Recensione de ‘Il piacere’ di Gabriele D’Annunzio



Voglio dare inizio alla rubrica sui classici della letteratura recensendo un autore con cui ho un rapporto controverso, dato che a scuola me l’hanno sempre mostrato come un pedante, inguaribile e servilissimo snob squattrinato, che non si vuole mischiare con la massa dei miseri borghesi e che, allo stesso tempo, si adopera in ogni modo per diventare il loro eroe e farsi mantenere attraverso le sue produzioni letterarie; insomma un autore che di per sé è controverso e combattuto, incerto su sé stesso ma allo stesso tempo determinato su ciò che vuole essere: D’Annunzio. Per quanto sia importante, non starò qui a parlare della corrente cui appartiene, delle sue tendenze politiche eccetera eccetera… il bello di questa rubrica sarà proprio quello di – sempre con un po’ di testa – liberarsi per un secondo del lontano ‘è un capolavoro della letteratura’ e indagare uno scrittore per quello che scrive, per come lo scrive e per cosa suscita nel mentre, niente di più.

Il piacere ha come protagonista le vicende mondane di Andrea Sperelli, un omuncolo dell’alta società che vorrebbe – sulla scia degli insegnamenti paterni – fare la vita come si fa un’opera d’arte e quindi prendere tutto con distacco senza coinvolgimenti emotivi bassi e volgari. Egli però è ‘debole’ da questo punto di vista: quello che lui pensa sia amore autentico - per Elena, che in parole povere lo lascia per sposarsi con uno più ricco - in realtà è un desiderio carnale, così come ‘borghesi’ sono anche la sua gelosia verso di lei nel momento in cui comincia a farsi altri amanti e la sua frustrazione in seguito ai numerosi rifiuti di Maria, la donna incontrata dopo l’abbandono di Elena con cui lui aspira ad avere un amore ideale e puro. Maria alla fine si concede mentre Elena continua a lanciargli false speranze e a infliggergli sonore umiliazioni. Non svelerò il finale che, tuttavia, secondo me è assolutamente geniale e soddisfacente: finalmente quel verme di Andrea ottiene quello che si merita! Di questo romanzo ho amato l’ambientazione: una viziosa Roma di fine ‘800, fatta solo di sfarzi, ornamenti finti e culto dell’arte passata in bocca a uomini che cercano distrazioni nei vuoti svaghi della mondanità; viene documentata con cura non solo nelle descrizioni – alle volte pesanti per il continuo tentativo di D’Annunzio di mettere in mostra la sua cultura, voglio dire… abbiamo capito che sai a memoria le Elegie di Goethe e di che materiale sono fatti i pomelli agli estremi dei corrimano nel palazzo progettato da tal dei tali, decorato da pinco pallo, ecc… C’è bisogno di specificarlo ogni volta?? – comunque, non solo con le descrizioni ma anche e soprattutto con i dialoghi, che invece trovo brillanti e ben pensati, essi mettono in luce, anche con una certa ironia, il modo comune di sentire di quell’epoca, la sterilità interiore delle belle dame in visita a Roma… Insomma, è dai dialoghi che ho cominciato a rivalutare D’Annunzio: un arrampicatore sociale lo chiameremmo oggi, che tuttavia era molto più furbo di tanti suoi contemporanei, un arguto osservatore con una sensibilità particolare; è in grado di palesare a parole alcuni sentimenti che ci accompagnano ogni giorno mimetizzandosi tra i tanti pensieri e che solo quando ne leggiamo riusciamo a riconoscere. Non so voi, ma io cerco questo in un libro.
E che dire dello stile.. Be, all’inizio, non si può negare, è proprio difficile rimanere concentrati sulla lettura, usa un linguaggio così aulico, poetico – D’Annunzio, ma perché ti piace tanto togliere l’ultima lettera alle parole?! – che spesso e volentieri annoia; per fortuna, a mano a mano che la vicenda si sviluppa, lo stile si adagia leggermente sposandosi bene con i fatti narrati e la lettura si fa più piacevole (le prime cento pagine le ho lette in un mese e mezzo, le altre trecento in una settimana!). Ecco la mia valutazione in specchi, 

- Papavero blu

Commenti

  1. Fantastico! Mi piace la nuova rubrica inerente solo ai classici...la trovo davvero interessante (in realtà trovo molto belle anche le altre rubriche, praticamente tutte, ma i romanzi classici avranno sempre una parte importante nella mia libreria *^*). Anche se D'Annunzio non è il mio autore classico preferito, trovo proprio la sua contrarietà tra la sua vita e i suoi scritti molto affascinante. Quindi sono d'accordissimo con te...D'Annunzio è capace di farmi apprezzare un suo romanzo solo per come riesce a contestualizzare il paesaggio intorno alle vicende narrate, non amo particolarmente le sue descrizioni...ma tutto quello che riguarda gli sviluppi della trama e persino i suoi finali quasi a sorpresa (non sempre...) alla fine mi hanno fatto davvero apprezzare i suoi romanzi :D

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  2. Contentissima di aver trovato qualcuno che la pensa come me su questo autore così ambiguo! E anche per me i classici occupano un posto speciale nella mia libreria, mi hanno insegnato (e continuano a insegnarmi) a scrivere :)
    - Papavero blu

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  3. Finalmente qualcuno ch apprezza i classici, sono troppo felice:D ti stimo *^*

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