ma, alla fine, quando cerchi di raggiungerlo, non è reale. L’amore è un pugnale immaginario.”
Con la delicatezza tipica prima della
Disney e poi della Marvel, Loki risponde a chi chiede un
personaggio LGBT nel MCU: c’è sempre stato. L’identità sessuale di Loki, prima
solo una supposizione, adesso viene confermata. Lo fanno sin dal primo
episodio, scrivendoti nero su bianco che Loki è gender fluid, poi è il
dio dell’inganno stesso a ribadirlo, quando, parlando con Sylvie, lei gli
chiede se abbia mai avuto storie con principesse o principi e lui risponde
semplicemente «un po’ di entrambi».
Un po’ di entrambi. Quattro parole. Perché non c’è bisogno di grandi discorsi per presentare ciò che è (o dovrebbe essere) perfettamente normale. Quelle quattro parole, tuttavia, permettono ancora una volta a una minoranza di rispecchiarsi in uno dei supereroi. Non più solo, quindi, protagonisti maschi bianchi etero, ma donne (Carol Denvers, Nathasha Romanoff e Wanda Maximoff), neri (T’Challa e Sam Wilson), asiatici (Shang-Chi che vedremo a breve), disabili (Nebula e James Rhodes) e membri della comunità LGBT (Loki).
La serie Loki si muove su sei
episodi per la prima stagione (la seconda è già confermata) di circa 40-50
minuti ciascuno. Minuti che, specie per alcuni episodi, passano in un lampo. La
storia è incalzante, ricca di colpi di scena che si susseguono uno dopo l’altro
fino ad arrivare al cliffhanger finale che, come detto dallo stesso Kevin
Feige, andrà a influenzare tutto il Marvel Cinematic Universe.
E a chi, come Mobius, ci fa notare
che non si può tornare indietro, noi rispondiamo come B-15: «E chi è che vuole tornare indietro?»
Concludo assegnando, ovviamente, lo specchio
speciale a Loki e vi rimando al prossimo prodotto Marvel Studios,
ovvero la serie animata What If…?, su Disneyplus a partire dall’11
agosto.
Alla prossima,
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