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Recensione: La contessa segreta di Eva Ibbotson

In questo romanzo niente e ciò che sembra. Anna, la nuova domestica dell'antica magione di Mersham, cerca di nascondere le sue nobili origini dietro a una cuffietta e un grembiule inamidato. Rupert, il conte di Westerholme, sta per sposare Muriel, ma è segretamente innamorato di Anna. Muriel, all'apparenza fidanzata buona e devota, è una meschina arrampicatrice sociale e sostenitrice di teorie proto-naziste. Per fortuna anche Proom, l'irreprensibile maggiordomo, non è cosi ligio al dovere come ci si aspetterebbe... 

Dalla trama sembra una storia tanto semplice, scontata quasi, tradotta e minimizzata per il pubblico a cui dice d'affacciarsi, nove anni, ma non è come sembra.

Quanti bambini, a quell'età sanno anche solo il significato della parola "eugenetica"? O conoscono gli eventi della prima guerra mondiale, quando, solitamente a quell'età si comincia a studiare la preistoria e poi le più importanti e antiche civiltà?
Senza contare lo stile narrativo della Ibbotson, per quanto a tratti paia una fiaba, non è semplice seguire le descrizioni, i ragionamenti, i pregiudizi e i dialoghi, che spesso non vedono protagonista Anna.
La visione che ci viene, infatti, fornita in questo racconto è a tutto tondo. Arriviamo a conoscere ogni membro della servitù, quanto quelli dell'aristocrazia, e in questo caso siamo persino costretti a lasciare Mersham, dove ha comunque sede la maggior parte delle vicende.
1919 Anna Grazinskij, una contessa, è costretta ad abbandonare la Russia, la sua madre patria, con la famiglia. I suoi possedimenti vengono lasciati nelle mani di Njanka, una balia georgiana, che non giungerà, però, mai sul luogo dell'appuntamento; dove avrebbero dovuto incontrarsi lei e i Granzinskij.
Quindi questa famiglia, un tempo tra le più potenti, è costretta a tirare avanti e infine giunge in Inghilterra.
Niente più palazzi, gioielli o sontuosi banchetti, Anna è costretta a cercarsi un lavoro, seppur lo faccia con grandissimo ottimismo, arrivando a conquistare tutta la servitù, che non sa delle sue nobili origini, a Mersham.
La grande tenuta si prepara a riaccogliere il conte, congedato con più di una medaglia d'onore, e la sua futura sposa.
Con una piroetta e un inchino Rupert incontra Anna e ne rimane folgorato, approfondendo la conoscenza di questa, non intenzionalmente, all'inizio, in quanto "è quasi impossibile non incontrare Anna in un punto o in nell'altro di questa casa."
Non mancano le tematiche delicate.
Prendiamo la futura damigella, una bambina di nove anni. Ha difficoltà a camminare e quanto Muriel verrà a saperlo, non mancherà di farlo notare, con fare disgustato, affibbiandole l'etichetta di "storpia".
Ovvio che Anna non se ne starà a guardare, ma non aspettatevi liti o urla, bisogna sempre mantenere il proprio posto, all'interno della società, e lei è solo una cameriera.
Una cameriera ricca di fantasia e immaginazione, che con quella che pare una magia capovolgerà del tutto la giornata della bambina, portandola a conoscere la cultura russa.
Un altra tematica è l'amore.
Se quello tra Anna e Rupert è impossibile, in quanto questo è fidanzato e non può venir meno alla promessa fatta, basta spostare di poco lo sguardo per trovarne un altro, quello tra un ragazzo (se non ricordo male) di fede protestante e una giovane ebrea.
Insomma, come una bambina di nove anni possa capire, ogni sfaccettatura di tale vicenda, non riesco a comprenderlo. La prima volta che lessi il romanzo mi concentrai solo sulla storia che conteneva, trascurando molti personaggi e seguendo esclusivamente le vicende di Anna.
Solo quando lo rilessi una seconda volta, capì quanto mi ero persa. Non avevo fatto attenzione a conflitti, che ancora adesso riguardano la nostra società.
Quanta gente può dire di vedere oltre una disabilità intellettiva, soffermandosi veramente sulla personalità, che tale persona cela? Quanti riflettono nel guardare un profugo con ribrezzo, senza neppure tentare di immaginare la storia che si porta dietro?
Anna per prima era una contessa, possedeva terre, palazzi, gioielli, ferrovie, eppure si ritrova nelle stesse condizioni in cui gravano tutti i suoi compatrioti. Lo stesso cugino, un principe, si ritrova a dover fare da chauffeur.
Ma nessuno si demoralizza, seppur indubbiamente non vengano più guardati o trattati come un tempo.
Poi certo, abbiamo la principale storia d'amore. Non passa in secondo piano, seppur vi abbia accennato a qualche differente tratto, che troviamo nel libro, ma anzi pare legarli tutti.
Anna lega gli eventi, le persone e gli sviluppi della storia, seppur questo avvenga senza che lei lo sappia, o a volte neppure compaia il suo nome in pagine e pagine.
Questo racconto può facilmente definirsi una fiaba, un poco scontata forse, ma ricca di insegnamenti e fervore per la vita.
È in assoluto il libro che più ho letto, assieme alla Piccola Principessa (trovate QUI la recensione di CuorediInchiostro) e su cui, ogni volta che lo riprendo in mano, maggiormente mi soffermo, cercando di ricordarmi frasi o passaggi e scoprendone sempre di nuovi.
Il mio giudizio è, quindi, alquanto di parte. Se potessi conferirei a questo libro, come a qualsiasi altro della Ibbotson, almeno tre specchi speciali.



Lost Inside My Universe

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