Recensione: Americanah
"I did not think of myself as black and I only became black when I came to America."
-Ifemelu
Trama:
Ifemelu, dopo aver raggiunto il successo in America, decide che è arrivata l'ora di tornare in quella che ha sempre sentito come la sua unica casa, la Nigeria. Se da una parte le è difficile mollare la sua vita americana, dall'altra è felice di rivedere chi si è lasciata indietro. Certo, è anche un po' agitata, soprattutto all'idea di rincontrare l'amore della sua vita, Obinze.
Recensione:
Americanah è un romanzo del 2013 scritto da Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana che vive da molto tempo in America. Avrei voluto leggere qualche intervista all'autrice prima di pubblicare questa recensione, però non ho trovato nulla se non cose inerenti al femminismo e al razzismo -che, comunque, ho molto apprezzato e vi consiglio-.
Parto col dire che Americanah non solo mi è piaciuto, ma mi ha messa in difficoltà!
Perché?
Perché non si può non riflettere, dopo una lettura simile.
Bisogna fare un piccolo ragionamento, adesso. Abbiate pazienza e seguitemi, per favore.
Ifemelu, come me, è una blogger. Di un tipo differente, ma lo è. Lei specifica fin da subito di essere nera, il suo blog si basa su questo; al contrario, io non vi ho mai parlato del colore della mia pelle per ovvi motivi. Alcuni di voi non mi seguono sui social, quindi non sanno come sono fatta. Probabilmente, questa fetta di lettori mi avrà immaginata bianca. Stavolta ci avete preso, tranquilli. Il punto è: perché? E quale sfumatura, di preciso? Sono più scura, tipo latina, o più chiara, come i nord europei?
A quest'ultima cosa non avrete quasi fatto caso. Sono bianca e basta.
E se vi dicessi che, in realtà, oltre il mio pallore quasi lunare, dentro di me c'è molto di più?
Pensiamoci: sono siciliana, il che vuol dire che nelle mie vene scorre il sangue di molti popoli; se aggiungiamo che ho origini nord europee da parte di mia madre, posso benissimo affermare che sono meno "italiana" -termine che utilizzo seguendo la logica di certuni- di quanto la mia pelle faccia pensare. Eppure tutto ciò non importa, nessuno si cura del fatto che io sia araba, spagnola, francese, siciliana e tanto altro. Sono bianca e basta.
Quando vedete una persona di colore, invece, fate caso alle sfumature della pelle, guardate quanto è chiara, quanto è scura, iniziate a chiedervi da quale parte dell'Africa o dell'Asia proviene, quale possa essere la sua religione, se porta un velo o un segno distintivo; e da ciò, deciderete come giudicarla. Bene, male. Uomo, animale. In breve, io posseggo quel privilegio del bianco di cui tanto si parla, ma che non dovrebbe esistere. Ecco, Americanah vi presenta il punto di vista di una ragazza che si trova costantemente sotto esame.
La storia d'amore tra Ifemelu e Obinze è solo, a mio parere, una scusa per mostrare al lettore il punto di vista maschile e quello femminile dinanzi all'immigrazione. Adichie è femminista, ed è questo che rende realistico il racconto: il mondo è oggettivamente sessista, di conseguenza gli immigrati uomini vengono sfruttati e trattati in un modo, le donne in un altro. C'è chi ottiene più facilmente un visto, c'è chi aspetta anni per andarsene; c'è chi verrà assunto in determinati campi, c'è chi lavorerà in altri.
Da un punto di visto soggettivo, in alcuni punti ho "avvertito" un po' di stereotipi sui bianchi: che non capiamo niente, che siamo insensibili, che facciamo battute o commenti palesemente stupidi... insomma, cose che non ho molto apprezzato. I personaggi bianchi, infatti, sono fin troppo idioti. Il loro concetto di apertura mentale è ristretto e non vedono oltre il loro naso. A parte questa descrizione poco lusinghiera, che potrebbe essere benissimo un'iperbole, sono rimasta affascinata da Americanah. Certo, è scontato dire che è un'opera lontana dalla perfezione. Se da una parte ho ammirato l'accuratezza nel descrivere la crescita interiore di Ifemelu, dall'imitazione all'accettazione, dall'altra devo confessare che gli ultimi capitoli erano, per me, a dir poco soporiferi. Avrei preferito qualcosa di più dinamico, invece è come un lento saluto dell'autrice. Le cose sono due: o Adichie non aveva idea di come finire la storia, o si era affezionata tanto ai personaggi da non aver voglia di abbandonarli per sempre. Il risultato, però, è un finale non degno dell'importante messaggio di Americanah.
Malgrado tutti i suoi difetti, mi piacerebbe vedere Americanah tra le letture estive dei liceali. Per i giovani potrebbe essere un buon modo per comprendere il clima di odio che si sta diffondendo e per decidere di far parte della soluzione, non del problema.
Di certo, presto comprerò altri lavori di Adichie e vi farò sapere cosa ne penso!
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