Recensione: Come una piuma di Dayna Lorentz
Reenie è sola, è arrabbiata,
niente di quello che fa è mai abbastanza. Forse è per questo che sua madre l’ha
abbandonata, lasciandola a vivere nella tenuta in campagna della zia. Rufus
invece non è mai stato solo, finora. È sempre stato accudito e nutrito, nel
nido dell’Albero Casa, ma dall’incontro notturno con un immenso mostro con i
fanali accesi, mamma gufa non è più tornata da lui. Rufus però non può restare
ad aspettarla per sempre, deve uscire, se vuole sopravvivere, anche se nessuno
gli ha ancora insegnato a cacciare. Basta un piccolo passo fuori dal nido e
Rufus cade. Non ha fratelli, non ha amici. Nemmeno Reenie ha fratelli o amici,
e la nuova scuola è sempre implacabile con “la ragazza nuova”, ma poi la zia le
chiede di occuparsi di un piccolo gufo ferito che ha raccolto sul ciglio della
strada e Reenie è costretta a tornare a lottare. In quel momento, per Rufus, il
gufo orgoglioso che detesta le creature non piumate, e per Reenie, la ragazzina
che conosce solo la tristezza, il buio diventa meno minaccioso. E finalmente
non più soli, entrambi si preparano a dispiegare le loro magnifiche ali. Età di
lettura: da 10 anni.
Ciao Specchietti!
Oggi sono qui per parlarvi di
un nuovo romanzo. Si tratta di Come una piuma di Dayna Lorentz, edito De
Agostini.
Già, Specchietti, questa
volta si tratta di un romanzo per i più giovani, ma non per questo meno
avvincente o bello degli altri.
Un romanzo che è capitato
nelle mie mani per puro caso e non smetterò mai di ringraziare il destino o
Marika Vangone – la nostra boss – per averlo messo sulla mia strada.
Come una piuma è una storia che ha catturato la mia attenzione da
subito. Chi mi segue da tempo sa che sono estremamente affascinata dalla
letteratura per l’infanzia sia per puro interesse che per ragioni professionali
e devo dire che questo ramo della letteratura, molto spesso, ci riserva delle
vere e proprie perle, come l’ultimo manoscritto di Dayna Lorentz.
I due protagonisti di questa
storia sono Rufus, un gufo della Virginia e Reenie, una bambina costretta a
crescere fin troppo presto e che, a causa di problemi familiari, viene
sballottata in diverse case dagli assistenti sociali.
La storia, dunque, ci viene
narrata da questi due punti di vista: quello di un gufo e quello della piccola
Reenie.
Rufus è un rapace impacciato,
non molto abile nella caccia e tanto attaccato alla sua famiglia, nonostante
per lui sia già arrivato il momento di spiccare il volo e di trovarsi un nido
tutto suo.
Reenie è una bambina che, per
ovvie ragioni, ha perso la fiducia negli adulti e negli esseri umani in
generale e quando, per l’ennesima volta, è costretta a cambiare casa non sa che
qualcosa nella sua vita sta per cambiare in modo definitivo.
Viene accolta da una lontana
zia, Beatrice, che ha una casa grande e molto più pulita e accogliente rispetto
a quella di sua nonna; un letto e una cameretta tutta per lei.
L’aspetto che però affascina
maggiormente la nostra piccola protagonista è la passione della zia per la
falconeria.
«Una volta addestrati, i rapaci volano liberi a
caccia. Se lo desiderano possono anche prendere il volo verso le colline e
andarsene.»
«E lei perché non se ne va via?» chiedo, cercando Red
fra le ombre.
Beatrice mi
guarda. «Perché la falconeria è la costruzione di un rapporto di fiducia.»
La falconeria diventerà il
primo appiglio di Reenie che le permetterà di iniziare a costruire un rapporto con
Beatrice, l’adulto di riferimento che adesso si prendere cura di lei; sarà una
possibilità per distrarsi dai pensieri brutti che prima erano protagonisti delle
sue giornate e un’occasione di riscoprirsi capace e brava a fare qualcosa.
Reenie e Rufus si incontrano
in un giorno come tanti, mentre la nostra protagonista sta imparando a
destreggiarsi nella sua nuova vita. Beatrice e Reenie lo trovano ferito e
decidono di provare a curarlo. Questo sarà il primo passo verso una rinascita,
la rinascita di entrambi i personaggi che, grazie al loro legame, impareranno a
spiccare di nuovo il volo, insieme e più forti di prima.
Ho amato profondamente ogni
parola di questo romanzo per infinite ragioni. Per ragioni di spazio, provo a
scegliere le più significative da condividere con voi.
In primo luogo, anche io sono
appassionata di rapaci e di falconeria - come si può vedere dalla foto – quindi
sono subito entrata in empatia con la narrazione e con la fervida curiosità
della protagonista.
Il rapporto di fiducia che
Reenie imparerà a istaurare con Rufus è un legame che la aiuterà anche a uscire
dalla sua bolla di protezione, che ragionevolmente ha issato per cercare di
proteggersi, e capire che non tutti gli esseri umani sono nati per nuocere e
che ce ne sono alcuni di cui ci si può fidare.
Ho amato indubbiamente il pov
di Rufus reso in tutto e per tutto un gufo che studia il suo ambiente circostante
e impara anche lui, piano piano a fidarsi della “creatura implume”.
Quel primo boccone mi ha fatto urlare il ventriglio.
Becco la zampa. La creatura geme e ritrae la zampa. Ha paura del mio becco?
Arruffo le piume, tiro indietro i ciuffi auricolari. «Okay, creatura implume»
cinguetto. «Prometto che non ti mordo più sulla zampa.» La creatura sembra
capire il gufese, perché lentamente riavvicina la zampona. Lascio che si
avvicini al becco e poi, con cautela, senza neppure sfiorare quella zampa
goffa, becco il boccone e lo mando giù tutto intero. La creatura stride di
nuovo. Il viso le si deforma in un ghigno inquietante. Sembra felice però. Il
suo cuore ha rallentato. È questo che vuole? Che io becchi dalla sua zampa?
La falconeria aiuta anche a consolidare
il rapporto tra la protagonista e l’adulto di riferimento, la prima persona a
non trattare Reenie come un pacco postale, ma come una bambina bisognosa di
affetto e di stabilità. Beatrice, infatti, a un certo punto del romanzo
diventerà “zia Bea” colei che ha fiducia in lei, nelle sue capacità, che non
grida e che le permette di ospitare i suoi amichetti a casa.
Ultimo aspetto che non si può
non sottolineare è il linguaggio specifico adottato dall’autrice nelle descrizioni
riguardo la falconeria e i capitoli dedicati a Rufus che creano diversi stimoli
di apprendimento e curiosità nei piccoli lettori, ma l’autrice è anche
bravissima a calarsi nei panni di una bambina e a saper dare un nome, “il
ronzio”, ai suoi malesseri interiori, alle sue paure. Penso che questo sia
molto importante ed emozionante per loro (e anche per me adulta che ho letto la
storia), l’imparare a dare un nome ai propri disagi interiori per capire come
riconoscerli e, piano piano, anche a gestirli per poi imparare ad affrontarli e
a reagire.
Dunque, Specchietti, questa
storia mi ha emozionato davvero tantissimo. Sono stata testimone della crescita
di un legame forte, di una rinascita e non ho potuto fare altro che commuovermi
spesso o a sorridere leggendo le avventure di Reenie e Rufus.
Una storia che consiglio dal
più profondo del cuore sia a grandi che a piccini.
Ringrazio la casa editrice
che ci ha donato la copia e ringrazio voi, Specchietti, per avermi tenuto
compagnia.
Assegno a Come una piuma lo
Specchio Speciale e vi do appuntamento alla prossima storia.
Vostra,
Mil Palabras
Commenti
Posta un commento