Recensione "SteamBros Investigations - L'armonia dell'Imperfetto" by Alastor Maverick e L.A. Mely
Il mondo è dominato dalla meraviglia dei motori a vapore e delle macchine elettriche. La gloria e il lusso appartengono ai ricchi e ai potenti che lasciano le classi meno abbienti a vivere nella miseria. In questo miasma di fumo e carbone emergono le menti più brillanti, siano esse volte al crimine o alla giustizia. Nicholas e Melinda Hoyt sono due investigatori privati, schierati al servizio della giustizia, fondatori dell'agenzia Hoyt Brothers Investigations. Quando un apparente caso di suicidio porta a galla frammenti del loro passato, solo una grande dose di fortuna, intelligenza e vapore potrà far emergere la verità...
L'armonia dell'imperfetto è il primo volume di una trilogia, un romanzo d'esordio a quattro mani e un libro che si ripropone di unire due generi: il giallo e lo steampunk. In realtà, a ben guardare, lo steampunk resta più in secondo piano, influendo più sull'ambientazione (una Londra Vittoriana un po' particolare) che sulla trama o altri elementi. La vena giallistica, invece, è quella preponderante. Un tipo di giallo che riprende e rispecchia in pieno quello classico. È evidente quanto Conan Doyle sia stato apprezzato e da esempio per gli autori: vengono riprese molte delle situazioni e caratteristiche tipiche che rendono un'indagine di Sherlock Holmes, un'indagine di Sherlock Holmes (e personalmente avrei evitato i "cammei indiretti" sul personaggio, ma resta un parere personale). Il mistero, comunque, resta abbastanza originale e intrigante. Anche le indagini sono ben gestite, con la rivelazione e scoperta graduale dei vari indizi e i tantissimi elementi messi in gioco, provenienti da molti e diversi campi del sapere. Si percepisce che alla base c'è un ragionato e attento lavoro di progettazione.
Grossa pecca, che mi sento di bocciare e che non mi ha fatto innamorare del romanzo, sono i vari personaggi. È vero: sono particolarmente sensibile all'argomento e ne lascio passare poche, ma su alcune cose proprio non transigo.
Di fatto, in un mondo ancora così classista (e di cui i valori vengono però poco riportati e rispettati nel romanzo, anche se il tutto viene giustificato grazie alla vena di steam punk), i due fratelli vengono messi su un piedistallo che non spetta loro.
Certo, è stato fatto un tentativo nel dare loro (soprattutto a Melinda, che mi dispiace ma non riesco a sopportare) un carattere non propriamente facile, sul dichiarato esempio di figure come lo stesso Sherlock Holmes e il più moderno Sheldon Cooper. Eppure resta una fondamentale differenza: per questi due colossi non si perde occasione di ribadire che, nonostante la loro genialità, restano figure dalla grande negatività (soprattutto in campo sociale). Per i fratelli Hoyt, invece, manca questo elemento di riequilibrio. Al contrario, tutto il contesto costruito intorno a loro sembra essere fatto per esaltarli e renderli ancora più perfetti, soprattutto al confronto con gli altri personaggi. Questi vengono tutti resi volontariamente più ingenui, più superficiali, più distratti e spesso anche più stupidi dei protagonisti. E ripeto di avere una sensibilità particolare al riguardo, ma percepisco come una certa crudeltà di fondo che più che farmi apprezzare i personaggi mi scatena un forte rifiuto.
Peccato, perché sotto altri aspetti il libro non sembra affatto male (ad esempio l'idea di inserire un'appendice con le ricette di tutti i piatti gustati dai protagonisti è abbastanza simpatica). E d'altronde le imperfezioni sono sempre conseguenza dell'inesperienza, soprattutto se si ricorda che entrambi gli autori sono alla loro prima pubblicazione. Non ci resta, perciò, che aspettare un miglioramento nel continuo di questa storia.
Buona lettura!
Quello che non capisco di questa recensione è: ma i personaggi erano realizzati male o no? Perché da quello che scrivi non si capisce.
RispondiEliminaNon si capisce nemmeno cosa intendi dire quando alludi a Sherlock Holmes: Conan Doyle ha inventato il genere "detective story" con indagine forense, cosa che compare anche in questo libro con cui condivide lo stesso periodo storico e l'ambientazione (Londra). E' ovvio che ad un appassionato del genere di cui sopra appaiano evidenti collegamenti che ad altri lettori invece sfuggono. Questo non suggerisce una mancanza di originalità da parte degli autori, ma piuttosto un profondo senso di rispetto verso chi, per primo, si è cimentato con un genere letterario innovativo.
Dopo aver detto che i personaggi sono stati realizzati male spieghi cosa intendi con "l'assenza di un termine di riequilibrio"?. Non conosco Sheldon Cooper, ma Holmes sì e se ti riferisci a certi aspetti negativi del personaggio che lo riportano nel regno degli umani (è tossicodipendente, misantropo e con un carattere davvero difficile) ti faccio notare (ma lo hai notato anche tu) che Mel ha un carattere difficile, Nick invece ha serie difficoltà nel rapportarsi con gli altri esseri umani tant'è che lascia parlare la sorella. Entrambi vivono da emarginati e la gente si rivolge a loro solo dopo che degli emeriti incompetenti (la polizia) non ha saputo dar loro la giustizia cui aspirano. A pensarci bene c'è un personaggio che risulta una macchietta: il capitano Morris. Quello però è stato volutamente inserito così e la ragione è più che plausibile. Degli altri, tra un avverbio e l'altro, dici che sono "tutti resi volontariamente più ingenui, più superficiali, più distratti e spesso anche più stupidi dei protagonisti" e pure se fosse stato il contrario, cosa sarebbe cambiato? I protagonisti stanno una spanna (pure due) sopra il livello degli altri personaggi, comment d'abitude, che altrimenti sai che noia? Tu lettore arrivi alla soluzione del mistero prima del protagonista perché lui è stupido e tu sei più intelligente. Non funziona. Come impianto narrativo, intendo: se scopro l'assassino prima del detective e questo non giunge alla medesima conclusione entro le prossime due pagine, chiudo il libro e tanti saluti. Nel mio caso non è avvenuto se non nella scena finale con un bell'Oh! Che ho cacciato quando c'è stato il fuoco d'artificio dei colpi di scena, con i dettagli trovati durante l'indagine che andavano a posto, ma in modi assolutamente... inediti per il genere. O almeno: ci ho trovato una strizzatina d'occhio a "Intrigo di famiglia" di Hitchcock, tra le altre cose. Che ne hai pensato del finale, con il colpo di scena relativo il cambio di nome?
Un ultima considerazione sul valore delle imperfezioni: sono quelle a rendere un diamante prezioso e unico, io non ci sputerei sopra così come hai fatto tu.
Ciao Andrew,
RispondiEliminaMi spiace che non hai compreso a pieno quello che ho scritto: pensavo di essere stata abbastanza chiara, ma a quanto pare dovrò migliorare su questo fronte (perciò grazie per la dritta! (; ).
Ti rispondo punto per punto, perciò scusami se ti propino un commento un po' lungo.
Non ho mai detto che riprendere Conan Doyle fosse mancanza di originalità e non lo penso. Al contrario, apprezzo moltissimo quando degli autori riprendono scrittori che hanno amato, aprendoci parte del loro cuore da lettore (prendi la mia recensione della "Trilogia Vittoriana" a esempio). Quello a cui mi riferivo con "cammei indiretti" è usare Sherlock Holmes come cotta della giovane Melinda, perché mi sembra una mossa alquanto azzardata e fuori dal personaggio (come tutti sappiamo, Sherlock Holmes era abbastanza incapace d'amare vista anche la sua avversione per le emozioni in generale. Tanto che le uniche persone che abbia mai amato sono Irene Adler e, in un certo senso, John Watson). Perciò sì, la trovo una mossa un po' eccessiva, ma come ribadisco nella recensione questo resta un mio parere personale.
Per quanto riguarda i personaggi (tenterò di essere breve): come ho scritto sopra, il fatto di dare un caratteraccio ai protagonisti è un tentativo, eppure non è sufficiente. Non serve a niente dare dei difetti a dei personaggi se poi restano comunque perfetti. Non è questo caratterizzare in modo complesso e strutturato. Il riequilibrio a cui faccio riferimento è il fatto che nel contesto viene reso evidente che quei personaggi abbiano la loro negatività che li porta (ad esempio) a essere emarginati e spesso odiati dagli altri. Poi, certo, si stimano come personaggi e si apprezzano per la loro genialità e anche per i lati negativi (io sono profondamente innamorata del lato da disadattato sociale di Sherlock, ad esempio), ma viene sempre reso evidente quanto queste figure siano imperfette. Con i fratelli Hoyt non è affatto così. Certo, ci viene ribadito che Melinda ha un carattere orribile, mentre l'unico lato negativo che ho trovato in Nick è l'essere totalmente sottomesso alla sorella (cosa tra l'altro impensabile in un epoca così sessista come quella Vittoriana, ma d'altronde quasi niente di questa società viene riportato nel libro... ma questa è un'altra storia e viene tutto giustificato dalla vena steam punk del romanzo). Ma come influisce questa negatività nel contesto? Il caratteraccio di Mel viene sempre accettato e fatto passare come se nulla fosse, e idem per i difetti di Nick. Di fatto ogni cosa nel libro ci ribadisce quanto siano perfetti i protagonisti, e questo non è dare loro anche una negatività che li rende complessi, ma solo una grande celebrazione di queste figure. E il lettore non ci sta. Perché ha bisogno di innamorarsi anche dei difetti e di pensare che un personaggio sia fantastico perché lo adori, non perché gli venga ribadito ogni due righe. Invece questo è proprio quello che avviene. In più i due fratelli si sentono spesso in diritto di trattare con superiorità e arroganza (sfociando più volte in pura cattiveria) tutti gli altri personaggi. E questo diritto viene dato loro proprio dallo stesso libro, che ci presenta le figure secondarie come inferiori a loro. E' vero che delle menti geniali spiccano su una folla, ma un bravo scrittore sa crearmi una folla valida e un genio ancora più valido. Invece qui troviamo personaggi sminuiti in tutti i modi (e il capitano Morris e la consorte ne sono l'esempio più lampante, ma non gli unici) in modo che per contrasto i protagonisti risultino perfetti. Ma non è così che funziona.
(continua)
Sul finale, che dire, me lo aspettavo. Sì, ho letto un quintale di gialli nella mia vita e visto altrettante serie tv incentrate sulla risoluzione di casi e misteri, e questo mi aiuta a cogliere prima e meglio alcune strategie narrative. Non dico che la soluzione dell'indagine (e quello che segue) sia scontato e non originale, perché mentirei, ma personalmente non mi ha colto del tutto di sorpresa, ecco.
RispondiEliminaInfine, riguardo alle imperfezioni (premettendo che non ci ho mai sputato sopra), io non la penso così. Certo, in un diamante saranno proprio queste a renderlo unico e inimitabile, ma qui stiamo parlando di libri. E un buon manoscritto non è mai perfetto, ma credimi, ci si avvicina molto. Prendi un trattato di medicina: se descrivo un raffreddore come un cancro ai polmoni sto scrivendo un'imperfezione, ma non è certo questo che mi rende il libro bellissimo, unico e meraviglioso, anzi, me lo rende (scusa la schiettezza dialettale) una mezza ciuffega. Certo, è ovvio che la perfezione pura è impossibile da raggiungere, e di certo non la pretendo né me la aspetto da degli esordienti. Eppure come recensore è mio dovere sottolineare i difetti come le qualità, altrimenti non sarei onesta né con i miei lettori, né con gli autori, e nemmeno con me stessa. Perciò sì, spendo anche un fiume di parole a parlare di ciò che non funziona in un libro e lo faccio volentieri non per cattiveria verso il romanzo e chi l'ha scritto, ma al contrario perché so quanto questo possa essere prezioso e d'aiuto per un bravo scrittore, che sa che le critiche (soprattutto se costruttive) non sono mai un'offesa, ma un'ottima occasione per migliorare (perché nella scrittura non si è mai arrivati ma c'è sempre da imparare).
Sono contenta se il libro ti è piaciuto e mi dispiace che hai preso la mia recensione così sul personale, ma come ho scritto anche sopra il libro resta buono anche con i suoi difetti (altrimenti non gli avrei dato tre specchi e mezzo, che resta un voto abbastanza alto).
- moony